Le vette possono essere il giusto luogo per manifestare il proprio dissenso alla guerra? O non dovrebbero essere “usate” per sentirsi in pace con se stessi e il mondo? Le vette possono essere simbolo di una cultura della pace? Forse andrebbe maggiormente radicata una cultura della “non sopraffazione”? Partendo dal presupposti che è giusto che ciascuno manifesti secondo la propria sensibilità l’adesione ad una cultura della pace e della solidarietà proponiamo qualche spunto di riflessione.

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Alpinismo e bandiere della pace

Leggendo sui giornali locali la notiziola di tre alpinisti saliti sul Campanile Basso a far sventolare la bandiera della pace confesso che mi è venuto da chiedermi se con i venti di guerra che soffiano non sia più che sufficiente affidare i messaggi di pace ai tanti cortei che percorrono le capitali. Per carità, niente di male se qualcuno intende comunicare nel modo che preferisce il proprio sostegno a una cultura di pace e solidarietà

Forse eri troppo giovane, caro Luca, all’inizio del millennio, quando diversi protagonisti dell’alpinismo si sentirono in dovere di lanciare messaggi di pace dalle vette più alte della terra. La sensazione fu che si trattasse di scelte politiche o addirittura che fosse un modo per autopromuoversi. 

Mi sembra di ricordare che fosse guardata con un certo sospetto una diffusa “Bandiera alpinistica della pace”. Molti si compiacevano di portarla in giro nelle spedizioni e nei trekking. Qualcuno si esaltò, altri chiusero un occhio quando un messaggio di pace uscì dallo zaino di un illustre collezionista di ottomila in vetta all’Everest giusto il tempo di un autoscatto. Ne valeva la pena? I soliti ipercritici sostennero che era fuori luogo una bandiera, qualsiasi fosse il suo fine, per sentirsi in pace con il mondo e con se stessi quando si giungeva su una vetta. 

“Mi piace pensare a un andare in montagna un po’ separato dagli avvenimenti contingenti”, fu l’obiezione di un noto giornalista appassionato di montagna e inviato di guerra che di combattimenti ne aveva visti e vissuti anche troppi. 

Basta così, sento già spuntare qualche nuova polemica. 

Pace sul Basso Pace e montagna: spunti di riflessione
Giustamente, ciascuno comunica nel modo che preferisce il proprio sostegno a una cultura di pace e solidarietà: qui tre alpinisti sul Campanil Basso. In apertura la bandiera Summit for Peace

Reagire per una pace che unisca i popoli, ma la vetta non può far dimenticare le tragedie

Vorrei solo osservare che, come in ogni movimento di massa, di destra o di sinistra, sia giocoforza ammettere che nel pacifismo allignano anche ingenuità, demagogia e facili slogan. Immagino che tu sia d’accordo. Riflettendo col solito senno di poi oggi forse si potrebbe affermare che fare della vetta un alzabandiera o un pulpito da cui lanciare messaggi e prediche, rischia di aggiungere qualche cosa di troppo al semplice e onesto gioco dell’alpinismo. 

Questo, per carità, lo dico senza voler minimizzare in alcun caso chi manifesta il proprio dissenso verso la più atroce di tutte le ingiustizie: la guerra. Occorre reagire, questo è certo, specie se si aspira a un grande movimento pacifista che unisca i popoli dall’Atlantico agli Urali. Ma, a costo di ripetermi, mi e ti domando se davvero il senso della vetta possa far venire meno in chi scala i cattivi pensieri per i contagi, le morti, i lockdown della Pandemia, la guerra che ora è alle porte d’Europa, l’emergenza climatica che già colpisce le nostre vite quotidiane. 

Per una cultura della pace più radicata

È un fardello troppo grande quello che tutti ci portiamo dietro, la montagna non può che svolgere un ruolo consolatorio. Vorrei concludere rubando un tuo auspicio di cui ho preso nota in una delle nostre conversazioni. È bene che una cultura della pace si radichi un po’ di più anche tra noi “fatti di montagna”. E sarebbe bello, come tu sostieni, che ci si impegnasse, alpinisti e non, a togliere di mezzo certa terminologia di derivazione bellica dal lessico della montagna. No, non hanno diritto di cittadinanza nell’alpinismo parole come conquista, attacco, assedio…

Roberto Serafin

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17 Marzo 2022
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