Roberto Serafin ha scelto per noi questa settimana tante belle notizie spaziando per festival, premi e mostre. Ci parla del successo de “Il buco” di Frammartino che da oggi giovedì 23 settembre è nelle sale, giorno in cui è in programma al festival letteratura il monologo di Soledad Nicolazzi. A Milano una mostra con foto di Manuel Cicchetti e testi di Angelo Miotto racconta il disastro di Vaia, mentre l’importante premio letterario Mario Rigoni Stern fa risplendere Irene Borgna con i suoi “Cieli neri”

Puoi ascoltare le notizie raccontate da Serafin nella puntata del podcast

L’alpinismo alla rovescia che domina gli schermi 

Sono davvero felice, caro Luca, di poter dare in questa rubrica un bellissimo annuncio. Da giovedì 23 settembre è sugli schermi italiani un film che appassionerà gli alpinisti “alla rovescia”, leggansi speleologi, e non soltanto loro. “Il buco” di Michelangelo Frammartino, vincitore alla recente Mostra del Cinema del Premio speciale della giuria, rievoca infatti l’impresa compiuta nel 1961 da un gruppo di speleologi calatisi per primi in Calabria nell’Abisso del Bifurto

locandina "Il buco" premiato a Venezia e il Premio Rigoni Stern a Irene Borgna (e altre notizie)

C’è da rallegrarsi, vero?, che la rassegna del Lido abbia riportato alla ribalta la speleologia, per l’appunto definita alpinismo alla rovescia. La pellicola premiata racconta la scoperta della seconda grotta più grande del mondo. Ed è singolare che al Lido si siano contati, fatto incredibile, ben dieci minuti di applausi.

L’abisso del Bifurto, nel territorio del comune di Cerchiara di Calabria, è un profondissimo inghiottitoio che scende in verticale, esempio dell’attività carsica sulle pendici del Pollino. Occupa il quarantesimo posto nella graduatoria delle grotte più profonde. 

Conferenza stampa di fine riprese de “Il Buco”

 “Nel 2016”, racconta il regista, “partecipai a un campo assieme allo speleologo Giulio Gecchele. Rimasi colpito dal suo racconto. In quell’occasione venni a conoscenza di questo gruppo di giovanotti che nel 1961 scendevano da un nord in pieno boom economico, e che qui erano impegnati in un’attività gratuita come la speleologia. Anziché partire per imprese come la conquista del K2 finanziate a costo di salti mortali da parte del Cai, questi cirenei scelsero le grotte. Mi affascinava”, dice ancora Frammartino, “il racconto di quella vicenda destinata alla sconfitta. Loro non cercavano di vincere a tutti i costi. Non cercavano la notorietà. Addirittura non documentarono l’esperienza. Scattarono solo una manciata di fotografie, addirittura non in grotta”. 

Tra i giovanotti citati dal regista va segnalato il veterano Beppe Dematteis, geografo e presidente dell’Associazione Dislivelli, a suo tempo avventuroso speleologo.

Trailer de “il buco” di Michelangelo Frammartino

Detto per inciso, il premio a Frammartino, mi ricorda un altro film premiatissimo e imperdibile di speleologia, “L’abisso”, girato da Alessandro Anderloni e Francesco Sauro nella fantastica “Spluga della Preta”, un vuoto profondissimo all’interno del Corno d’Aquilio, sotto i pascoli dei Monti Lessini Veronesi. Io stesso lo premiai nella nona edizione del Cervino International Film Festival  alquale partecipai come giurato insieme con la sindaca Deborah Camaschella e il giornalista Francesco Marino. Quel film, ancora oggi reperibile in dvd e in You tube (il solo trailer), viene considerato un capolavoro. Costò due anni di riprese, con oltre 70 speleologi coinvolti di 19 gruppi speleologici italiani, 30 discese nella Spluga della Preta per un totale complessivo di 11.100 metri di dislivello, 237 ore di ripresa all’interno della grotta, – 800 metri la profondità raggiunta con le telecamere. Forse è arrivato il momento di riscoprirlo.

