Nella Giornata Internazionale della Montagna 2020 ci facciamo guidare in alcune riflessioni e appunti dal documento della CIPRA pubblicato proprio oggi, 11 dicembre.
Cos’è la Giornata Internazionale della Montagna?
La Giornata Internazionale della Montagna, 11 dicembre, è stata celebrata per la prima volta nel 2003 ed istituita dalle Nazioni Unite l’anno precedente che, molti di voi se lo ricorderanno, era stato l’Anno Mondiale delle Montagne. Come tutte le giornate celebrative, hanno un senso se servono a sensibilizzare e a promuovere riflessioni che poi diano effetti tangibili negli altri 355 giorni dell’anno. Altrimenti rimangono pompose etichette, che fanno sorridere chi, non fornito delle debite spiegazioni, non ne comprende il significato.
Dunque, perché le montagne vanno celebrate? Posta su un sito come Fatti di Montagna sembra una di quelle domande la cui risposta è ovvia… ma alla quale, alla fine, non si sa rispondere. Le montagne costituiscono il 27% della superficie della Terra e se guadiamo il nostro Paese ne occupano più di un terzo. Ancora più convincenti i dati che ci dicono che 1,1 miliardi di persone vivono in territori montani e più della metà delle donne e degli uomini nel mondo dipendono da servizi ecosistemici forniti dalla montagna, come l’acqua dolce. Quindi capiamo bene che non è questione di dire mi piace/non mi piace la montagna, ma le terre alte, volenti o nolenti, interessano le vite di tutti noi.
Ogni anno viene dato un tema alla giornata, per aiutare a far emergere ragionamenti e problematiche, ma come vedremo si tratta sempre di angolature della grande tema della tutela dell’ambiente e del benessere di tutte le donne e gli uomini che vi abitano. Il tema scelto per l’11 dicembre 2020 è la biodiversità.
In rete troverete tanti altri dati e riflessioni interessanti, a partire dalle pagine dedicate sui siti delle Nazioni Unite e della FAO, che è l’agenzia preposta al coordinamento delle iniziative dell’International Mountain Day.
Biodiversità significa anche paesaggio di qualità
Qui proviamo a dare corpo al tema dandogli un ulteriore taglio particolare, per provare a renderlo più tangibile. Ci facciamo aiutare in questo dal documento che la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) ha pubblicato proprio oggi: “Il paesaggio alpino non è rinnovabile”. Vi invito a leggerlo, soprattutto chi si occupa di montagna, perché offre molti spunti. Ci concentriamo quindi sulle montagne al centro della nostra Europa, le Alpi, e guardiamo al tema della biodiversità provando ha coglierlo in una delle sue manifestazioni: il paesaggio.
Come dicevamo ogni aspetto è legato al tutto, e non dobbiamo fare l’errore di considerarli separatamente: altrimenti ci sarà sempre qualcosa che viene eccessivamente penalizzato e alla fine i conti non tornano. Ad esempio la biodiversità è uno degli indicatori di qualità più importanti del paesaggio.
Il paesaggio risultato di un equilibrio
Il paesaggio come noi lo vediamo, e che spesso non troviamo parole più specifiche per descriverlo (un “bel paesaggio”), è il risultato dell’interazione plurisecolare tra umanità e ambiente. Il paesaggio è frutto dell’equilibrio tra esigenze e interessi diversi: ma è solo il coordinamento di tutti questi interessi a far si che il risultato sia positivo non solo nell’immediato, ma anche negli anni futuri. Gli interessi economici sono da tenere in considerazione per permettere alle nostre montagne di rimanere abitate, ma solo non prevaricando gli interessi di protezione dell’ambiente e della biodiversità non causeranno ad un deterioramento nel tempo. Cos’è questo se non il tanto chiacchierato sviluppo sostenibile?
Il valore delle aree “non sfruttate”
Spesso si parla di natura incontaminata, ma abbiamo visto che nelle Alpi non è quasi mai così (provate a parlare di natura incontaminata ad un’antropologa o antropologo davanti ad un paesaggio alpino!). Ci sono sicuramente aree più sfruttate, aree molto meno e poche zone in cui non vi è presenza di infrastrutture. Queste aree meno infrastrutturate hanno un grosso valore oltre a contribuire, mescolandosi con le altre aree, a quel “bel paesaggio” che abbiamo sopra evocato. Un valore ecologico, come indispensabili rifugi di biodiversità, economico e sociale. Spesso però questo valore non viene sufficientemente riconosciuto.
Un equivoco in cui spesso si cade, io per primo, è di parlare di valorizzazione del territorio, dell’ambiente, etc… Certo si intende che lì c’è un valore da cogliere, ma l’ambiguità e il rischio sta nell’interpretare che siamo noi a dover dare valore, ad esempio costruendo infrastrutture e consumando quel territorio, dimenticandoci di tutti gli altri valori e considerando solo quello economico. In realtà il valore è insito in queste aree e solo con la dovuta attenzione potremo goderne i vantaggi a lungo e non solo nel breve termine.
