Le norme di sicurezza sanitaria pongono, nelle valli alpine e appenniniche, nuove sfide a tutto l’indotto del turismo. Tra difficoltà e opportunità si stanno cercando nuove soluzioni per rispondere prontamente e guardare avanti. Ci ragioniamo con con Maurizio Dematteis partendo da tre parole: prossimità, rifugi e responsabilità.
Qui puoi ascoltare la puntata completa del podcast di cui quest’articolo è un estratto
Prossimità
Il turismo di prossimità è ciò che tutti si aspettano caratterizzi l’estate delle nostre vallate alpine o appenniniche. Si tratta di un turismo che negli anni è sicuramente stato un po’ snobbato, sia da parte dei turisti sia da parte degli operatori, Di fatto però gli arrivi dall’estero quest’estate è sicuro che non ci saranno e quindi, giocoforza, il turismo di prossimità torna centrale e importante.
Chi in montagna lavora nell’indotto turistico si sta organizzando per affrontare quello che può essere visto come opportunità o vissuto come minaccia. Di sicuro sarà un’estate faticosa in cui molti lavoreranno per contenere le perdite. Sicuramente però, riflettono molti tra rifugisti, albergatori, gestori di b&b, ci sarà l’occasione per capire come instaurare un rapporto con questo turismo che avrà caratteristiche forse diverse: sarà concentrato nel fine settimana e avrà soggiorni più brevi. Chissà che non si possa trovare nuova linfa in questo turismo. Dal punto di vista di chi, non potendo organizzare viaggi in località remote, sperimenterà o ritornerà alla vacanza sulle montagne vicino a casa, chissà che non piaccia questa scoperta dei territori! Quello che Annibale Salsa chiama l’esotismo dietro la porta di casa.
La prossimità, pur con tutte le difficoltà e i problemi da risolvere per mettere in sicurezza i luoghi che accolgono e le persone che vengono accolte, può essere in prospettiva un’opportunità.
Rifugio
Tra i luoghi che in montagna fanno accoglienza senz’altro il rifugio è emblematico e centrale. Un luogo dove si sa che gli spazi sono ridotti e in cui spesso ci trova costretti ad ammassarsi: tutte situazioni a rischio in tempi di criticità sanitaria causata da un virus. I rifugisti però hanno prontamente reagito attivandosi per rispondere alle nuove difficoltà: il messaggio che vogliono lanciare è che, aspettando le indicazioni ministeriali, faranno di tutto per garantire la sicurezza ed essere pronti per quest’estate. Qualche rifugio, riducendo il numero di coperti, dovrà purtroppo lasciare a casa qualche collaboratore stagionale, però a forze ridotte sarà possibile perlomeno coprire le spese e andare avanti. Il mondo dei rifugi si sta interrogando sulle soluzioni da mettere in campo per garantire l’aperture rispettando le norme sanitarie. Ad esempio il rifugio Quintino Sella al Monviso si sta organizzando per posizionare tavoli esterni e dare la possibilità di mettere le tende. Il grosso problema da risolvere è il possibile accampamento all’interno in caso di improvviso temporale estivo. Sembra una banalità, ma si sa che oggi basta una foto fatta e postata in malafede per rovinare tanti sforzi e un’intera categoria…
Altro esempio. I rifugi delle valli di lanzo si sono attivati per fare un accordo commerciale con un la catena Le Roy Merlin per l’acquisto di tavole di legno da mettere all’esterno e coperture per evitare che i clienti debbano entrare nei locali interni in caso di pioggia.
Un ipotesi che viene fatta è che qualche rifugio, non sulle rotte escursionistiche più gettonate, potrebbe avere qualche vantaggio di riflesso per la maggior distribuzione del turismo dovuta al contingentamento dei clienti che possono essere ricevuti dalle strutture. In realtà, bisogna dire che già da tempo la cultura del turismo in montagna sta cambiando: il modello del turismo di massa anni ’60, è un modello superato. Il desiderio di ricercare ciò che un territorio può offrire è ben più presente, non si vuole più ritrovarsi tutti negli stessi luoghi per ricreare quello che si vive in città. Questo è un processo in corso già da un po’ di anni e quindi i rifugi erano ben avviati ad aumentare la propria attrattiva, anche quelli un po’ più defilati. Certamente, come si è detto, questa nuova necessità di distanza sociale, potrà essere un ulteriore incentivo a scoprire i luoghi un po’ meno frequentati.
Responsabilità
Per quanto si possa cercare di normare e vietare ciò che rimane indispensabile è sicuramente il senso di responsabilità. Anche in montagna. L’antropologo Marco Aime sostiene da tempo che non è di turismo responsabile che si dovrebbe parlare, ma di turista responsabile. È il turista che si può responsabilizzare, in quanto, alcune forme di turismo, non potranno mai essere responsabili, a causa, ad esempio, dei disequilibri che creano sui territori. Il turista invece può avere un approccio di tipo responsabile. Questa responsabilità del turista che va in montagna, non può più essere solo nei confronti dell’ambiente, ma deve comprendere anche l’ambito della salute, una responsabilità sociale nei confronti degli altri frequentatori della montagna e delle comunità che ci vivono. La responsabilità diventa più completa includendo anche in altri ambiti. Forse dopo aver parlato di turismo responsabile e di di turismo sostenibile… inizieremo a parlare di turismo sano: un turismo che rispetta non solo l’ambiente, ma anche le persone che incontra e che lo ospitano. Un turismo che sia, appunto, sano per i territori, per l’economia e per le persone.
Per approfondire
Il numero di Dislivelli.eu uscito su questi temi in questi primi giorni di maggio è sicuramente pieno di riflessioni e spunti interessanti che vale la pena di leggere e usare per ulteriori riflessioni.
RUBRICA A CURA DI:
L’Associazione Dislivelli è nata nel 2009 a Torino, dall’incontro di ricercatori universitari e giornalisti specializzati nel campo delle Alpi e della montagna, allo scopo di favorire l’incontro e la collaborazione di competenze multidisciplinari diverse nell’attività di studio, documentazione e ricerca, ma anche di formazione e informazione sulle terre alte.
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