Un recente episodio poco edificante successo su una via ferrata in Trentino, porta Serafin a riflettere su quanto l’aggressività oggi così diffusa (che spesso si associa anche a quella sull’ambiente) non lascia certo immuni i frequentatori della montagna.

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Trentino, volano pugni in ferrata

Oggi, caro Luca, sono piuttosto polemico. Un pensiero mi ronza nella testa. Non è legandosi a un destino comune, cioè mettendosi in cordata, che l’alpinista ritrova necessariamente una dimensione di libertà e di pace. Immagino che su questo aspetto anche tu sia d’accordo. E tuttavia lascia sorpresi per non dire esterrefatti anche noi che da tanti anni bazzichiamo le montagne la recente scazzottata tra due cordate che pacificamente (ma non troppo) percorrevano una via ferrata nel Trentino

Dell’episodio si sono occupati i giornali locali e anche qualche blog ha trovato il modo di esprimersi, senza peraltro scostarsi troppo da una considerazione piuttosto ovvia: la quota e la fatica non aiutano a mantenere i nervi rilassati. “Cose che non dovrebbero capitare mai”, è il salomonico giudizio del quotidiano L’Adige, “ma ancor meno concepibili in un contesto sportivo e vacanziero che dovrebbe suggerire a tutti un minimo di serenità d’animo anziché esacerbare le tensioni”. 

Sta di fatto che quel giorno i Carabinieri sono dovuti intervenire per una lite tra due comitive di escursionisti che stavano risalendo la nota ferrata del Rio Sallagoni, uno dei tracciati più belli dell’Alto Garda. 

Erano circa le 15 quando la prima comitiva, composta da un adulto residente in zona e da due ragazzini di 7 e 8 anni, è stata raggiunta da una seconda comitiva più veloce, composta da alcuni appassionati svizzeri.

A questi ultimi sarebbe stato proposto più di una volta di passare avanti, anche per la volontà del gruppetto italiano di procedere con calma. Invito però che non è stato accolto. La situazione è degenerata in una lite che si è conclusa con un pugno in faccia all’accompagnatore locale. 

Adrenalina alle stelle dunque, e la speranza è che l’episodio sia stato infine anche il pretesto per ritrovarsi, tutti insieme appassionatamente, davanti a una birra. Che cos’altro aggiungere? “Andare fra montagne selvagge è una via alla liberazione”, diceva il saggio Milarepa. Una saggezza d’altri tempi.

Un tratto della ferrata del Rio Sallagoni
Un tratto della ferrata del Rio Sallagoni

Litigio sull’Everest

Subito viene in mente, per contrasto, il clamoroso litigio a quota ottomila tra sherpa e alpinisti che si scatenò nel 2013 sull’Everest. Una rissa degna di un kolossal cinematografico con la partecipazione straordinaria degli alpinisti Ueli Steck e Jon Griffith.  

“All’Everest oggi ci sono centinaia di sherpa e alpinisti” fu la spiegazione di Agostino Da Polenza, leader del progetto Evk2Cnr che presiede e gestisce il Laboratorio Piramide all’Everest. “E’ come infilare 30 persone in una barca da 10: è inevitabile che scoppino liti furibonde. Bisognerebbe tornare a contingentare le spedizioni, per evitare altri eventi incresciosi”. Peccato che poi a contingentare abbia provveduto un certo virus molto diffuso…

Aggredito nei boschi da motociclisti

Anche a chi scrive è capitato di vedersi mettere le mani addosso qualche anno fa in una valle ossolana, minacciato da due motociclisti sorpresi a scorrazzare sui sentieri nei boschi e puntualmente fotografati. Non ci voleva molto a capire, sai Luca, che venire picchiati perché si protesta contro chi frequenta sentieri e pascoli con le motociclette per puro divertimento è segno dei nostri tempi cupi e tristi.

Mi rivolsi ai carabinieri che avevano altre gatte da pelare. In quella occasione per me ci fu comunque parecchio da riflettere sui comportamenti sempre più aggressivi di tanti frequentatori della montagna. Di chi la percorre in inverno con le motoslitte e dei bikers che si avventurano su sentieri scoscesi, in ambiti pregiati dal punto di vista naturalistico. E che ormai rappresentano un incubo per tanti pacifici escursionisti.

Non si chiede nemmeno più permesso, non c’è tempo per rallentare o fermarsi un attimo e permettere all’escursionista, al camminatore, di farsi da parte in sicurezza. Chi è su un mezzo meccanico crede di avere diritto di precedenza, si sente forte e accumula comportamenti aggressivi, offendendo e sempre più spesso ricorrendo all’uso delle mani. So già come tu la pensi: la gentilezza, dirai, è sempre più percepita come debolezza anziché come virtù… e se si è abituati a un simile stile di vita, difficile che alzandosi di quota cambi qualcosa, specie se la montagna è uno dei tanti parchi divertimento da dare in pasto al proprio ego.

Dopo la salita al K2 del 1954
Dopo la salita al K2 del 1954

Rissa al K2 nella spedizione del 1954

Non hanno dato il buon esempio, del resto, nemmeno i nostri padri saliti per primi sul K2 nel 1954. Occorre fare nomi? La conquista come si sa si è svolta tra polemiche, liti, querele, recriminazioni, insinuazioni. Di recente il collega Lorenzo Cremonesi, oggi opinion leader del Corriere della Sera in fatto di alpinismo, ha rivelato di avere incontrato un hunza della spedizione guidata da Ardito Desio. Un anziano che della spedizione conservava, secondo l’ineccepibile testimonianza di Cremonesi, un solo vivido ricordo: un’accesa baruffa in cui volarono insulti e che sarebbe finita a piccozzate se l’uomo non fosse intervenuto a fare da paciere tra gli italiani.

Aggressivi come stile: è un bel vivere?

Senza contare, caro Luca, e qui concludo questo poco edificante excursus, che molti oggi trovano gusto nei boschi a spararsi addosso in tuta mimetica. Ma si tratta soltanto di un gioco denominato Softair in cui vengono utilizzate fedeli riproduzioni di armi in dotazione alle forze armate, dette air soft gun (in acronimo ASG) che sparano pallini in materiale biodegradabile con diametro di 6mm, quindi innocui per un essere umano.

Ma sarà poi un bel vivere, mi chiedo, questo spararsi addosso, questo brandire finti pugnali e riempire i boschi con il rombo dei motori?

Ciao, alla prossima.

Roberto Serafin

5 Agosto 2021
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MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.

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