Notizie di editoria e dintorni nella rassegna di questa settimana di Serafin. Bepi Pellegrinon che 50 anni fa fondava la casa editrice Novi Sentieri ora vorrebbe creare a Falcade l’Archivio storico delle Dolomiti. Sul numero di Marzo di Meridiani Montagne Popi Miotti racconta il Cengalo dal quale è meglio ora stare alla larga per il pericolo di crolli. Infine una bella notizia nel panorama dell’editoria di montagna: una nuoca collana di sole scrittrici sarà lanciata da MonteRosa Edizioni.
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Pellegrinon, mezzo secolo di scalate sulle montagne di carta
Una grande passione per i libri e per le sue Dolomiti. Così, quasi per scherzo, mezzo secolo fa Bepi Pellegrinon, scrittore, accademico e storico, dava origine alla casa editrice Nuovi Sentieri che a Falcade tra le muraglie dolomitiche del Focobon vanta oltre 600 titoli in catalogo. Quella di Pellegrinon, classe 1942, fu una specie di scommessa. L’allora giovane Bepi, saltuariamente compagno di scalate di Reinhold Messner, si era messo in testa di provare a creare qualcosa di innovativo. Così per non sbagliare la neonata casa editrice si chiamò “Nuovi sentieri”. Alcune grandi firme non tardarono ad aderire. Tra queste Mario Rigoni Stern, Piero Rossi, Giovanni Angelini, Augusto Murer, Rolly Marchi, Armando Aste e così via.
I volumi di “Nuovi Sentieri” accuratamente illustrati e impaginati sono in gran parte dedicati alla montagna e ai suoi personaggi. Ma vi sono anche monografie di artisti, cataloghi d’arte e di mostre, libri di narrativa e di poesia. Il tutto legato a doppio filo con l’universo alpino e in particolare con le Dolomiti delle quali Pellegrinon possiede il più grande archivio iconografico e documentario in circolazione.
Quale migliore occasione delle cinquanta candeline per lanciare l’idea dell’Archivio storico delle Dolomiti? Si tratta, a giudizio di Pellegrinon, di un centro in cui confluirebbe il suo patrimonio di volumi dedicati alla montagna. Sono ben settantamila quelli che Bepi custodisce, e migliaia sono le fotografie, le lettere, le carte, i documenti, i quadri, i dipinti, i disegni. “Spero vivamente che questa idea dell’Archivio delle Dolomiti possa coronarsi e sorgere a Falcade. È un omaggio che vorrei fare alla mia terra e alla mia gente”, questo dice Pellegrinon. Conosco da tempo Bepi, così ruvido in apparenza, e anch’io come tutti provo per lui simpatia e ammirazione e non posso che augurargli di realizzare il suo bellissimo progetto.
Alla larga dal Cengalo franante
“Una paretaccia quasi invisibile e anche un po’ repellente, un intrico di canali e canalini, di lastroni male accatastati”. Così il valtellinese Giuseppe “Popi” Miotti descrive la nord est del Cengalo in Val Bondasca. Sul numero 115 di Meridiani Montagne “Badile, Sciora, Albigna e Val Bregaglia” è Miotti a ripercorrere il calvario di questa stupenda montagna di granito che tanto gli è cara come alpinista. In questo scenario nell’inverno del 1987, durante le vacanze di Natale, con il compianto Tarcisio Fazzini fu lui ad aprire la via “Cacao meravigliao”. Per burla legò l’impresa a un’immaginaria sponsorizzazione da parte di una fabbrica brasiliana di cioccolato.
In realtà l’idea gliela suggerì la trasmissione di Renzo Arbore “Indietro tutta” con quell’allegra canzoncina dedicata, appunto, all’immaginario cacao meravigliao.
Ora di tanto arrampicare con il cuore in gola, di tutti quei bivacchi sotto le stelle, non resta più traccia visibile. E anche volendola cercare questa traccia, la montagna è diventata inavvicinabile. Una frana si mangiò nel 2012 “Cacao meravigliao”. Altri itinerari di salita sono stati danneggiati. Tra questi, Miotti cita i “Pilastri Kasper”, oltre due terzi della classica “Borghese” e la “Attilio-Piacco”.
Ma il supplizio del Cengalo che svetta a 3367 metri non è finito e chissà se mai finirà. “Sono anni che cade a pezzi”, dice rassegnato Miotti. “Del resto tutte le vie dei grandi crollano”, aggiunge ironico, “vedi il pilastro Bonatti al Dru”.
