Roberto Serafin ci accompagna in un simpatico excursus tra i soprannomi con cui sono conosciuti molti alpinisti, di alcuni dei quali quasi si scorda il nome all’anagrafe. Il gioco di rintracciarne nella memoria potrebbe andare avanti pressoché all’infinito… e voi ne ricordate altri?
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Dai Moschettieri a Gnaro
Sono conosciuti con soprannomi spesso bizzarri i campioni che eccellono nelle “conquiste dell’inutile”, come li definì il francese Lionel Terray. Si potrebbe cominciare dall’alpinista sloveno Silvo Karo di cui si parla in questo autunno 2022. Karo, insignito con il 14° Premio alla carriera Piolets d’Or, diventò una celebrità nel suo paese come “il moschettiere”. Gli altri due moschettieri erano Janez Jeglič e il più vecchio ed esperto Franček Knez. Curiosando qua e là, si scopre che il lecchese Daniele Chiappa, conquistatore del Cerro Torre e protagonista di eroici salvataggi in montagna, veniva chiamato dal suo capo spedizione Miro (Casimiro) Ferrari con il nomignolo Ciapìn. Un nomignolo che corrispondeva al diminutivo in dialetto lombardo del cognome. Era in effetti un espediente per distinguere Ciapin dall’altrettanto bravo fratello maggiore Roberto Chiappa.
Come tutti gli appassionati sanno, con il nome Manolo, variante spagnola di Emanuele, dall’ebraico Immanuele che significa “Dio è con noi”, è conosciuto l’immenso Maurizio Zanolla, pioniere dell’arrampicata libera, detto anche il Mago.
Tra i padri del “sassismo” negli anni settanta, prodigioso scalatore sui “buciun” della Val Masino, raffinato scrittore valtellinese con esperienze di “capanat”, Giuseppe Miotti è per tutti “il Popi”, nomignolo da pronunciare con la dovuta referenza.
Affettuosamente ribattezzato Rampikino quando trascorreva le giornate da ragazzino a scalare i sassi della Val Masino, il valtellinese Luca Maspes continua a sua volta a tenere fede al nomignolo con la sua aria birichina anche adesso che è un’affermata guida alpina, solerte scopritore di nuovi itinerari nelle Retiche. E come il collega Rampikino, Silvio Mondinelli, un re degli ottomila, si porta attaccato fin da piccolo il nomignolo Gnaro che nel dialetto bresciano significa ragazzino.
Qualcuno ricorda poi che lo spericolato ghiacciatore piemontese Giancarlo Grassi veniva chiamato Calimero. Che fosse perché per il suo fisico minuto faceva pensare al simpatico pulcino scavezzacollo dei caroselli pubblicitari?
Tra il Det e il curioso Butch: quelli di Lecco
A Lecco va premesso che è assai diffuso il cognome Mauri. Per questo motivo il celebre alpinista Carlo Mauri scelse Bigio come nome di battaglia che ritroviamo nelle storie dell’alpinismo. Tutti i concittadini del resto lo ricordano come Bigio. E così lo chiamava l’amico Walter Bonatti compagno di scalate nell’invernale alle Tre Cime di Lavaredo e nella conquista del Gasherbrum IV.
Sempre a Lecco una celebrità dell’alpinismo è il veterano Giuseppe Alippi, uno dei Ragni. Tutti però da sempre lo chiamano Det. Superata la soglia degli ottant’anni, gli amici gli hanno perfino dedicato il libro “Il grande Det” richiamando nel titolo il soprannome. “Sulla Via del Det” si intitola inoltre un film della regista Paola Nessi che racconta la storia dell’itinerario aperto da Giuseppe – Det sul Sasso Cavallo con Benigno Balatti, Gianfranco Tantardini e Ezio Molteni: un punto di riferimento nell’area delle Grigne per l’estrema difficoltà dei tratti in libera.
Occorre precisare che quel soprannome, Det, servì anche a distinguere Guseppe Alippi da Gigi Alippi, altra celebrità dell’alpinismo lecchese, compianto compagno di scalate e di spedizioni di Riccardo Cassin.
E poi lassù, ai piedi delle Grigne, chiamavano“Marna” Claudio Corti, un’altra celebrità dei Ragni dal carattere estroverso e generoso, che nel 1957 rischiò la vita sulla parete nord dell’Eiger. Ferito ed esausto, venne salvato ma non ci fu niente da fare per il compagno di scalata Stefano Longhi.
Quanto all’indimenticabile Marco Anghileri, altro lecchese di ferro, era a tutti noto con il nickname Butch, in inglese “maschiaccio” o meglio ancora “virile, coraggioso”. Per ciò che può valere, io lo ricordo come un simpatico giovane di talento dotato di estrema dolcezza, niente a che fare con leggendario pistolero Butch Cassidy portato sugli schermi da Paul Newman. Curiosamente tu mi segnali, caro Luca, che in origine Marco era per gli amici Bacc. Una contrazione di Baciccia. Poi, diventato una celebrità anche all’estero Anghileri decise che Butch suonava meglio o almeno così si legge nella biografia “La scala dei sogni” di cui è autore Giorgio Spreafico.
Rocce, macchine svizzere e scoiattoli…
Stavo per dimenticarmi, e chiedo venia, che il soprannome “Pan e pera” (pane e pietra) è rimasto impresso indelebilmente nel roccioso Ugo Manera, alpinista accademico torinese, che intitolò così la sua autobiografia uscita nella collana dei Licheni. Azzeccatissimo risulta poi, sempre a mio avviso, il marchio di fabbrica “Swiss Machine” che connota il compianto elvetico Ueli Steck, una vera macchina da arrampicata.
Per concludere questa mia rassegna sicuramente incompleta, più fantasiosi di tutti nell’attribuirsi stravaganti nomignoli mi sembrano gli Scoiattoli di Cortina, i celebri maglioni rossi. Ciascuno di loro è noto più con il soprannome che con il vero nome registrato all’anagrafe. A proposito. Vecio, Bibi, Bocia, Igi, Baa – così si fanno chiamare – hanno compiuto prodigi anche come soccorritori. Perché è noto che tutti questi Scoiattoli hanno in comune un grande cuore e non amano darsi troppa importanza.
Roberto Serafin
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