All’Alpe Devero annunciato un devastante progetto di ciclopedonale. Una nuova minaccia per questo paradiso da tempo nel mirino di un turismo decisamente insostenibile. Come lo fu negli anni 70 il progetto “Ve De For”. Se non cambia la logica, ma si continua ad inseguire l’illusione di trovare ciò che nel turismo di massa possa sostituire lo sci il risultato cambierà poco. Non era lo sci il problema (come non lo è ora il cicloturismo in sé), ma è il modello ad essere sbagliato.

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L’incantevole Grande Est all’Alpe Devero

Ho avuto più volte la fortuna in vita mia di attraversare a piedi l’incantevole Grande Est all’Alpe Devero con un senso di scoperta che aumentava di anno in anno. Vette come il Cobernas, Punta Frizzi, Punta di Valdeserta, il Basodino che spuntava ancora innevato in piena estate mi tenevano compagnia dopo avere superato il quieto specchio d’acqua del Sangiatto e la malga con i maialini sparapanzati al sole. 

Il sentiero si snodava fra i rododendri e attraversava torbiere che fremevano al vento. Un concentrato di Alpi Lepontine da fare invidia a certe affollate traversate dolomitiche. 

Lascio a te immaginare, caro Luca, quale è stata la mia rabbia in questi giorni nell’apprendere da un comunicato del Comitato Tutela Devero che il paradiso del Grande Est verrebbe sconvolto dalle ruspe per trasformare quella meraviglia di sentiero in una squallida ciclopedonale. Una rabbia sicuramente condivisa da altri blogger che alla notizia, per quanto ancora in attesa di conferma, hanno dedicato valanghe di bit lanciando grida di dolore. Non al vento, spero.

Il Grande Est all’Alpe Devero per chi ancora non lo conoscesse è un’area di grandi spazi, di silenzi. Un altopiano di praterie e torbiere di alta montagna, di preziosi laghetti glaciali. Si trova all’interno del Parco Veglia-Devero, in un’area protetta dall’Unione Europea (ZSC/ZPS in Natura 2000) per i delicati Habitat e le rare specie anche in estinzione. è mai possibile mi chiedo che questo luogo d’incomparabile bellezza sia ora destinato ad aprirsi all’ondata di ciclisti con e senza pedalata assistita che ormai invade ogni angolo delle Alpi, anche il più recondito?

Devero Grande Est verso Sangiatto Un nuovo progetto incombe sull'Alpe Devero
Devero Grande Est verso Sangiatto
In apertura: Grande est con laghetto e torbiera
(Foto R. Serafin)

Il progetto della ciclopedonale

Leggo che è l’Ente Parco, Gestore delle Aree Protette, il promotore del progetto. Avrà le sue ragioni per farlo. Ma ciò non mi impedisce di pensare che si tratta di un progetto a dir poco scellerato. Il sentiero sarà allargato e livellato eliminando quell’asperità e quella naturalezza che erano le sue prerogative. E tutto ciò per facilitare il passaggio delle mountain bike e delle bici elettriche, in modo che possa diventare un redditizio itinerario per turisti a pedalata assistita. E una risorsa in più per il fiorente turismo della zona. Quello estivo, s’intende, non quello invernale penalizzato dalla penuria di neve.

Il Comitato Tutela Devero fa bene a denunciare quest’altro assalto alle bellezze di un’area protetta dove da tempo si discute su progetti destinati ad “avvicinare le montagne”, “È il declino dello sci”, leggo sul comunicato, “a rendere sempre più frequenti gli interventi di alterazione della montagna per nuovi interessi e speranze di profitto a favore di un approccio con mezzi meccanici e a motore, anche se elettrici, a scapito dell’ambiente e dei moltissimi escursionisti, per i quali il Grande Est costituisce uno degli itinerari più amati di Devero”. 

È bene rimarcare che per le aree protette con habitat e specie di interesse prioritario la legge dice che l’ambiente non può essere modificato se non per gravi motivi, previa un’indagine rigorosa e scientifica (la Valutazione di Incidenza Ambientale VIncA), aperta a confronto pubblico. Un confronto che per ora è mancato. Il Club Alpino Italiano, il Comitato Tutela Devero, Legambiente Nazionale, Mountain Wilderness Italia, Pro Natura Federazione Italiana, hanno fatto ricorso al TAR in data 29 maggio 2023 per l’assenza di interlocuzione pubblica e per la violazione delle norme di tutela.

Non siamo contrari al cicloturismo”, precisano i rappresentanti del Comitato Tutela Devero, “ma crediamo necessario avviare una riflessione sull’utilizzo delle biciclette in montagna, sui danni alla biodiversità, sul rapporto con chi va a piedi, sulle modifiche all’ambiente, sul richiamo forzato di nuove utenze in aree scelte per garantire un naturale rapporto tra l’uomo e la montagna”. 

