Un progetto e una mostra in Valle Stura per raccontare cosa cosa significhi veramente tenere “la montagna Viva”. In questa rassegna Serafin ci racconta poi della scelta di importanti società di guide di chiudere per eccessivo pericolo le classiche vie ai 4000 e di utilizzi che di bivacchi che possono far discutere…
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I ragazzi della Valle Stura
Flavia Cellerino, responsabile di progetti culturali, ci invita a guardare le montagne con la stessa passione e lo stesso rispetto di Marta, Gloria, Alberto, Andrea e tutti gli altri giovani che hanno scelto di vivere nella valle Stura. I loro ritratti in formato 70×100 sono in questi giorni affissi in vari paesi della vallata: una scelta che vuole coinvolgere la collettività in maniera emotiva, immediata – che è poi lo scopo del progetto intitolato “La Montagna viva” curato dall’Ecomuseo della Pastorizia.
“Prendi un piccolo paese sulle Alpi Cozie di cultura occitana” ci scrive Flavia, “che è amato e curato dai suoi abitanti, e che ha dato i natali a una campionessa mondiale, Stefania Belmondo: Pontebernardo. Prendi un allevamento storico della Valle, la pecora Sambucana (buona per la carne e anche per la lana) e raccontalo in un piccolo delizioso ecomuseo. Prendi giovani che hanno voglia di restare in valle, continuare il lavoro deli genitori e dei nonni, e spesso, nel contempo, studiare”.
Più avanti Flavia Cellerino invita a unire il tutto grazie alle memoria e alla volontà di Stefano Martini, che alla valle occitana in cui è nato e vissuto e alla sua cultura ha dedicato tutta la vita, ad aggiungere l’entusiasmo della giovane progettista e animatrice culturale Miriam Rubeis e le competenze tecnico narrative di un fotografo come Luca Prestia. Ed ecco la mostra “La Montagna Viva”. Una galleria di ritratti di giovani che, in maniera consapevole e determinata, sanno cosa vogliono: lavorare in valle, fare gli allevatori.
Già. Allevare pecore, capre o mucche: come si è sempre fatto, ma con competenze, intelligenze, produttività nuove. Coniugando storia antica e voglia di conoscere. Tra di loro c’è una studentessa di medicina, altri sono laureati in scienze agricole. La montagna è viva solo se le persone continuano a viverci e soprattutto ci progettano il loro futuro.
Queste belle fotografie messe in mostra per le strade e le piazze ci raccontano una presenza autentica, concreta, non ornamentale. Documentano giovani uomini e donne con i loro animali, raccontano simbiosi e simpatie: ritratti non banali, in un contesto preciso, in un tempo definito.
“Magari tra venti anni”, conclude Flavia, “potremo scoprire chi ha resistito e chi no, chi continua a percorrere i sentieri dell’alpeggio con lo stesso entusiasmo e chi da voluto o dovuto cambiare mestiere. Ma, intanto, cerchiamo di guardare le montagne con la stessa passione e lo stesso rispetto di Marta, Gloria, Alberto, Andrea e tutti gli altri”.
Signori, si chiude
L’estate che non dà tregua sarà ricordata anche per un particolare tutt’altro che insignificante. Al rifugio “Guide del Cervino” gli escursionisti dormono con le finestre aperte. Le coperte in dotazione sono eccessive per un’estate di fuoco. A quota 3500 metri: la neve si è completamente sciolta. Ci sono 14 gradi alle quattro di pomeriggio e il sole ustiona la pelle. Ho la speranza mentre trascrivo queste note dal quotidiano La Stampa che l’anticiclone giunga presto a più miti consigli. Ma intanto la montagna in sofferenza è costretta qua e là a chiudere i battenti. Le trentacinque guide del Cervino hanno preso una decisione storica. Le salite sono state sospese. Le guide hanno deciso che è il momento di fermarsi.
“In questi giorni non ci sono le condizioni di sicurezza per la scalata, non si può arrivare in vetta al Cervino dal versante italiano”, dice il presidente delle guide Laurent Nicoletta.
Tempi grami anche per il turismo sul Monte Bianco. Il moderno Rifugio Gonella, di proprietà del Cai Torino, ha chiuso lunedì 18 luglio per la mancanza d’acqua causata dalla siccità. La via normale al Monte Bianco risulta impraticabile. Ad annunciarlo a malincuore è Davide Gonella, gestore del rifugio intitolato a Francesco Gonella, ubicato a 3071 metri nel massiccio del Monte Bianco.
La società guide alpine di Courmayeur ha sospeso le scalate sul Monte Bianco per il Dente del Gigante e la cresta di Rochefort. In Francia le autorità sconsigliano di percorrere la via classica del Monte Bianco.
Ma non è finita. Le guide alpine di Grindelwald, nell’Oberland bernese, hanno deciso di non utilizzare la classica via alpinistica che porta alla Jungfrau (4.158 metri di quota). Forte è il rischio di caduta di massi nella zona della vetta. Per la prima volta nella loro storia ultracentenaria, le guide hanno quindi rinunciato al classico tour per arrivare in vetta alla popolare montagna bernese.
Aperitivo al bivacco? SAT: “No grazie”
Un certo tipo di mercificazione delle pareti riguarda indubbiamente i bivacchi quando vengono trasformati in luoghi di divertimento e di potenziali aperitivi, anzi “aperi-trekking”. È recente e ha sollevato una certa indignazione l’iniziativa proposta in Trentino dall’Apt Alpe Cimbra di Folgaria, Lavarone, Luserna e Vigolana, che il 24 giugno ha organizzato una proposta turistica chiamata “Trekking e aperitivo al Bivacco Vigolana”. Un’idea, quella di mettere assieme bivacco, trekking e aperitivo, che non è andata giù ai vertici della Sat. “Il bivacco è da ritenersi luogo di pace e riflessione per gli amanti della montagna e soprattutto, garanzia di riparo in caso di necessità”, spiegano alla Società Alpinisti Tridentini.
I precedenti però non mancano. Nel 2018 un bivacco nelle Dolomiti venne affittato dalla Sat alla fabbrica di abbigliamento sportivo North Face. La storica sezione del Cai fece però sapere che intendeva fare buon uso del denaro incassato, destinato a migliorare le proprie strutture in quota bisognose di una manutenzione che un tempo erano i soci a sobbarcarsi. Ma bando alle malinconie, un cliffsideshop americano vende t-shirt, pile e altri capi di abbigliamento tecnico aspettando i clienti in parete in un portaledge, cioè in una tenda smontabile e portatile. Un’americanata si sarebbe detto un tempo.
Roberto Serafin
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