Perché in Italia l’ambientalismo da sempre stenta? Può la montagna come modello ridare slancio alla cura dell’ambiente? (tra l’altro questa domanda risuona nel nostro manifesto). Luigi Casanova è ancora in prima linea su questi temi con il suo “Avere cura della montagna” edito da Altreconomia in uscita in questi giorni.
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Avere cura della montagna: un libro manifesto
Un’incompresa capacità propositiva comprometterebbe l’efficacia dell’ambientalismo. A questa conclusione a malincuore sembra giungere Luigi Casanova nel suo nuovissimo libro-manifesto “Avere cura della montagna” (Altreconomia editore. 192 pagine, 14 euro, – in uscita nelle librerie) scritto con gli importanti contributi di Paolo Cognetti (che firma la prefazione), don Luigi Ciotti, Giuseppe Dematteis, Carlo Alberto Pinelli, Lucia Ruffato, Vanda Bonardo, Federica Corrado.
L’autore, voce storica dell’ambientalismo e presidente onorario di Mountain Wilderness Italia, affronta temi familiari a chi si prende cura della montagna, dal Manifesto di Camaldoli sulla centralità della montagna (ndr qui ne avevamo parlato e anche FdM è tra i firmatari) alla Carta di Fontecchio per la protezione della natura e del paesaggio, dalla tempesta Vaia ai corsi d’acqua e alla loro gestione, dal turismo e dai grandi eventi sportivi nelle Alpi ai Parchi tra luci e ombre, dalla visione “profetica” ambientalista ai problemi degli Appennini e della Val di Susa per concludere con la situazione dei grandi predatori carnivori in Italia.

Perché in Italia l’ambientalismo stenta?
Non può sfuggire al lettore che l’opera di Luigi Casanova riprende documenti tesi a mettere in evidenza l’ambientalismo propositivo, aperto al dialogo. Si tratta, come è specificato nella contro-copertina, di un libro-manifesto e anche di un’eloquente risposta ai tanti che intendono l’ambientalismo come il partito del no.
Ma allora come mai in Italia l’ambientalismo stenta a emergere con la dovuta forza? Nel libro, Luigi Casanova, elenca alcune cause. Con una premessa: se si riuscissero a recuperare tutte le grandi esperienze propositive emerse dalla cultura ambientalista italiana dal dopoguerra ad oggi non basterebbe certo un volume. L’autore ne è convinto: “Ci troveremmo in tal caso in presenza di un fiorire di idealità, estremamente concrete, un qualcosa che ha dell’incredibile”.
Perché ciò non sia avvenuto lo spiega accettando qualche semplificazione. Nota per esempio che le energie disponibili hanno sempre dovuto rincorrere i diversi temi mettendo spesso in secondo piano il tema della comunicazione e specialmente quello della necessità di fare rete.

Altra osservazione: l’ambientalismo italiano è stato poco o nulla sostenuto da mecenati illuminati. In pratica ha vissuto di autosostentamento e, quindi, di volontariato in una situazione economica difficile.
Non poche colpe avrebbe poi il mondo dell’informazione nel suo complesso avendo sempre sottovalutato il valore di queste lotte: anche perché in genere si tratta di un’informazione troppo vicina ai gruppi di potere (e da questi sostenuta o addirittura posseduta) e alle dinamiche politiche.
Ma l’aspetto forse più rilevante in questa incerta visibilità dell’ambientalismo riguarda, ad avviso di Luigi Casanova, la mancanza in Italia di un partito realmente “verde”. “I Verdi italiani”, spiega, “più che da ambientalisti, sono stati diretti da animatori delle lotte del ’68, da Lotta Continua in particolare, o da singoli opportunisti più attenti alla loro personale carriera che non alla costruzione di una rete ambientalista italiana. Una simile strutturazione, ancora oggi viva in qualche realtà, non poteva che portare al fallimento l’esperienza politica e quindi a rendere marginali i Verdi riducendoli in termini elettorali a percentuali irrisorie”.

In apertura: nuvole e colori su Civetta e Pelmo (entrambe le foto sono di Mirko Sotgiu)
Tutti dobbiamo avere cura della montagna
Nella prefazione Paolo Cognetti si spinge anche più in là nell’indicare cause e rimedi. “Sento il bisogno”, scrive, “di un ambientalismo che elabori una visione economica della montagna. Economia non vuol dire diventare ricchi, vuol dire riuscire a vivere dove vogliamo vivere. Il lavoro è un punto fondamentale che dobbiamo mettere al centro del discorso se vogliamo essere ascoltati. Un ambientalismo che vuol vincere le sue battaglie secondo me dovrebbe ripartire da qui”. E anche da Cognetti arriva l’invito: perché non cerchiamo tutti, utenti e imprenditori compresi, di avere più cura della montagna? (Serafin)
RUBRICA A CURA DI:
MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma è aperta a chiunque si offra di collaborare con la dovuta esperienza sui temi abitualmente trattati con un’attenzione particolare rivolta all’attualità della montagna e dell’outdoor.
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