L’economia di montagna di cui spesso si parla non è una teoria, ma è fatta di persone che concretamente ogni giorno non si arrendono dimostrando che il lavoro in montagna non è solo turismo. Anche, ma non solo e non da solo. Sono in molte e molti, per la maggior parte giovani, che hanno trovato il modo di vivere in montagna portando avanti un’economia che ha anche il merito di essere rigenerativa per il tessuto sociale. Non è una favoletta perché le difficoltà sono molte, ma la cosa bella è che gli esempi che Serafin qui ci riporta prendendo spunto da un intervento del Presidente Uncem Marco Bussone, sono solo alcuni, ma molti altri ce ne verrebbero in mente… (Autopresentatevi nei commenti se volete!)

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Quale lavoro nelle valli?

C’è qualcosa di più innovativo, turisticamente parlando, degli alberghi di lusso con camere sugli alberi? La tendenza è in aumento nota Marco Albino Ferrari nel suo bellissimo libro “Assalto alle Alpi” (Einaudi). Quei gabbiotti di legno appesi agli alberi si definiscono alberghi pensati per favorire un contatto primordiale con la natura. “Ma forse per cercare quel contatto basterebbe una tenda nel bosco”, scrive il saggio Ferrari. Intanto le tendenze del turismo new age fanno lievitare proposte culinarie estreme e improbabili, ricercate da turisti facoltosi. Senza contare che per pernottare sui precipizi o tra i rami degli alberi si spendono cifre proibitive.

È questo il lavoro in montagna innovativo e multifunzionale di cui parlava il Primo Maggio Marco Bussone, presidente dell’Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani)? Molti a occuparsene sono giovani preparati, con la testa sulle spalle, professionisti formati e moderni. Lavorano con l’e-commerce, fanno tesoro di esperienze all’estero. Avanti così alla faccia dello spopolamento.

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Marco Bussone

Lo affermò Bussone sempre il Primo Maggio, festa del lavoro: “Multifunzionale, innovativo, generativoÈ questo il lavoro nelle nostre Valli montane. Festeggiamo”, disse, “un lavoro che torna a esserci, benché non sempre le Istituzioni siano vicine alle imprese”.

Un particolare può essere sfuggito ai più. Risulta che il dilagare del Covid 19, chi l’avrebbe mai detto?, abbia spinto la domanda di prodotti genuini“naturali” e sostenibili, aprendo nuove opportunità commerciali per i prodotti di montagna. Di conseguenza è rispuntato il marchio di garanzia “Prodotto di montagna”. E si è parlato di nuovo corso dei prodotti di montagna. A guidarlo sarebbero i formaggi definiti in una pubblicità “le forme più alte d’amore”. 

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Ottavia nel suo negozio “A Veja Posta” a Chiusa di Peso.
In apertura: Naomi (che tiene duro nonostante le difficoltà causate dalla siccità nell’ultimo raccolto) e il suo campo di zafferano

Alcune storie, di quelle che funzionano… ma sono solo alcuni esempi!

Pare, dico pare, che ci sia meno sommerso di un tempo. “Ne rimane un po’ a va estirpato”, rassicura Bussone che sul web propone alcune storie, di quelle che “funzionano” e offrono positivi contributi al ripopolamento. Ne propongo qui alcune desunte da una relazione di Bussone, tanto per capire che aria tira.

A cominciare da quella di Bianca Mucciolo, 31 anni, che gestisce il ristorante La Rosa Bianca ad Aquara (SA). Figlia di un operaio forestale Bianca lascia Nocera e ritorna nel piccolo paese di Aquara a far rinascere l’attività di suo padre e sua madre. Il tutto funziona alla grande, altroché. Giorgio Paglione, 26 anni, ha invece aperto a Capracotta “PIC”, una “Piccola impresa di Comunità”. Un vero centro multiservizi che Giorgio ha voluto organizzare nel suo paese molisano.

