Il 28 febbraio è morto Giorgio Redaelli, ne danno l’annuncio i Ragni di Lecco di cui faceva parte. Serafin ricorda così il “Re del Civetta”
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I Ragni piangono il “re del Civetta”
A scoprire il talento alpinistico di Giorgio Redaelli, scomparso il 28 febbraio a 87 anni in Valsassina dove viveva, fu il grande Riccardo Cassin quando decise di legarsi in cordata con quel “biondino”. Un’investitura in piena regola. Redaelli era di questi tempi entrato nella leggenda. A dare l’annuncio della sua scomparsa sono stati il 28 febbraio i Ragni di cui faceva parte. “Redaelli”, si legge nel comunicato, “fu testimone e protagonista di tante delle più belle imprese dell’alpinismo italiano negli Anni ’50 e ’60. Ha portato alla ribalta internazionale la generazione degli alpinisti lecchesi del dopoguerra, ed è stato un grandissimo interprete della stagione dell’alpinismo invernale. A lui va il nostro pensiero affettuoso e riconoscente”.
La scritta a caratteri cubitali sullo striscione che sventolava nell’aria limpida dei Piani d’Artavaggio in Valsassina (Lecco) dove Redaelli gestiva con la moglie Aurora un rifugio era perentoria e come fotografo non potevo lasciarmela sfuggire: “A Redaelli Giorgio dominatore di tutte le pareti della Civetta”. Gliel’avevano dedicata i tanti fan, rapiti dai racconti dei suoi “momenti di vita” consumati sulla gigantesca muraglia dolomitica.
Orgoglioso, Redaelli certo lo era. Ma era anche uomo di grande simpatia e come tale anch’io nel mio piccolo lo ricordo. Ma non si è mai sentito un protagonista questo alpinista lecchese tardivamente ammesso nella scelta pattuglia dei Ragni della Grignetta quando ormai era al crepuscolo di una luminosa attività. Memorabile rimane, nell’inverno del 1963 sul paretone del Civetta, la prima ascensione invernale della via Solleder-Lettembauer (una delle vie più famose dell’arco alpino, la prima via considerata di VI grado) con Toni Hiebeler e Ignazio Piussi.
In montagna come guida alpina Redaelli ci andò sino al 2005, anno nel quale, in compagnia di amici, salì la Torre Venezia a 50 anni di distanza dalla sua prima ascesa. Era una vera roccia anche se non quanto il suo “scopritore” Cassin che ci ha lasciati nel 2009 al compimento del secolo.
Roberto Serafin
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