La prima invernale al K2 oltre ad essere una grande impresa alpinistica realizza quello che era il sogno di Tenzing Norgay che salì con Edmund Hillary per primo l’Everest nel 1953.
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Il sogno di Tenzing Norgey che per primo scalò l’Everest
Dovrebbe essere più che doveroso citare il nome di Tenzing Norgay nel riferire della prima scalata invernale al K2 di dieci sherpa nepalesi avvenuta sabato 16 gennaio. L’unico giornale che lo abbia fatto, a quanto risulta, è stato però in Gran Bretagna il Sunday Times del 17 gennaio. Dedicando la prima pagina all’evento, il popolare tabloid ha sottolineato, particolare ai più sfuggito, come 68 anni dopo si sia finalmente realizzato un grande sogno di Tenzing Norgay, lo sherpa che con sir Edmund Hillary salì per primo nel 1953 sull’Everest.
Al colmo della gioia, in quell’anno che coincise l’incoronazione della regina Elisabetta, Tenzing dichiarò che la sua massima ambizione era di raggiungere la vetta del K2, e questa volta con una squadra di compagni sherpa. “Tenzing non ne ha mai avuto la possibilità”, si legge sul quotidiano inglese, “ma ora finalmente i dieci alpinisti nepalesi hanno realizzato il suo sogno aggiudicandosi il più grande premio rimasto all’alpinismo: la prima salita invernale di questa montagna”.
Andrebbe anche ricordato che in quel 1953 Tenzing svolse sulla mitica terza pagina del Corriere della Sera il racconto a puntate della sua impresa. Impresa che, guarda caso, rischiò di essere mandata a monte, questo almeno fu quanto lui stesso raccontò, per la protesta degli altri sherpa dovuta al vitto e al vestiario ritenuto inadeguato.
Nirmal Purja e compagni insieme in vetta al K2
Le cose invece, e per fortuna, non sarebbero potute andare meglio per gli eredi di Tenzing. (qui gli ultimi aggiornamenti su come è andata). Le loro cordate si sono riunite a pochi metri della vetta del K2. Poi tutti in fila di comune accordo hanno completato la scalata. Uno spettacolo di forza e di disciplina. Tutto il contrario di quanto fecero nel ’54 gli alpinisti italiani facendo a gara a chi raggiungeva per primo la vetta e lanciandosi poi per anni accuse roventi circa le strategie adottate.
L’unico aspetto che accomuna le due imprese, quella del ’54 e quella di pochi giorni fa rimane lo spirito di rivincita. Gli Italiani, da poco sconfitti in guerra e in ritardo nella corsa agli 8000, avevano bisogno di dare una prova convincente del loro valore. Ora è toccato ai Nepalesi, tutti professionisti, lanciare con il K2 invernale salito a ranghi compatti un’immagine di efficienza del “paese delle nevi” ancora sofferente per il terremoto che lo colpì nel 2016 oltre che per la pandemia.
La prima invernale al K2 sulle testate italiane
Non bisogna aspettarsi però che i media, quelli italiani perlomeno, si siano spesi più di tanto (siti on line specializzati a parte) per onorare questi valorosi. Il primo esempio che viene in mente riguarda il Corriere della Sera, che pure dispone di firme autorevoli in tema di alpinismo. Il quotidiano di via Solferino domenica 17 gennaio si è limitato a dedicare al K2 invernale un titolino su due colonne al piede nella pagina degli esteri. Su La Repubblica in versione cartacea di domenica 17, degli sherpa e del K2 non si è invece trovata traccia.
Si è dovuto aspettare lunedì 18 gennaio perché sul giornale diretto da Molinari fosse il Premio Strega Paolo Cognetti a dire la sua. Ma che cosa aspettarsi da uno che ha girato l’Himalaya a piedi e ci ha scritto sopra un libro intitolato “Senza mai arrivare in cima” vantandosi di essersi sottratto di proposito a gioie e dolori dell’alpinismo? Tuttavia della “rivincita degli sherpa” si era ormai a quel punto già parlato a lungo e il bravo Cognetti si è limitato a commentare che i dieci summiter “non lo hanno fatto solo per se stessi ma anche per tutti gli altri: i padri, le madri, i fratelli e le sorelle con la gerla sulla schiena”.
Proseguendo questa provvisoria rassegna, l’unico “giornalone” che si sia degnato di dedicare all’exploit un richiamo in prima pagina risulta che sia stata La Stampa di domenica 17 rinviando il lettore a pagina 13 dove lo specialista Enrico Martinet non mancava di notare con una certa sufficienza, se non si è capito male, che i nepalesi hanno forse usato l’ossigeno delle bombole (particolare smentito – solo per ciò che riguarda lui – dall’ormai popolare Nirmal Purja, l’uomo che ha concatenato a tempo di record tutti gli ottomila) e che comunque sono stati assistiti dalla fortuna e dal bel tempo.
Anche Sandro Filippini sulla Gazzetta dello Sport on line ha puntato sulla rivincita degli sherpa “che hanno voluto mostrare al mondo di essere ormai alpinisti capaci di compiere le più grandi imprese”. Come se non lo avesse già dimostrato 68 anni prima il già citato, grandissimo sherpa Tenzing Norgay salendo per primo sul tetto del mondo.
E ancora, sul quotidiano Il Giornale, Lucia Galli ha parlato a sua volta di “rivincita dei gregari” definendo il K2 “la cima del riscatto, di chi di solito vive da gregario, col peso dello zaino altrui e una citazione a fondo pagina, se va bene”. Non diversa è stata l’angolatura scelta da Federico Magni su Il Giorno. “Da portatori a protagonisti, gli sherpa scalano per la prima volta il K2 d’inverno”, era il titolo dell’articolo di Magni in cui è stata dipanata “la bellissima storia del popolo delle alte quote”.
Resta il fatto che ora Tenzing può dormire tranquillo il suo sonno eterno. A confortarlo non possono che essere, se ve ne fosse bisogno, anche le parole di Reinhold Messner. “I nepalesi sono oramai in grado di prendere la leadership della scalate himalayane”, ha confermato il re degli ottomila nelle pagine rosa della Gazzetta. E pazienza se a furia di facilitazioni – bombole di ossigeno ed elicotteri compresi – gli ottomila stanno diventando dei prêt-à-porter, cioè alla portata di un’utenza sempre più ampia mentre prima erano disponibili in esclusiva solo per un’aristocrazia dell’alpinismo. (Serafin)
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