Partiamo dal numero speciale di Dislivelli.eu con le opinioni di Enrico Camanni, Paolo Cognetti, Franco Michieli, Giorgio Daidola, Gabriele Gallo, Maurizio Dematteis, Luca Mercalli e Cipra Italia (con la presidente Vanda Bonardo) per una riflessione più ampia e profonda sul turismo dello sci.
Qui puoi scaricare il numero speciale di dislivelli.eu
Turismo dello sci: Covid 19 ha fatto perdere la fantasia?
Forse uno degli effetti collaterali del Covid 19 è l’abbassamento delle capacità di immaginare soluzioni alternative a quelle fin qui percorse. Altrimenti detta fantasia. Non voglio proporre un nuovo studio a qualche centro di ricerca, ma è quello che d’istinto mi viene da pensare assistendo al dibattito un po’ assurdo sull’apertura degli impianti e sul turismo dello sci. Fatico a scorgere fantasia, immaginazione costruttiva. Il nostro Roberto Serafin settimana scorsa aveva usato l’immagine dei capponi manzoniani che, in mano a Renzo, non trovano nulla di piò utile da fare che beccarsi tra loro.
Ieri, fortunatamente, è uscito un numero speciale della rivista Dislivelli.eu con alcuni autorevoli pareri. Otto articoli assolutamente da leggere e utilizzare come punto di partenza per delle riflessioni, per non farsi intrappolare dal pensiero che il problema sia decidere “se, come e quando” aprire gli impianti. O meglio, che la soluzione ai problemi della montagna possa essere contenuta in una delle risposte a questi dubbi.
Turismo di massa solo in pausa?
Mi viene il sospetto dell’abbattimento del livello medio di fantasia perché, invece, sui media nazionali sembra semplicemente proporsi la soluzione di una pausa al turismo di massa e industriale. Una volta passata la pandemia, ecco che potremo rischiacciare PLAY e il sistema, oliato e perfettamente funzionante riparte. Ma non è così! Il modello turistico della neve industriale, quello che ha bisogno grandi numeri concentrati nei comprensori e certezze sulla continuità del servizio, indipendentemente dalle condizioni meteo-climatiche, non funzionava già prima. Quindi mi sento di dire, senza consultare nessun neurologo, che la mancanza di fantasia fosse già presente nelle proposte dell’industria del turismo anche pre-covid.
Infatti dice bene Enrico Camanni nell’introdurre lo speciale di Dislivelli.eu: “Sono molti anni che Dislivelli, senza acredine e senza pregiudizio, mette in dubbio le scelte unilaterali dell’industria dello sci di massa, sostenuta da ingenti finanziamenti pubblici (cioè dai soldi di quei pochi cittadini che sciano e di quei tanti che non sciano affatto), che come tutte le industrie dai piedi pesanti non è in grado di adattarsi ai cambiamenti (climatici, economici, estetici), ma cerca con insistenza, talvolta con violenza, di adattare il mondo alle sue esigenze di sviluppo illimitato.”
La fatica di immaginare una montagna oltre il turismo dello sci
Il dubbio è che si faccia davvero fatica ad immaginare l’esistenza di un modello diverso rispetto a quello del turismo di massa. Concentrando tutta la questione sulla diatriba se la montagna può resistere o meno ad una stagione con gli impianti chiusi, si continua ad alimentare l’immagine di quel modello. Che poi è l’esatto parallelo dei bagni e delle discoteche per il mare. Il problema è il turismo di massa e industriale ovunque lo si applichi.
Su Dislivelli.eu ripete ancora una volta Paolo Cognetti: “le piste da sci stanno alla montagna come le spiagge a pagamento stanno al mare. Al mare si può nuotare, passeggiare, andare in barca, sedersi su uno scoglio a leggere un libro, trovarsi una spiaggia libera e fare tante altre cose che non siano affittare un ombrellone e una sdraio fino all’ora di andare al bar, e così in montagna. Si può camminare sulla neve o sui sentieri, vagabondare per i boschi o sedersi al sole, si può ciaspolare e perfino sciare dove non serve il biglietto e non c’è la funivia: strano a dirsi, ma lo sci non è nato sulle piste.”
In effetti capisco che chi non ha mai sperimentato una montagna diversa faccia fatica ad immaginarla, figuriamoci capire come e dove fare a viverla. Io ho visto per la prima volta il mare da grande. Per me fino ad allora era difficile pensare un immagine diversa rispetto a quella proposta dai telegiornali in estate. Grazie a mia moglie ho invece scoperto e imparato ad apprezzare, zone d’Italia vicino alle coste, che offrono la possibilità di godersi una natura unica. Anche la montagna, va proposta e raccontata diversamente, se no ci si infila in un sistema senza via d’uscita.