L’eroica Graziella si trasforma in don Chisciotte a Letteraltura 2021

Carolin Bleisteiner con la sua Graziella
Carolin con la sua Graziella

Devi sapere, caro Luca, che lo speciale Registro delle Bici Eroiche destinato a recuperare e quindi far rivivere un sentimento di amore autentico verso il grande ciclismo di un tempo fatto di fatica e sofferenza, potrebbe a mio avviso riservare un posticino alla mitica Graziella. Questa “eroica” pieghevole dei nostri nonni frichettoni non smette di stupirci. Il suo aspetto vintage sembra oggi conquistare nuove clientele soprattutto. Ma soprattutto, e questo la rende di attualità, ha fatto parlare in questi giorni di sè una Graziella grazie al raid compiuto dalla Germania all’Italia passando per la Svizzera. In sella c’era una graziosa signora tedesca, Carolin Bleisteiner, partita da Friburgo e scesa fino al Trentino per approdare sulle rive del lago di Garda. Il tour si è consumato in sette tappe, ovviamente eroiche.

ciclonica Soledad Nicolazzi
Locandina

 Ma io considererei eroica anche la Graziella di Soledad Nicolazzi, regista e interprete del monologo “Ciclonica” in programma  giovedì 23 settembre alle ore 21.15 al Centro d’incontro Sant’Anna di Verbania nell’ambito della rassegna “Letteraltura”. Messa in scena dalla Compagnia teatrale Stradevarie, “Ciclonica” è la storia di una donna che sogna di partire a cavallo della sua “velocipede Ronzina” per raddrizzare il mondo: un Don Chisciotte moderno, un’eroina indomita e visionaria che lotta contro il popolo delle auto, dei motori, dei fumi e dei rumori. Uno spettacolo godibile e attualissimo. E brava Soledad che ha saputo far recitare (e che parlantina…) questa sua decrepita Graziella.

“Spoon River” ai Giardini Montanelli: Vaia, un viaggio consapevole

Vaia, foto di Manuel Cicchetti
Vaia, foto di Manuel Cicchetti

Quando ero piccolo li chiamavamo Giardini Pubblici e la mamma mi portava a pedalare sulle automobiline a noleggio. Oggi dedicati a Indro Montanelli, questi magnifici giardini ospitano un evento senza precedenti, definito “viaggio consapevole dentro un disastro”. Fino al 18 ottobre alle cancellate sono infatti affisse le immagini della foresta abbattuta nel 2018 dal ciclone Vaia e le immaginarie parole dei suoi alberi un attimo prima di cadere. Una specie di Spoon River dei nostri boschi, insomma, corredata dalle magnifiche foto di Manuel Cicchetti. Desideri sapere, Luca, di che cosa parlano questi alberi morturi?  Riconosciuto al giornalista Angelo Miotto il compito di immaginare l’ultimo pensiero di RadiceTorta, FustoDritto, Corteccia, TanaFelice e molti altri cui vuole conferire l’onore di un nome proprio, ecco le ultime parole di Fioretto. 

 “Mi chiamo Fioretto”, si legge, “perché gli ultimi metri della mia cima sono esili e ondeggiano al vento come se fossi un tiratore di scherma che combatte contro il vento”, è l’epitaffio di uno di loro. “Quando si placa il soffio”, aggiunge Fioretto, “riposo, pronto per la prossima sfida. Quei fendenti leggeri ora non sono più, la mia lama è stata spezzata e nessuno potrà più forgiarla di nuovo. Non era lo stesso vento che giocava con me quel giorno, ma un turbine iroso, ho pensato, mentre cedevo di schianto”. 

Splendono i “Cieli neri” di Irene Borgna

Cieli neri Irene Borgna

Se ancora non lo hai letto, è questo caro Luca il momento di farlo. L’appassionante “Cieli neri” di Irene Borgna (Ponte alle Grazie e Club Alpino Italiano) ha vinto il Premio letterario dedicato a Mario Rigoni Stern di cui ricorre il centenario dalla nascita. Nel volume la brava Irene prende spunto da una mappa dei cieli neri europei che la induce ad andare in camper alla ricerca, con il compagno Emanuele, di quei luoghi che ancora resistono all’inquinamento luminoso. Dalle Alpi Marittime al Mare del Nord, Irene indossa dunque qua e là la veste da antropologa che le compete per raccontarci gli aspetti economici, sociali, poetici e simbolici dei territori attraversati. Dove si possono ancora “ascoltare le stelle” come sapeva fare il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. 

Irene Borgna
Irene Borgna premiata

“Cieli neri” è stato giudicato dalla giuria (composta da Luca Mercalli, Sara Luchetta, Giuseppe Mendicino e Annibale Salsa) in sintonia con i valori e l’opera di Rigoni Stern e in particolare con la forte attenzione del Premio ai temi ambientali e ai problemi dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.

 Buona lettura dunque e…alla prossima.

Roberto Serafin

23 Settembre 2021
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MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.

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