Nella stube della vecchia casa di Bolzano, Serafin ebbe il privilegio di raccogliere i ricordi di Erich Abram. Un grande che fu alpinista, ma anche molto altro, come è raccontato dal libro fresco di stampa della moglie Carla Abram e Christian Ladurner.

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Erich Abram: non solo grande alpinista

Verso il cielo, libro su Erich Abram alpinista e pilota
Copertina del libro da poco uscito.
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Forse non molti sanno che Erich Abram (1922–2017) non fu solo un grande alpinista, ma che va ricordato anche come pioniere del volo in montagna, impavido soccorritore, prezioso componente della storica spedizione italiana al K2 dopo essere stato a lungo prigioniero di guerra. Sono due i libri che gli sono stati dedicati da quando se ne è andato lasciando un profondo rimpianto. In questi giorni nelle librerie è arrivato “Verso il cielo” di Carla Abram e Christian Ladurner (Tappeiner editore, 208 pagine 19,99 euro). In precedenza, alla sua scomparsa, Augusto Golin gli dedicò invece la biografia “Erich Abram, un alpinista bolzanino”, edito con il patrocinio del Club Alpino Italiano dall’assessorato alla Cultura della Provincia di Bolzano (184 pagine, 12 euro, Cierre Distribuzione Editoriale, Verona). 

Mai alla ricerca di protagonismo, fu un tipo fatto a modo suo, caparbio, talvolta scorbutico ma di grande socievolezza quando riteneva che ne valesse la pena. E, modestia a parte, chi scrive ha avuto occasione di poterlo intervistare per il libro “Soccorsi in montagna” uscito nel 2005 in occasione dei cinquant’anni del Soccorso alpino in Italia. 

Di sicuro non conosceva il verbo arrendersi. Alla fine della guerra, tornato dalla prigionia in Unione Sovietica, si ributtò subito nella mischia e si dedicò alle pareti verticali delle Dolomiti. Famoso è lo “Spigolo Abram” al Piz de Ciavazes. Nel 1954 partecipò alla prima ascensione del K2 facendosi onore nella pattuglia di punta. In seguito aprì nuove vie e ripeté le classiche nei Monti Pallidi.

Erich Abram
Erich Abram in azione

Ricordi nella stube di Erich Abram

Nella stube della vecchia casa a Bolzano è stato estremamente piacevole raccogliere, tra i pochi privilegiati a farlo, i suoi racconti. A cominciare dalla tremenda avventura della seconda guerra mondiale combattuta dalla parte dei tedeschi e conclusa con la prigionia in Russia. A proposito di quegli anni orribili, Abram ricordò che stava studiando a Innsbruck quando il Terzo Reich lo mandò, carne da cannone, nel Caucaso nei reparti dei Gerbis Jeger, i Cacciatori delle Alpi. Nel 1943 la ritirata verso il Mar Nero, quindi la tremenda esperienza della Grecia e, a guerra finita, la durissima prigionia sotto il tallone dei russi. 

“Quando tornai dalla prigionia”, raccontò ancora Abram, “pesavo 47-48 chili, ma ero in salute e in buona forma al punto che dopo due o tre settimane ripresi ad arrampicare. Con mia sorella piccola salii la via Steger, sulla parete Est del Catinaccio, che lei aveva già scalato con i Bergler. Ai primi mesi del ‘48 mi trasferii sull’Alpe di Siusi come volontario presso una struttura dell’Alpenverein per i giovani (Jugendheim), gestita da Hans Steger e Paula Wiesinger. Era una stalla riadattata, davo una mano a raccogliere legna, facevo dei lavori e l’aiuto istruttore di sci. Fu un bel periodo, un buon modo per ritrovare un po’ di armonia anche psichica con il mondo civile e la vita normale”. 

Refrattario a ogni forma di autocelebrazione, spirito libero e un po’ bizzarro, la sua passione fu il volo. Alla cloche di un elicottero Erich trascorse i momenti più intensi di una vita che certo non è stata avara di emozioni. Le sue prime esperienze su un Piper s’intrecciano con quelle dell’amico svizzero Hermann Geiger, il maestro assoluto di volo in montagna che, custode del piccolo aeroporto di Sion, in quegli anni Cinquanta gli rivelò i suoi segreti per librarsi dove osano le aquile. Abram imparò presto la lezione.

