Sicuramente la funzione della maggior parte dei bivacchi è cambiata. Non tutti sono più “necessari” all’attività alpinistica, ma questo non significa che non vengano utilizzati. Il problema è il come. Ci si trova quindi a spostare il ragionamento dal principio di necessità a quello di rispetto e cultura del bene comune. Da qui dovrebbe scaturire un ragionamento attorno alla questione bivacchi.

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A cosa serve un bivacco? 

Prevedo caro Luca che potrebbe diventare alquanto animato il dibattito sull’utilità dei bivacchi in alta montagna. Ad aprirlo, tanto di cappello, è il periodico “Le Dolomiti Bellunesi”. “Il bivacco Fanton alla Forcella Marmarole. Riflessioni sull’utilità del nuovo bivacco” s’intitola l’articolo, a mio avviso molto opportuno e appropriato firmato da Luigi Baldovin Cervo. Ci si chiede se serve ancora costruire bivacchi alpini con tutti i problemi di manutenzione che comportano, spesso ridotti a immondezzai

In linea di principio so che ammetterai, caro Luca, che questo discorso sui bivacchi è davvero un bel ragionamento da fare. Tu stesso hai avuto occasione di osservare che chiama in causa non solo un principio di necessità, ma anche di rispetto e cultura del bene comune.

L’utilizzo dei bivacchi è cambiato

Il bivacco di montagna, osserva l’autore dell’articolo sulle “Dolomiti Bellunesi”, è nato con un concetto ben diverso dall’uso che viene concepito ai giorni nostri: la struttura veniva collocata in zone di un certo interesse alpinistico, oppure su percorsi e alte vie, dove la sua presenza era necessaria

“Trovare un bivacco o conoscere la sua esistenza, incentivava l’alpinista e lo stimolava, sapendo che alla sera lo attendeva e finalmente poteva riposarci in totale sicurezza”, spiega Baldovin Cervo.

“Ora però”, osserva, “è cambiato lo spirito e si tende ad andarci apposta nei bivacchi perché sono lì a disposizione, per trascorrere una serata diversa lasciando magari le immondizie in loco… Esiste poi il problema vandalico, ancorché minimo, ma basta uno di quegli scellerati individui per fare scempio dell’abitacolo tanto caro e necessario ad altri”.

Quanto al bivacco Fanton, risulta che sia “ben fatto, quasi eccessivo per la funzione che deve svolgere”. Ma nell’attuale contesto, ribadisce Baldovin Cervo, a che cosa serve? Sulla Forcella Marmarole non passa neanche l’Alta Via (n.5) che utilizza il bivacco Jau de la Tana. La Croda Bianca è subito lì e il Cimon del Froppa appena sopra. Probabilmente verrà utilizzato per un diversivo, per una serata in quota. Ovvero potrà servire se piove, ma chi va in montagna la pioggia la deve mettere sul conto”. 

Ricordo che certi bivacchi nelle Dolomiti sono stati di recente adibiti a show room di aziende di abbigliamento. Un bivacco è stato perfino installato per fare pubblicità a un Messner Museo nell’isola di San Servolo a Venezia in occasione di una Biennale d’arte. E inevitabile sorge la domanda: vale la pena di buttare via tanti soldi? Chissà se il Cai vorrà gentilmente affrontare lo spinoso argomento? 

Roberto Serafín

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3 Marzo 2022
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