La sfida della biodiversità
Come notiamo dunque, non si tratta di togliere di mezzo chi fruisce della montagna come abitante più o meno stabile o la vive occasionalmente per preservare la biodiversità. La sfida è comprendere che la tutela della biodiversità è la via obbligata per assicurare qualità di vita a tutti.
Ogni nostra attività ha effetti sull’ambiente, ma se consideriamo che anche noi ne facciamo parte non possiamo accettare gli squilibri che consumano e impoveriscono quell’ambiente. (così come dice anche il nostro manifesto)
L’agricoltura e l’allevamento hanno plasmato e modellato profondamente il paesaggio delle Alpi contribuendo in modo positivo all’impagabile varietà che ci si presenta oggi. L’agricoltura e l’allevamento intensivi, però, con le monocolture su grande scala, con l’inevitabile ricorso ad antibiotici, fertilizzanti e pesticidi hanno un’impatto fortemente negativo sulla biodiversità dell’ecosistema e sulla salute del suolo.
La transizione energetica è importante e necessaria, lo si dice da tempo. Attenzione però che non può prescindere da una riduzione dei consumi e da una maggior efficienza, perché se il proliferare di infrastrutture energetiche danneggia gravemente gli ecosistemi stiamo mettendo una pezza sulla nostra coscienza ecologica, ma non stiamo certo raggiungendo quell’equilibrio di cui si diceva sopra.
E così potremmo fare l’esempio delle attività ricreative e sportive, che meno male che ci sono, ma devono sempre calcolare qual è il costo reale della loro pratica, oppure potremmo parlare delle aree urbane con i ragionamenti sul consumo di suolo (tema connesso anche ai danni generati da eventi climatici come abbiamo visto anche recentemente).
Non mi dilungo oltre perché per approfondire, se volete, c’è già il documento della CIPRA.
Per concludere mi sembra di poter affermare, nella Giornata Internazionale della Montagna 2020 che questo equilibrio o sostenibilità di cui parliamo, necessari per garantire anche la biodiversità, hanno molto a che fare con il tema del limite. Il concetto di limite sembra davvero estraneo al nostro modello culturale, eppure al centro dell’Europa ci sono le Alpi che per secoli sono state abitate da popoli che hanno fondato su questo il loro prosperare. Anche oggi credo che le montagne possano essere laboratorio di modelli sostenibili.
Per approfondire e riflettere nella Giornata Internazionale della Montagna
Non dimentichiamoci le imprescindibili Convenzione europea del paesaggio e Convenzione delle Alpi che se applicate non ci sarebbe molto altro da aggiungere.
Un documento molto importante e denso di contenuti sulla montagna italiana è Il Manifesto di Camaldoli che avevamo già presentato in una puntata del podcast con Maurizio Dematteis.
Come già dicevo all’inizio se vi fate un giro nel web di spunti e riflessioni importanti in occasione della Giornata Internazionale della Montagna ne trovate parecchi.
Vi segnalo alcuni articoli già apparsi su Fatti di Montagna negli scorsi mesi che in qualche modo credo possano dare ulteriori spunti di riflessione sui temi di cui oggi abbiamo parlato.
- Mombarone: dove la montagna incontra la pianura: anello escursionistico che l’autrice, Vanda Bonardo, ci offre con alcune significative riflessioni. Non sfugge che Vanda sia la anche la presidente di CIPRA Italia.
- Saliamo al Monte Coro leggendo i segni del nostro… futuro: Marco Triches accompagnandoci al monte Coro ci fa capire qualcosa in più di cosa significhi biodiversità.
- Che c’entra la città?: consiglio l’ascolto del podcast in cui si parla, con Maurizio Dematteis di Dislivelli, di equilibrio tra montagna e città.
- Le alluvioni nel nord-ovest: leggerle nel contesto meteo-climatico: qui con Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana abbiamo parlato dei problemi che causati da un’urbanizzazione sconsiderata.
- “Sulle Alpi”: un’avventura per tutti: una lettura per tutte le età che caldeggio particolarmente perché aiuta a comprendere cosa sono davvero le Alpi al di là degli stereotipi. Consiglio di ascoltare l’intervista che Monica di Monti in città ha fatto alla brava autrice Irene Borgna.
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Sono colui che tiene le fila di quest’intreccio di idee, contenuti e competenze che è Fatti di Montagna. In un certo senso, essendone l’ideatore potrei anche definirmi come primo (cronologicamente parlando) partner. Ci tengo che si capisca che Fatti di Montagna non è il mio blog, ma uno strumento che serve per raccontare la montagna.
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