Importante evento on-line per festeggiare il raggiungimento delle 100mila firme della petizione Salviamo l’Alpe Devero. Un’importante momento di riflessione a cui hanno partecipato molte voci autorevoli: purtroppo però manca ancora quel cambio culturale che fermerebbe “Avvicinare le montagne” e altri simili anacronistici progetti.
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“La carica dei 100mila” per l’Alpe Devero
Non sarà certo l’ultimo atto di una battaglia che si trascina da quattro anni. Ma alla resa dei conti, l’evento on line organizzato sabato 23 gennaio per festeggiare il raggiungimento delle centomila firme a sostegno della petizione “Salviamo l’Alpe Devero!” sembra destinato a lasciare un segno indelebile. Contro il progetto di un comprensorio turistico e sciistico battezzato “Avvicinare le Montagne” che minaccia l’integrità delle aree protette del Parco Alpe Veglia e Devero e del relativo Sito europeo Natura 2000, il Comitato Tutela Devero ha pacificamente schierato sul web una ventina di amici della montagna chiamati a testimoniare sulle ragioni che li ha indotti a scendere in campo.
L’incontro è servito anche a stimolare una riflessione su quanto sta accadendo oggi nel mondo dello sci per effetto della pandemia, in un’epoca di cambiamenti climatici ed economici che non possono più essere ignorati.
Mancanza di prospettive economiche
Da Giorgio Daidola, maestro di sci emerito e docente del Dipartimento di Economia e Management, autore del libro “Ski Spirit. Sciare oltre le piste”, è venuto l’invito ad andare controcorrente, ad abbandonare le autostrade bianche, spianate e lavorate, dritte e lisce e tutte uguali, e continuare a cercare l’avventura in montagna non smettendo mai di sognare.
Peccato che il primo a non farsi troppe illusioni sia proprio Daidola a fronte di certi folli, devastanti progetti di collegamenti che la pandemia ha soltanto rallentato senza modificarne la logica perversa, la mancanza di prospettive economiche a lungo termine, l’impatto su un ambiente alpino già sofferente.
Storia e cronaca della tutela dell’Alpe Devero
A proposito di “Avvicinare le montagne”, una cronologia è stata proposta all’inizio del 2020 da MountCity con alcune tappe nella tutela di questo meraviglioso e tormentato lembo delle Alpi Lepontine dove peraltro fin dalla notte dei tempi la società rurale ha stabilito regole ferree per la conservazione dell’ambiente e delle sue risorse e dove qualche inevitabile guasto lo ha prodotto l’attività estrattiva e l’affermarsi all’inizio dell’altro secolo dell’industria idroelettrica.
Ora più netti sono i contorni dell’operazione “Avvicinare le Montagne” su cui pende un ricorso al Tar le cui lungaggini risulterebbero sintomatiche delle difficoltà dell’istruttoria, come ha ricordato l’avvocato Emanuela Beacco. Tirando le somme, attorno al progetto ruotano notevoli interessi finanziari. Più di 50 milioni sono previsti per nuove piste e percorsi MTB, 45 milioni per adeguamenti infrastrutturali, 38,6 milioni per 2.870 nuovi posti macchina fra silos e parcheggi, 36 milioni per nuovi alberghi e ristori, 12,5 milioni per raddoppiare l’attuale struttura andata a fuoco dell’hotel Cervandone, 5,2 milioni per un nuovo albergo di 2100 mq sulla piana del Devero. A quanto si è appreso 180 milioni per “avvicinare e montagne” provengono da privati, 43 milioni sono denaro pubblico.
Niente però sembra costituire un serio ostacolo alla progressione del progetto. Gli ossolani si dichiarano in larga parte estranei alla raccolta di firme visto che nell’80% dei casi risulta che queste provengano da fuori provincia e dall’estero. E niente induce i sindaci (che sanno di poter contare sull’appoggio della Regione Piemonte) a ragionare su proposte alternative di sviluppo e fruizione degli spazi alpini, sulla possibilità con quei soldi di migliorare i trasporti, di sostenere l’agricoltura e gli allevamenti sicuramente con maggior profitto rispetto all’avvicinamento delle montagne.
Piero Vallenzasca, presidente di Italia Nostra VCO, ha fatto il punto sulla complessità della fase di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in corso. La procedura dovrebbe concludersi entro 90 giorni dal suo avvio mentre di mesi ne sono passati già 35, contro i tre previsti, e ciò porta alla conclusione che il programma sia in stallo probabilmente per una griglia normativa entro la quale il programma di “Avvicinare le Montagne” possa essersi arenato.