Intestardimento sul turismo industriale
Eppure si continua a spingere sul turismo industriale ignorando ogni dubbio sull’opportunità di investimenti pubblici e privati (ma dubito che i secondi ci sarebbero senza i primi). Nessun problema se gli investimenti pubblici avessero la prospettiva di creare benessere diffuso e ricchezza (non solo economica) sul territorio migliorandone il futuro. Investimenti appunto. Invece il paragone più azzeccato con quello che avviene è quello di Franco Michieli, il quale evidenzia la risonanza con le scelte assurde di alcune civiltà del passato che le hanno portate poi all’estinzione.
Non si tratta quindi di pregiudizio contro lo sci di un manipolo di ambientalisti che soffrono di demofobia, ma, se vogliamo limitarci alla sfera economica, di un modello di business che non regge e che la pandemia rischia di protrarre anziché spingere a mutare. Anzi, non la pandemia, ma i contributi a pioggia atti a mantenere lo status quo. Lo spiega bene l’economista Giorgio Daidola nel suo contributo allo speciale di Dislivelli.eu.
Certo ci sono molti posti di lavoro che dipendono più o meno direttamente dallo sci, ma non è continuando a impedire la conversione e l’adattamento di quell’economia che si fa il bene della montagna e di chi ci vuole vivere. Infatti si parla da anni di riconversione e non di spazzare via un modello per impiantane un’altro. Quanto sarebbe tornato utile ora, essere già più avanti con questo cambio culturale!
Uno sforzo per una montagna con più fantasia
Tanti però sono gli spunti di riflessione sul tema che emergono in questi giorni qua e là, oltre al numero speciale di Dislivelli.eu, in ordine sparso sui social, sui blog, in qualche evento on-line e altro ancora. Significa che in molti hanno voglia di ragionare anziché fare bagarre e (se è vero che la speranza è l’ultima a morire e quindi sopravviverà al Covid-19) questo ci spinge a guardare avanti con ostinata fiducia. Perché se, come scrive Maurizio Dematteis, “oggi c’è bisogno di uno sforzo comune, a tutti i livelli, europeo, nazionale e locale, pubblico e privato, per mettere in campo strategie di differenziazione dell’offerta turistica accanto allo sci, nella stazioni ancora vitali”, tutti dobbiamo essere pronti a fare la nostra parte.
Noi Fatti di Montagna proviamo adoperarci a raccontare la montagna che, pur nelle difficoltà, si pone come modello sostenibile di vita. Un modello che può essere utile, questo sì, a tutti, indipendentemente da dove si vive o si passano le vacanze. Vogliamo anche dire con forza che la montagna non apre e chiude con le stagioni sciistiche e le vacanze ferragostane, ma è sempre bella e sempre godibile.
Ma in montagna la fantasia c’è ancora!
Questa può essere la nostra parte di cittadini capaci di leggere e pensare, ma c’è chi la propria parte la sta già facendo da tanto tempo. Sono le tante persone che hanno deciso di investire su altri modelli scegliendo di vivere in montagna, riattivando tessuti economici e sociali. Ne ho personalmente conosciuti molti e molti di più sono quelli di cui ho sentito raccontare: donne e uomini, moltissimi giovani, che si reinventano con fantasia le soluzioni per vivere nelle terre alte, mantenendo viva la montagna a vantaggio di tutti.
Forse la fantasia, quella propositiva e costruttiva, c’è ancora ed è in possesso di persone credibili che sanno perfettamente che la montagna esiste oltre allo sci. Ci sarebbe solo bisogno di direzionare meglio i microfoni per sentire la loro voce.
RUBRICA A CURA DI:
Sono colui che tiene le fila di quest’intreccio di idee, contenuti e competenze che è Fatti di Montagna. In un certo senso, essendone l’ideatore potrei anche definirmi come primo (cronologicamente parlando) partner. Ci tengo che si capisca che Fatti di Montagna non è il mio blog, ma uno strumento che serve per raccontare la montagna.
Scheda partner
L’evoluzione atmosferica ha gia’ da anni trasformato lo sci per mancanza di neve . Molte delle stazioni sciistiche di quota insufficiente sono , o saranno presto , obsolete . I costi dell’ innevamento artificiale saranno presto troppo elevati per giustificarne l’utilizzo . Questa polemica vuota su aprire o meno gli impianti evidenzia soltanto un problema già attuale …
Solo con un utilizzo più “umano” del turismo invernale potrà guardare positivamente all’economia montana.