In un convegno organizzato dalla Società Italiana di Medicina di Montagna (S.I.Me.M.) in collaborazione con il TrentoFilmfestival e la Commissione Centrale Medica del CAI ci si è chiesto quali effetti ha lo stare in montagna sulla diffusione del Covid 19.
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Montagna e Covid 19
Oggi la trasmissione del virus responsabile della pandemia, soprattutto nelle regioni alpine, è legata al turismo o al movimento dei pendolari, oppure delle merci. Solo nelle zone non interessate dal turismo o con difficoltà nella rete viaria si sono verificati meno contagi. Lo ha osservato a Trento in occasione del convegno “Montagna e Covid 19” il medico Lorenza Pratali non senza osservare che la montagna è stata presa d’assalto nel corso della pandemia, mentre il turismo al mare si è ridotto.
Stare in montagna pare dunque più sicuro che altrove? Possibile che esista un ridotto contagio? Scontato che il Covid 19 salisse alla ribalta della storica rassegna trentina. Il convegno si è svolto per l’esattezza mercoledì 2 settembre 2020, in occasione del TrentoFilmFestival giunto alla sua 68esima edizione. L’evento era organizzato dalla Società Italiana di Medicina di Montagna (S.I.Me.M.) in collaborazione con il TrentoFilmfestival e la Commissione Centrale Medica del CAI. Ne riferisce in questi giorni in MountCity il dottor Giancelso Agazzi, segretario della citata commissione: uno scritto che, per la sua importanza, viene pubblicato nella sua integrità e di cui si raccomanda la lettura.
Spagnola e Covid 19
Lo stesso Agazzi ha presentato una relazione dal titolo “Ieri e oggi al tempo delle pandemie, la Spagnola in montagna: analogie e differenze tra passato e presente”. Si è così appreso che all’inizio dell’altro secolo l’influenza spagnola causò la morte di 350-600.000 vittime in Italia, quasi più di quelle provocate dalla Grande Guerra (650.000). Nel mondo ci sono stati circa 50 milioni di morti. Il 30% della popolazione mondiale si è ammalata. È stata, probabilmente, la più grande pandemia influenzale conosciuta dal genere umano.
Elementi che potrebbero sfavorire la diffusione del Covid 19
Quello che è certo è che lo stile di vita delle popolazioni d’alta quota è più attivo e più sano. Le malattie croniche sono meno diffuse. La presenza delle radiazioni UV in quota sembra inoltre inibire il virus come pure la qualità dell’aria più secca e rarefatta. Anche l’inquinamento ambientale è meno forte, l’aria è più pulita. La bassa densità della popolazione nelle zone remote potrebbe ridurre il contagio.
Molte sono le popolazioni che vivono sulle Ande, In Himalaya, In Etiopia e sulle Montagne Rocciose in alta quota. Qualcuno ha detto che in queste regioni del mondo ci sono stati meno casi di Covid 19. Numerose sono state le ipotesi fatte e le discussioni tra scienziati. Varie sono le variabili che sono state evidenziate. Le etnie che vivono in alta quota hanno geni diversi, ma il dato non è sufficiente per dire che le popolazioni sono protette contro l’attacco del virus.
Pressione antropica e Covid 19
Guido Giardini, responsabile dell’Ambulatorio di medicina di montagna dell’ospedale di Aosta ha in ogni modo sottolineato con una certa preoccupazione l’importanza della pressione antropica sulla montagna, considerata un’area salvifica per proteggere gli abitanti delle città dal contagio, attraverso l’uso delle seconde case.
Dopo che Franco Finelli, presidente della Commissione Centrale Medica del CAI ha fatto il punto sulle misure prese durante il lockdown per fronteggiare la pandemia, Francesco Marchiori, medico igienista di Verona, ha spiegato come l’ecosistema è costituito da due componenti in stretta relazione: gli organismi viventi e l’ambiente in cui vivono. L’attuale popolazione mondiale è di circa 7,7 miliardi di abitanti, che determinano un’enorme pressione antropica sull’ecosistema. Questo aumento, a causa dello stretto contatto uomo-organismi viventi, determina la probabilità di un passaggio di microrganismi da animali all’uomo.
Psiche e Covid 19: la montagna aiuta?
Ultima relazione è stata quella dal titolo “Covid, psiche e montagna”, presentata dallo psichiatra di Rieti Paolo Di Benedetto, che ha parlato di come affrontare e uscire dal drammatico periodo della pandemia.
Certo, l’incontro con il Covid-19 ha rappresentato un trauma, un evento imprevisto in grado di durare nel tempo, capace di provocare un forte disagio. Di fronte a una situazione di grande stress che ha richiesto una buona resilienza e dei buoni meccanismi di difesa per meglio superare il trauma può davvero essersi avvantaggiato chi vive in montagna e chi la montagna la frequenta con un impegno duraturo?
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