Il Cengalo è da tempo che offre segni d’instabilità. Ricapitolando, nel luglio 2011 s’era verificato un primo crollo, sempre sulla parete nord est. Quella volta la frana aveva raggiunto e superato il sentiero del Viale, il magnifico itinerario che collega la capanna Sciora, posta a 2.336 metri, alla Capanna Sasc Furä, posta a 1.904 metri di altitudine. Infine nel 2017 la catastrofica frana arrivata fino al delizioso villaggio di Bondo.
Oggi la situazione si presenta fluida per usare un termine caro a Miotti. Il vero problema resta il Cengalo. Tutta l’area circostante è però pericolosa perché non si riesce esattamente a stabilire la mole di una possibile nuova frana. “Il granito”, spiega Miotti, “non è la dolomia che si sbriciola, se crolla fa le cose in maniera piuttosto eclatante. Quindi, alla larga”. Che peccato doversi privare di una montagna tanto affascinante.
La cordata delle scrittrici. Nuova collana al femminile per MonteRosa Edizioni
Simonetta Radice
Mi fa piacere, per ciò che possa contare, che la brava Simonetta Radice titolare di MonteRosa Edizioni annunci in FB una nuova collana riservata alle scrittrici di montagna. Alpiniste o no che siano, importante è che siano donne. È stato deciso che la collana si chiami “Le rose selvatiche”. Del progetto altro ancora non si sa.
Per pura curiosità, e anche con un pizzico di spirito di servizio se volete, ho contato le presenze femminili tra gli autori dei libri segnalati nel corso del 2021 in MountCity di cui mi curo. Risultato? Su 35 libri selezionati, appena 7 l’anno scorso risultarono scritti da donne. Sono allora andato a curiosare nella collana dei Licheni che conta circa 120 titoli. Mi risultano scritti da donne salvo errori e omissioni “La mia scalata al Monte Bianco” di Henriette d’Angeville, “Qui Elja, mi sentite?” di Linda Cottino, “Climbing Free” di Lynn Hill, “Mio padre Hermann Buhl” di Kriemhild Buhl. Negli altri volumi le firme sono tutte al maschile, posso assicurarlo.
La presenza femminile nell’editoria di montagna è tuttavia cresciuta in questo millennio. Dell’illustre Silvia Metzeltin mi piace segnalare “Polvere nelle scarpe” con prefazione di Rigoni Stern (Corbaccio), Ediciclo pubblicò il saggio “L’euforia delle cime” di Anne-Laure Boch, “Whiteouth. Coraggio, audacia, speranza” della Hoepli reca la firma delle avventurose Anna Torretta, Eleonora Delnevo e Dorota Banowska. Sono solo segnalazioni le mie che non esauriscono l’argomento. Mi corre però l’obbligo di fare presente che Mirella Tenderini ha appena ripubblicato presso Alpine Studio il suo bellissimo libro “La lunga notte di Shackleton”: volume di grande attualità, visto che è stata in questi giorni ritrovato il relitto dell’Endurance, la nave da cui Shackleton partì con i compagni per tentare la traversata a piedi dell’Antartide.
Vi segnalo infine sette libri “alpestri” di scrittrici usciti nel corso del 2021 nel mare magnum dell’editoria al maschile, a cominciare da “L’Antonia: poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi” curato da Paolo Cognetti (Ponte alle Grazie). “Esploreremo le stelle” di Eleonora Recalcati racconta dunque di una scalata di Robert Kennedy prima che lo ammazzassero nella collana “Stelle alpine” (Hoepli). Una ricostruzione impeccabile con un tocco di romanzesco di quegli anni terribili. Da segnalare altresì “Le cose che ho imparato cadendo” di Claire Nelson (Corbaccio), “Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti (Gruppo Gedi), “La libertà è tutto. Chiaretta Ramorino, tante vite in una” di Francesca Colesanti; “Cieli neri” di Irene Borgna (Salani -Ponte alle Grazie); “L’ultima sfida. Gli ottomila d’inverno” di Emilie Brouze e Bérénice Rocfort-Giovanni. (Corbaccio).
E ora aspettiamoci dalle “rose selvatiche” un importante contributo alle hit di montagna. In bocca al lupo Simonetta.
Roberto Serafin
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