Abbiamo seguito i territori montani durante il periodo emergenziale del Covid-19 per capirne gli impatti e raccontare le risposte della montagna all’emergenza. Ora, nei mesi post-emergenza, tra le tante difficoltà, vediamo concretizzarsi qualche opportunità anche in prospettiva per le valli che devono però attrezzarsi per accoglie un nuovo tipo di turismo. Come sempre ne abbiamo parlato con Maurizio Dematteis.
Qui puoi ascoltare il podcast con la chiacchierata su questi temi con Maurizio Dematteis
Post-covid
Con questa parola intendiamo ovviamente il post grande emergenza, non certo la fine del virus. Constatiamo infatti come il periodo emergenziale del Covid-19 sta avendo un’onda lunga sui territori montani fortemente vocati al turismo che hanno visto una grande trasformazione nella propria clientela. Altri territori invece, più marginali rispetto ai flussi del turismo, hanno avuto flussi importanti di persone alla ricerca di luoghi con meno assembramenti e dove si possa godere di tranquillità.
Questa situazione, se da un lato sta creando problemi nei territori molto infrastrutturali abituati ad accogliere masse di visitatori, dall’altra sta creando opportunità nei territori meno conosciuti dal punto di vista turistico. Anche in questi territori però bisogna dire che un certo turismo di prossimità del weekend può portare numeri non sostenibili, soprattutto perché spesso è un turismo veloce, mordi e fuggi, che lascia poco o nulla all’economi locale. Da parte di alcuni comuni c’è preoccupazione e si interrogano su come gestire questi grossi flussi molto impattanti su territori, ambiente, viabilità… ma che non usufruendo dei servizi offerti, non portano vantaggi.
C’è in realtà anche un altro tipo di turismo di prossimità a cui tutti cercano di aspirare: è quello di persone, che magari in alcuni casi conoscono anche poco la montagna perché fino ad oggi hanno preferito mete più esotiche, ma che ora decidono di scoprire territori vicino a casa. Queste sono persone con una discreta disponibilità economica e con un livello culturale medio alto, in grado quindi di apprezzare non solo l’aspetto naturalistico, ma anche la storia e la cultura di una valle alpina. Spesso si fermano qualche giorno in rifugio, piuttosto che in albergo o b&b dandosi quindi il tempo di scoprire e capire il territorio: è un tipo di turismo disperatamente cercato da quelle valli che avevano una forte componente di turismo straniero (si pensi a valli come la val Maria, ma anche a molte valli del Trentino). Se da una parte l’occasione è di riscoprire territori e culture vicino a casa, dalla parte di chi ospita la sfida è quella di imparare a raccontarli per accogliere questi nuovi turisti in modo da fidelizzarli rispondendo alla loro voglia di scoperta.
Nuova residenzialità
Si tratta in realtà di una categoria di turisti molto ampia e sfaccettata: c’è chi si ferma per qualche giorno, ma anche famiglie che potendoselo permettere e sfruttando le possibilità dello smart working, iniziano a vedere la montagna come luogo di residenza anche più lunga. Un fenomeno in atto soprattutto nelle valli più connesse alla pianura: le agenzie immobiliari stanno constatando un esplosione di interesse sia per la vendita che per gli affitti.
Sta capitando che diverse persone, potendo lavorare a distanza o comunque dovendo recarsi sul luogo di lavoro solo saltuariamente, cerchino di affittare per 4-6 mesi in un comune in montagna per andarci a risiedere temporaneamente, eventualmente anche con la famiglia. Anche i comuni hanno ricevuto tante telefonate per informarsi sui servizi, come la scuola, il medico, la farmacia… c’è la ricerca di abitare per almeno qualche mese l’anno dove la qualità della vita, l’armonia con l’ambiente, il rapporto con il territorio è migliore, per poi magari tornare in città in inverno. È un fenomeno che coinvolge ovviamente persone con disponibilità medio-alte, ma è un trend che può avere risvolti importanti sui territori montani.
Opportunità
Alcuni comuni vedono la residenzialità di persone che si trasferiscono diversi mesi accanto a quella di chi abita tutto l’anno come un opportunità. In questo modo i comuni riescono non solo a mantenere i servizi per tutti, ma anche a migliorarli. S pensi anche a servizi offerti da società private come può essere ad esempio quello della banda larga: un comune che incrementa i propri abitanti per una buona parte dell’anno diventa commercialmente vantaggioso per la società che deve portare la linea.
I comuni si stanno quindi adoperando per cercare di intercettare queste richieste di nuove residenzialità che porterebbero grossi vantaggi ai loro territorio. Certo non si parla di grandi numeri, però è un fenomeno che è in atto ed è molto interessante rilevarlo.
C’è quindi un’opportunità da cogliere sia per chi riscopre il valore di vivere in situazioni abitative più rarefatte e in armonia con il territorio, sia per chi dovendo gestire questi territori ha la possibilità di ospitare nuovi residenti per molti mesi l’anno. Certo sarebbe auspicabile una politica di sostegno multilivello che attui azioni che possano accompagnare questo fenomeno ad esempio con agevolazioni che guardino in modo differente alla seconda casa: avere persone che diventino abitanti di più territori sarebbe un vantaggio per tutti. Diventando abitante di un comune, anche per 5-6 mesi l’anno, una persona può anche portare il proprio contributo come cittadino attivo di quella realtà. Non più solo fruitore di un territorio, ma partecipe.
RUBRICA A CURA DI:
L’Associazione Dislivelli è nata nel 2009 a Torino, dall’incontro di ricercatori universitari e giornalisti specializzati nel campo delle Alpi e della montagna, allo scopo di favorire l’incontro e la collaborazione di competenze multidisciplinari diverse nell’attività di studio, documentazione e ricerca, ma anche di formazione e informazione sulle terre alte.
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