Erich Abram con Walter Bonatti
Erich Abram (a destra) con Walter Bonatti

Tornato in Italia dal K2, Abram cominciò a frequentare l’Aeroclub di Bolzano prendendo confidenza con i piccoli Macchi. “Dei trabiccoli di legno, ma robustissimi, praticamente eterni. Arrivai al brevetto di terzo grado e poi diventai istruttore, pilota di elicottero ed esperto di volo in montagna con i pattini. Allora era difficile per un civile in zona di confine allontanarsi dalle città. Mi aggregavo perciò ai militari usando delle piste in quota appositamente preparate, particolarmente sull’Adamello che è un campo di aviazione naturale dove potrebbe scendere anche un DC8″. 

“Dopo l’incontro con Geiger”, raccontò ancora di quelle esperienze, “riuscii a comprarmi anch’io un Piper nuovo di zecca. Ricordo che quando lo acquistai era ancora imballato, di proprietà del presidente dell’aeroclub di Catania. Era una macchina fantastica, un aereo che in duecento metri di pista ti consente di atterrare quale che sia il terreno. Con gli sci sotto si arriva a prender terra fino a 4000 metri. Da Geiger imparai le tecniche di soccorso che adottai per primo in Italia, anche se i piloti militari a quell’epoca già disponevano di questi velivoli ma con trenta cavalli di potenza in meno. In realtà con i militari ci siamo sempre dati una mano. Io venivo chiamato come semplice volontario perché né il Cai né l’Avs si interessavano ancora del soccorso aereo”.

Uno straordinario soccorso di Erich Abram

Nella sua lunga storia di pilota soccorritore c’è una pagina sulla quale Abram tornava volentieri. Uno straordinario soccorso di cui rimane memoria nell’archivio conservato, con la collaborazione della dolcissima moglie Carla che ora firma la sua biografia appena uscita, nella bella casa di Bolzano con vista sul Catinaccio e le Torri del Vajolet. Un episodio che ebbe del miracoloso. Quattro ufficiali dell’esercito uscirono vivi dalla carcassa di un 205 Agusta “come da un pelapatate”, precipitato in un canalone della Val Ridanna, una laterale della Valle dell’Isarco. Da solo Abram riuscì a trarre tutti in salvo.

Dall’archivio emerge una lettera dattiloscritta del 1982 firmata dal comandante del raggruppamento di elicotteri militari “Altair” che lo ringraziava.  “Nel quadro dell’operazione di soccorso svolta a seguito dell’incidente di volo del 5 luglio cui è incorso un aeromobile del Raggruppamento Altair”, scrisse l’alto ufficiale, “è stata particolarmente preziosa e determinante l’opera svolta dalla SV. L’intervento dell’elicottero pilotato dalla SV con estrema perizia e sprezzo del pericolo ha infatti consentito di recuperare le vittime del tragico incidente concludendo le operazioni di soccorso che si conducevano con grave difficoltà da più ore. Nella circostanza la SV ha messo in luce qualità personali di altissimo valore che suscitano vivissimi sentimenti per la straordinaria abilità tecnica e l’elevato contenuto di solidarietà umana”.

Erich Abram pilota
Erich Abram pilota

Erich Abram: un angelo alla cloche

Il ricordo, nelle conversazioni davanti al caminetto acceso nella sua casa di Bolzano, correva anche ai tempi in cui cominciò a dedicarsi ai voli antigrandine. Anche quei voli erano da considerarsi di soccorso: si trattava di salvare preziose colture di frutta. 

Queste e molte altre sono le buone azioni che da vero angelo Abram compì manovrando la cloche nell’alto dei cieli. In Algeria, dove lavorò per costruire una cintura di protezione contro la desertificazione sconfiggendo un’invasione di processionarie, non si tirò indietro quando la terra tremò a El Asnam, duemila chilometri a ovest di Algeri, offrendo aiuto alla popolazione terremotata che aveva già avuto migliaia di vittime. 

“Settemila ore di volo su un Lama, mai avuto un problema”, diceva con orgoglio facendo un bilancio di questa sua vita di pilota. Una serie di giorni grandi, più grandi ancora delle sue pur notevolissime esperienze di alpinista. (Serafin)

16 Ottobre 2020
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MountCity

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