Una situazione paradigmatica questa di “Avvicinare le Montagne” è stata definita da Rossella Muroni, deputata, vicepresidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera. Che non ha nascosto la prospettiva che il Recovery Plan possa diventare un viatico per questo genere di operazioni, auspicando peraltro che i tempi siano maturi per una discussione che impegni con i promotori le forze sociali e l’associazionismo.
Cambiamento culturale e dialogo per l’Alpe Devero
Domenico Finiguerra (Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio) invita a non ignorare quel “capitale naturale” che la Costituzione impone di tutelare al capitolo 9. Mentre va notata, secondo Federico Nogara (già funzionario dell’Unione Europea – Progetti LIFE), una scarsa consapevolezza a livello locale delle norme europee e in particolare della Direttiva Habitat di recente sottoposta a verifica.
Da varie voci si è poi levato on line l’augurio che quelle 100 mila firme offrano l’opportunità, come ha spiegato il professor Vittorio Cogliati Dezza (già presidente nazionale di Legambiente), di un incontro per costruire tutti insieme un progetto compatibile. Auspicio, questo, espresso anche dallo scrittore e giornalista Paolo Paci, direttore di Meridiani Montagne, che invita a riflettere su un fatto incontestabile: cancellare lo sci di pista rappresenta a tutt’oggi un’utopia, meglio non assumere atteggiamenti da talebani se non si vuole andare allo scontro. Uno scontro ormai inevitabile però, di cui quelle 100 mila firme non possono che costituire un chiaro preannuncio.
Sotto questo aspetto un altro scrittore e giornalista, Enrico Camanni, coltiva l’idea che sia arrivato il momento di affrontare un cambiamento culturale e non sia più il caso di ragionare sugli sport invernali come la gente li immagina e li pratica. Oggi la pandemia, ammonisce Camanni, ha insegnato che la montagna è fatta di tante altre attrattive che non si limitano a quella striscia di neve lavorata dai battipista.
E che la montagna dei turisti sia sempre meno “invernale” e quindi sempre più destagionalizzata lo ribadisce Vanda Bonardo, presidente di Cipra Italia.
Tra i giornalisti presenti, Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere della Sera, non esita a indicare con franchezza nella stampa la colpa di aver sempre raccontato la montagna invernale solo nell’ottica dello sci da discesa mentre dovrebbe farsi carico di promuovere una riconversione che porti a scoprire la montagna senza mezzi meccanici. Sull’unicità e insostituibilità del “modello Devero” si è soffermato Gigi Bellaria, bioarchitetto, che di quest’area delle Alpi Lepontine si dice innamorato. Un amore per questo incomparabile paradiso condiviso da tutti i partecipanti al simposio sapientemente condotto da Matteo Castella.
La posizione del CAI sull’Alpe Devero
Ma il momento saliente di questa appassionata cavalcata in difesa del Devero riguarda di sicuro l’attesa discesa in campo del Club Alpino Italiano. Il presidente Vincenzo Torti ha definito ormai matura la posizione del sodalizio in tema di sport invernali facendo riferimento al recente documento “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci”, che rappresenta la posizione ufficiale del Cai su queste tematiche.
“Non è con un progetto come “Avvicinare le montagne”, ha detto Torti, “che si deve guardare al futuro delle nostre montagne. Si tratta di una strada fallimentare e occorre imboccarne un’altra. Lo dimostrano le trecento aree dismesse e il calo accertato dei frequentatori degli impianti sciistici”.
“Immaginare dunque al Devero un ecomostro, come è stato definito da chi ha parlato prima di me, con la speranza di far arrivare un turismo di massa”, ha aggiunto Torti, “è una cosa di cui dubitare, e bisogna far capire che non è la strada giusta. Chi dovrà farsi carico di eventuali investimenti che si rivelino sbagliati?”. Non è mancata, durante l’intervento di Torti, la citazione dell’iniziativa dei “Villaggi degli Alpinisti”, che il Cai ha condiviso con gli amici austriaci. Sono realtà di montagna con una serie di caratteristiche certificate che le rendono dei borghi particolarmente accoglienti da tutti punti di vista. Offrono ospitalità, hanno un’accessibilità adeguata, ma soprattutto sono località dove tutto è a misura di una natura compatibile con l’uomo. Senza bisogno, s’intende, di avvicinare le montagne che stanno bene là dove sono. (Serafin)
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MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.
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