I recenti tragici eventi sul Monte Bianco hanno riportato in evidenza nelle cronache il fenomeno del crollo dei seracchi. Serafin racconta alcuni esempi per ricordare come la caduta dei seracchi sia un fenomeno insito da sempre alla loro natura e ci segnala alcuni importanti approfondimenti per capire meglio pericoli e rischi legati alla via di salita al Monte Bianco che passa sotto la seraccata del Tacul.

Bianco e Tacul da rif. Torino Seracchi imprevedibili nella loro prevedibilità
Bianco e Tacul dal rifugio Torino (ph. Serafin)
In apertura il Mont Blanc du Tacul (foto tratta dall’articolo pubblicato su alpinemmag.fr

Chiusura della via al Monte Bianco

Fascino e rischio dell’Aiguille du Tacul (4284 m). In questi giorni è stata chiusa la via del Monte Bianco in cui è avvenuta di recente una sciagura con un morto, due dispersi e quattro feriti per la caduta di un seracco. L’angosciosa esperienza è stata condivisa in questi anni da decine di alpinisti, non tutti sfuggiti a un’analoga catastrofe.

La caduta del seracco è avvenuta lungo la via normale dei Trois Mont-Blanc, sul versante francese. La via di ascensione interessata dal distacco è ora chiusa dalle autorità savoiarde e molti si chiedono se tale provvedimento non andasse preso prima. È infatti da tempo che la processione delle formichine che disciplinatamente salgono verso questa “aiguille” tanto frequentata si accompagna a grandi rischi, evitabili con una “sana” rinuncia.

Ricordi di rinunce e racconti di crolli di seracchi

Ricordo che mi colpì quella folla che saliva, uno spettacolo straordinario visto dall’Aiguille du Midi dove ero salito a godermi il panorama. Ricordo che quella visione indusse la mia guida a rinunciare alla salita. La voglia mi era passata e non finirò mai di ringraziarlo.

Erano i primi anni del millennio. Pochi anni dopo, il 23 agosto 2008, il giornale radio diede notizia di otto alpinisti austriaci impegnati nella salita al Tacul che, travolti dal crollo di un seracco, non tornarono più alle loro case.  

La storia non si ripete, ma le sciagure in montagna hanno il vizietto di riproporsi tali e quali. Un amico alpinista, a suo tempo consigliere centrale del Cai, mi raccontò di essere scampato a uno di questi crolli, uno dei tanti, mentre compiva la traversata del Bianco dal Rifugio Cosmiques al Gouter attraverso il Tacul e il Maudit. 

Dopo essersi documentato sui possibili percorsi, il mio amico scelse quello che gli sembrava il più sicuro e, nel contempo, particolarmente suggestivo. 

Sicuro? In base al suo racconto, alle tre di notte, improvvisamente il silenzio venne lacerato da urla da lui definite impressionanti che si ripetevano cordata in cordata. Il mio amico ebbe appena il tempo di vedere la barriera di neve che sobbalzava impetuosa sul pendio “come un’onda marina nel suo precipitare esplosivo”. Poi la massa di neve gli precipitò addosso e lo invase il senso della morte, della fine ineludibile. Per sua fortuna lentamente, frastornato, potè tornare al rifugio barcollando, cercando di controllare la nausea…

Ma con quanti alpinisti il Tacul è stato finora altrettanto clemente? Nemmeno un suo vicino di casa, il Maudit, ha usato una particolare clemenza con i tanti che lo hanno scalato. Nel luglio del 1972 una sciagura entrò nella storia di questa vetta. Persero la vita nove alpinisti, e altrettanti furono i feriti. 

img 1 Seracchi imprevedibili nella loro prevedibilità

“Le cadute di seracchi possono verificarsi in qualsiasi periodo dell’anno e in qualsiasi momento della giornata. Non sono legate alle condizioni termiche ma alle condizioni meccaniche del ghiacciaio in movimento.”

Così spiega il geologo Ludovic Ravel presentando questo studio utile a capire la dinamica dei seracchi. È di libera lettura e anche se non conoscete il francese ve la potete cavare abbastanza bene con a traduzione automatica.

L’altro interessante articolo citato da Serafin, richiede l’abbonamento ad “Alpine magazine” per la lettura completa.

Immagine tratta da “Ascension du mont Blanc (4808 m) : quels risques prend-on dans le Grand Couloir du Goûter et dans la face nord du mont Blanc du Tacul?”

Le cadute di seracchi possono verificarsi in qualsiasi momento del giorno e dell’anno

Come ogni estate si parlò di “montagna assassina” anzi di montagna maledetta. La sciagura avvenne alla base del Maudit, una delle cime minori del Monte Bianco. E come ogni estate gli esperti o presunti tali vollero dare spiegazioni dell’accaduto nel tentativo, tutto umano, di razionalizzare il pericolo, di allontanare la paura e di cercare disperatamente le motivazioni. 
Eppure in quel caso tutto appariva perfetto o quasi: le vittime erano alpinisti esperti, la guida era tra le più conosciute a livello europeo. Ed erano partiti presto dal rifugio, la temperatura era abbondantemente sottozero, non vi erano stati apparenti errori tecnici. Fu la caduta di un seracco, imprevedibile nella sua prevedibilità, a provocare l’incidente.



Ma possiamo eliminare il pericolo? Possiamo arrivare al rischio zero? Ovviamente no. E il Tacul è oggi più che mai sotto osservazione. Lo dimostra l’inchiesta che gli dedica, con grande tempestività alla luce del recente distacco tra il 4 e il 5 agosto, il settimanale francese on line “Alpine Magazine”. 

La parola spetta nella cronaca al geomorfologo (e membro della compagnie des guides de Chamonix) Ludovic Ravanel che spiega come mai le pareti del Tacul hanno causato decine di vittime dall’inizio del millennio a oggi. Gli studi compiuti lasciano comprendere secondo lo studioso il perverso meccanismo dei ghiacci là dove i seracchi sono maggiormente esposti ai crolli. “Informazioni cruciali”, osserva saggiamente Ravanel, “per una cima tanto frequentata”.

In conclusione, avvertire a Chamonix il ronzio di un elicottero non è quasi mai beneaugurale. E avvistare il velivolo mentre raggiunge il Col du Midi indica a colpo sicuro il motivo del suo impiego: una valanga al Tacul. È ragionevole andare avanti così? La risposta, qualsiasi essa sia, non è ne banale, ne scontata.

Roberto Serafin

13 Agosto 2024
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RUBRICA A CURA DI:
Luca Serenthà

Sono colui che tiene le fila di quest’intreccio di idee, contenuti e competenze che è Fatti di Montagna. In un certo senso, essendone l’ideatore potrei anche definirmi come primo (cronologicamente parlando) partner. Ci tengo che si capisca che Fatti di Montagna non è il mio blog, ma uno strumento che serve per raccontare la montagna.

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