Raccolti e analizzati i datti il 2022 si è confermato come l’anno più caldo e secco: una combinazione di record terribile. Ma quest’inverno come sta andando? E il 2023 è iniziato un po’ meglio? Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana ci ha spiegato tutto.

Ascolta la puntata del podcast in cui si è parlato anche di questo

2022 anno record sia per il caldo sia per la siccità

Ad annata conclusa, il bilancio del 2022 ne conferma l’eccezionalità che si rendeva sempre più evidente man mano che passavano i mesi. E non solo a livello Alpino, ma su scala nazionale. Secondo le statistiche storiche del Cnr-Isac il 2022 si è evidenziato sia come l’anno più caldo nella serie con inizio 1800 (1,15 gradi sopra media dell’ultimo trentennio), sia l’anno più secco a parimerito con il 2017 con un deficit nazionale di precipitazione annua del 30% . È significativo aver vissuto nel giro di 5 anni i due anni più secchi. In alcune zone del nord il deficit di precipitazioni è stato addirittura ben peggiore della media nazionale. Nel caso di Torino, ad esempio, -65%! Nel 2022 a Torino sono caduti appena 310 mm di acqua.

Anche considerando tutto il continente europeo, il 2022 è stato il secondo anno più caldo poco dopo il 2020, ma abbiamo avuto l’estate più calda in assoluto superando anche quella del 2003! Anche in questo caso quello che impressiona di più è che quell’evento si sia ripetuto solo 19 anni dopo il caso del caldo estremo estivo del 2003, che fu ritenuto di portata millenaria,

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Anomalie di temperatura media annua 2022 in Italia: è stato un anno troppo caldo in tutto il Paese, ma soprattutto al Nord-Ovest,  (elaborazione del CNR-ISAC)

Come sta andando quest’inverno? E come è iniziato il 2023?

Sull’avvio del nuovo anno una buona notizia è che già dagli ultimi mesi del 2022 molte zone d’Italia sono tornate ad avere piogge abbondanti. Questo per alcuni in realtà è stato anche un problema perché in molti casi le piogge sono arrivate in maniera estrema (si pensi, uno su tutti, il disastro di Ischia del 28 novembre). Nell’insieme però, perlomeno per quanto riguarda i bacini tirrenici, l’arrivo di quest’acqua ha permesso di alleviare la siccità.

Anche al nord est di acqua ne è arrivata abbastanza, mentre il nord ovest ha continuato a rimanere una zona moto dimenticata dalle precipitazioni. Questo perchè, in particolare il Piemonte occidentale e la bassa Vale d’Aosta, quando soffiano i venti umidi da ponente come capitato con molta frequenza negli ultimi mesi, rimangono sottovento rispetto alle Alpi e quindi in condizioni o di foehn o comunque di precipitazioni molto modeste. In un certo senso per queste zone possiamo dire che si è messi peggio rispetto ad un anno fa. Infatti l’anno scorso di questi tempi, la siccità era appena iniziata, mentre ora, pur avendo una scarsità di precipitazioni sul singolo mese non così estrema, abbiamo alle spalle oltre un anno di siccità. L’effetto cumulativo sulle sorgenti, sulle falde, sulle portate fluviali è ancora più pesante.

A livello di innevamento nel complesso sull’arco alpino non siamo messi bene, seppur con zone più o meno fortunate. Intorno ai 2000 metri si viaggia con una media tra i 50 e gli 80 cm di spessore. Il Monte Bianco è tra le zone che sono state più fortunate perchè riceve abbondanti precipitazioni quando le correnti arrivano da ovest. Abbiamo anche più di 1 m di neve a 2000.

Altra zona fortunata in termini di neve, come lo è spesso, sono le estreme Alpi orientali, il trevigiano, le alpi Giulie. Al Rifugio gilberti a 1840 m di quota abbiamo 2,10 m di neve (dato 2 febbraio).

Invece su parte delle alpi piemontesi, del Gran Paradiso e su parte del Trentino soprattutto ale quote medio basse non c’è praticamente nulla. In Piemonte la situazione era un pò migliorata con la bella nevicata del 23-24 novembre che tra torinese, Monviso, e Alpi Marittime ha deposto anche più di mezzo metro di neve: alcune di queste zone non vedevano una così bella nevicata da un paio d’anni. Il paesaggio si è reso perlomeno più invernale, ma ci vorrebbe altro per attenuare oltre 12 mesi di siccità cumulata.

Per quanto riguarda gli Appennini ci sono zone che hanno ricevuto anche grandi precipitazioni. Fino alla metà di gennaio l’Appennino era completamente spoglio di neve, poi è arrivata una seconda metà di gennaio finalmente molto ricca di precipitazioni: ora siamo in una situazione più ordinaria di innevamento con anche quasi 1 metro di neve ai 1000 metri. Vedremo se le temperature di fine inverno ne permetteranno la conservazione.

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Il fondo dell’invaso artificiale di Ceresole Reale (1579 m, Valle Orco – Torino, Gran Paradiso), secco, privo di neve e soggetto a tempeste di polvere durante gli episodi di foehn, ha rappresentato un’icona della siccità e della carenza di innevamento (immagine del 27 febbraio 2022, f. Alessio Bertetto via nimbus.it).
In apertura, Valle Po (Monviso) a inizio 2023 (foto L.Serenthà)

Gennaio di ghiaccio? No, anzi…

Come accade spesso, anche nelle ultime settimane molti media hanno esasperato i toni parlando di “gennaio di ghiaccio”, di “gelo siberiano” e titolo simili. In realtà sono arrivate abbondanti nevicate, come abbiamo detto, in alcune zone, ma quanto a temperature siamo di fronte ad episodi del tutto ordinari.

Si pensi che in pianura Padana a stento si è arrivati ai -5 gradi nelle campagne più fredde: valori tutt’altro che straordinari. In realtà in gennaio se ci sono state anomalie termiche sono state positive, non negative. Infatti solo le ultime due settimane di gennaio un po’ più fredde hanno impedito al gennaio 2023 di essere il più caldo in assoluto. Il periodo tra Natale e l’Epifania è stato di gran lunga il più caldo mai osservato in tutto il nord Italia superando a volte anche di 2-3 gradi il record precedente. Questo per il continuo apporto di aria temperata e umida marittima che ha reso i cieli molto grigi ma le temperature moto miti.

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Società Meteorologica Italiana

La Società Meteorologica Italiana è la maggiore associazione nazionale per lo studio e la divulgazione di meteorologia, climatologia e glaciologia. È un’associazione scientifica senza fini di lucro e opera su tutto il territorio nazionale conservando stretto legame con la Società Meteorologica Subalpina che ne è socio fondatore nel territorio alpino occidentale, Francia e Svizzera incluse. SMI  promuove ed incoraggia lo sviluppo e la conoscenza delle scienze dell’atmosfera in Italia. Appartiene a UniMet (Unione Meteorologia Italiana) ed all’European Meteorological Society.

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