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Flavio e Chiara sulla porta del loro forno-panetteria “Quel Po di Pan”

Attira intanto turisti e vacanzieri il “Quel Po di Pan” a Ostana davanti al Monviso. Trattasi della panetteria di Flavio e Chiara, riaperta dopo che da 40 anni non vi era più un forno in paese. 
Agnese Rostagno estrae invece a Melle, gioiello della Val Varaita, la linfa di betulla. Benefica, a quanto pare.  “La Valle Varaita è un fermento unico”, osserva Bussone. “In valle c’è una Comunità di Supporto dell’Agricoltura, i giovani della Cascina Roggero, l’allevamento biologico di Flavio Rebuffatti di Sampeyre. Tutto è in crescita e in forza, con nuove idee vincenti”.
A proposito di liquori. Giorgina Somale, 45 anni, a Usseglio ha avviato l’unica produzione italiana di rabarbaro per liquori. A Balme Mattia Palombella e Matteo Soldera, 30 anni, hanno aperto ai 1800 metri del Pian della Mussa l’azienda agricola “Quelli del Genepy”. 

Sembra che navighi in buone acque anche il Laboratorio di Tintura naturale La Robbia, ad Atzara (NU) grazie al giovane Maurizio Savoldo che ha recuperato l’antica arte tintorica. 

Tornando nel Cuneese, dal luglio 2022 il Rifugio La Scola in Frazione Piatta Sottana di Montemale è gestito da Margherita Borsotto (classe 1999) e dal suo compagno Imanol Gutierreza (classe 1992) di padre italiano e madre spagnola. La struttura prende i turisti per la gola con proposte che integrano i prodotti della Valle Grana con i piatti della tradizione spagnola (tapas, paella ecc.). 

A proposito. A Chiusa di Pesio (CN) Ottavia Biarese, giovane laureata in Lettere, ha aperto l’alimentari “A Veja Posta”, diventando simbolo delle borgate di montagna che non si arrendono. L’avevamo piacevolmente incontrata in questa rubrica, qualcuno la ricorda?  Sempre in Valle Pesio Luciano Ellena, mulattiere, rifornisce i rifugi alpini a dorso di mulo e ha appena inaugurato la prima scuola per mastri mulattieri in Italia

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Chiara con una delle creazioni del suo laboratorio “Montagne di lana”

Nel Canavese Vittorio Garda (vignaiolo in Carema) ha creato la Banca del Vino e custodisce le tradizioni delle vigne sui versanti e sui terrazzamenti. Inoltre ha fondato nel giugno 2002 l’Associazione Giovani Viticoltori Canavesani con 10 aziende. L’unione fa la forza. A Bastia nel comune di Fabriano Sonia Cingolani, 36 anni, ha deciso di investire sul salame di Fabriano, una specialità che da secoli si produce in quella terra di cartai e norcini. 

Dall’Ottocento, l’azienda artigianale edile di Marco Borla a Usseglio (TO) realizza case in pietra e legno locali. A lui si deve la costruzione del primo skylodge costruito nelle Alpi per dare vita a un “turismo emozionale”. Anche di questo tipo di accoglienza si era parlato in questa rubrica. Poi c’è Chiara Tuninetti che a Revello (CN) si dedica full time al tricot di berretti e simili e l’azienda l’ha chiamata “Montagne di lana”. A Roccasalli, frazione di Accumuli (RI), tre sorelle, dopo il sisma, hanno dato invece vita a Ubi Maior, azienda agricola che produce zafferano. 

Hapfla Frütt è il nome dell’azienda agricola che produce patate walser di montagna. Vengono coltivate in Val Formazza da Dario Piumarta, nella frazione Canza. Cino Apostolo, 80 anni, artigiano valdostano, realizza  a sua volta collari in pelle per mucche. Successo assicurato. Naomi Dazzi coltiva a sua volta frutti di bosco per produrre marmellate e succhi di frutta. La sua azienda “Il fantabosco” si trova a Fosdinovo nei pressi di La Spezia.

Mi ha colpito l’operare della famiglia Giacobbe che ha deciso di trasferirsi nel parco del Beigua e ha aperto un caseificio. E poi, che meraviglia, grazie ai Giacobbe il mulino ad acqua è diventato un agrimulino e anche una distilleria di whisky prodotto con mais locale. Per concludere in Val di Chy, un comune sparso della città metropolitana di Torino, un nuovo caseificio, “La Via Lattea”, è gestito dalla ventenne Alice Paglierini. Dimenticavo: a Roccasparvera (Cuneo) uno storico forno dell’Ottocento è stato restaurato da tre giovani – Anna, Matteo e Sirio – che promuovono anche specialità della gastronomia come “l’ula al furn”. È una minestra cucinata in una grossa pentola di coccio con il calore residuo del forno a legna in cui veniva cotto il pane. Non so tu, caro Luca, ma a me sta venendo una certa fame.

Roberto Serafin

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11 Maggio 2023
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