Grande Est Cistella sullo sfondo Un nuovo progetto incombe sull'Alpe Devero
Grande-Est e Cistella sullo sfondo (Foto R. Serafin)

Devero e Veglia da poco sfuggiti (forse) ad “Avvicinare le montagne”

Devero e Veglia mi risultano sfuggiti per ora a un grande progetto di infrastrutturazione pesante con “ricoveri” turistici sulle vette e impianti di risalita per andare in montagna “seduti”.

Si chiama o forse si chiamava quel progetto “Avvicinare le montagne”, dove avvicinare sta per addomesticare. “Il turismo ha portato benessere in molte zone”, disse Mario Rigoni Stern, “ma anche la città in montagna, mondi che sono invece in conflitto ed è la montagna a perdci”. 

D’accordo, non mancano gli argomenti in difesa del progetto. I fautori, ovvero tutti i comuni delle valli Divedro, Antigorio e Formazza, insistono nell’affermare che solo marginalmente l’area protetta del Devero sarebbe stata interessata, e dunque si è persa un’occasione di sviluppo tutto sommato poco invasiva.

Il Piano bloccato prevede o prevedeva una cinquantina d’interventi tra impianti a fune, piste da sci, bacini idrici, cannoni per la neve artificiale, percorsi per MTB, nuovi centri di ricettività, servizi e infrastrutture per trasformare lo straordinario patrimonio naturale del Devero in un grande complesso turistico inverno – estate. 

Ma la battaglia non è finita: imprenditori, pubblici amministratori e politici hanno solo cambiato strategia. Ripropongono vari interventi, uno alla volta, e per questo il Comitato Tutela Devero ha promosso un referendum che ha raccolto più di centomila firme.

Vedefor Un nuovo progetto incombe sull'Alpe Devero
Il logo del progetto definito Ve.De.For. negli anni settanta

Decenni di progetti invasivi

È un fatto incontestabile che in quest’area delle Alpi Lepontine da più di settant’anni si progettano interventi a spese della comunità. A cominciare dal Piano comprensoriale di sviluppo Ve.De.For, acronimo di Veglia, Devero, Formazza. Era il 1971 quando si cercò concatenare con impianti il Sempione con l’alta Valle Formazza. Dei guai che avrebbe provocato il Ve.De.For rompendo l’incanto di estese aree naturali non tenevano certamente conto i pubblici promotori convinti che il progetto “avrebbe potuto ravvivare una vasta, bellissima zona e renderla godibile da un gran numero di persone oltre ad aprire notevoli possibilità d’investimenti e di posti di lavoro”. 

Sul prestigioso “Almanacco Storico Ossolano” del 2002, curato da Edgardo Ferrari e pubblicato dalle Edizioni Grossi di Domodossola, la vicenda del Ve.De.For. viene rievocata dal suo ideatore Cesare Mercandino. A quanto ho letto, il sistema impiantistico avrebbe dovuto essere in grado di movimentare fino a diecimila sciatori contemporaneamente, con quattromila posti letto distribuiti in un vasto comprensorio delimitato dal confine con la Svizzera. 

I quattro principali poli di sviluppo, dove presumibilmente residence e seconde case sarebbero cresciuti come funghi, erano San Domenico, il Devero, Riale e il rifugio Maria Luisa presso il Passo San Giacomo. Dopo cinque anni di studi preliminari, nel 1971 tutto era pronto per realizzare il piano. Anche la Svizzera avrebbe fatto la sua parte, partecipando alla costruzione della strada del San Giacomo dalla Val Bedretto in Canton Ticino alla Val Formazza, e creando un collegamento sciistico da Wasser (sotto al passo del Sempione) all’Alpe Veglia, un primo tassello della lunga catena di impianti. Ma alla fine non se ne fece nulla. E rimane un mistero come si potesse non turbare “la serena bellezza della montagna”. 

I realizzatori non si sarebbero accontentati dei 113 chilometri del circuito. Avrebbero tracciato per ogni territorio una serie di percorsi serviti dagli stessi impianti o da altri impianti minori, sino ad ampliare 4-5 volte la reale disponibilità di piste di discesa con uno sviluppo complessivo di 200 chilometri. 

E non basta. Il ghiacciaio dell’Hohsand doveva essere attrezzato per lo sci estivo. Dopo aver passato in rassegna strade da costruire ex novo (come l’itinerario turistico tra la Val Divedro e Mozzio in Valle Antigorio, attraverso una foresta d’incomparabile bellezza), dopo avere illustrato le auspicate basi per elicotteri e perfino un nuovo aeroporto turistico a Crevoladossola, Mercandino arriva a una mesta conclusione. “La Camera di Commercio di Novara”, riferisce, “pubblicò tutto lo studio Ve.De. For. Un bel volume illustrato, curato dall’Ufficio Studi dell’Ente, fu ampiamente diffuso e commentato sulla stampa e nelle amministrazioni locali. Ma nonostante l’interesse suscitato, alla presentazione e alla fase successiva di incontri e tentativi, non si approdò a nulla”.

Così furono salvi l’incomparabile bellezza della Val Buscagna e l’incanto del Grande Est. Per quanto tempo ancora?

Robert Serafin

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8 Giugno 2023
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