Nella sua selezione settimanale Serafin ci parla del problema (non nuovo) dei cinghiali: purtroppo squilibri generano altri squilibri. Un’ultima proposta d’intervento sembra essere quella con un vaccino “immuto contraccettivo”. Altri tipi di problemi sono invece i motori di auto o moto che reiteratamente si portano a rombare sulle piste in manifestazioni poco adatte ai luoghi. Infine un po’ di bellezza al Forte di Bard con una mostra fotografica internazionale da non perdere.
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È ora di pensare al vaccino anti cinghiali
Riusciremo mai a liberarci dei cinghiali? In questi giorni è di grande attualità il vaccino “immuno contraccettivo” GonaCov. È importante parlarne, credo. Niente a che vedere con il Covid 19. L’obiettivo è di contrastare la proliferazione dei cinghiali. Leggo l’11 febbraio che saranno tra gli 8 e i 10 mila i cinghiali che dovranno essere abbattuti nella zona rossa della peste suina in Liguria e Piemonte. Il compito toccherà probabilmente ai cacciatori che – anche questa è una notizia fresca – dovranno rinunciare alla prossima stagione venatoria.
Ma facciamo un passo indietro. Tra i fascicoli che si sono materializzati nella legge di bilancio è comparsa la cifra di 500mila euro per sperimentare il vaccino “immuno contraccettivo” di cui sopra. GonaCov a quanto si apprende è un vaccino sviluppato dal Wildlife Services, programma del dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Si tratta di un sistema di sterilizzazione della fauna selvatica che consente di controllare la popolazione animale andando ad agire sulla fertilità.
Se da un lato il vaccino sarebbe un modo per poter risolvere i conflitti uomo-natura senza dover ricorrere alla doppietta, dall’altro proseguono gli studi per accertare i livelli di stress ed eventuali traumi fisici riportati dagli animali catturati per essere vaccinati. Il farmaco risulta somministrabile solamente tramite iniezioni e quindi prevede la cattura fisica del colpevole “untore”. Compito non facile come si è visto qui a Milano, dove un branco di cinghiali è stato recuperato dal Naviglio Grande, manovra che ha impegnato le associazioni animaliste, i carabinieri, i vigili del fuoco per questa che è stata definita “una naturalità dimenticata” e con la quale dovremo fare a lungo i conti.
Rombo di motori e piste da sci
L’urlo lacerante della F1 munita di catene pilotata dall’olandese Max Verstappen si diffuse nel 2016 sulle piste innevate di Kitzbühel. Un exploit di dubbio gusto, ma alcuni giornali sembrarono ugualmente sorpresi e compiaciuti. Seguirono, immancabili, i commenti scandalizzati in Facebook: spettacolo indegno, si scrisse, non c’è limite al peggio.
Verstappen, oggi sugli altari della Formula Uno, fornì la sua F1 di catene da ghiaccio. Davanti a lui il candore delle piste che avrebbe violato con il contributo di un popolare energy drink. Poi giù sulla pista a tutta birra, anzi a tutto drink.
Be’, occorre ammetterlo: il 23 gennaio di quel 2016 non mi sottrassi al coro degli indignati. Quella volta l’exploit avvenne sulla mitica Streif dove ogni anno si corre una delle più spettacolari e seguite discese libere di Coppa del mondo di sci alpino.
Per quel che conta, occorre ripeterlo fino alla noia: trasformare le montagne invernali in autodromi non appare cosa di buon senso. Un vero campione non dovrebbe farlo e chissà che il bravo Verstappen non ci ascolti e faccia un po’ di green washing come si usa dire.
Ma al peggio non c’è limite. Mi viene il voltastomaco se penso che in marzo si annuncia in Pusteria anche una gara con rombanti motociclette che si inerpicheranno lungo le piste di sci nel silenzio delle foreste. L’ennesimo oltraggio alla montagna invernale. “Harley & Snow” s’intitola l’evento in programma dall’11 al 13 marzo nel comprensorio Valles/Gitschberg Jochtal con il sostegno dell’associazione turistica locale. Scontata è la reazione delle associazioni ambientaliste, scontato che l’evento si farà con grande giubilo degli albergatori.
Cento capolavori al Forte di Bard
Cento immagini per raccontare la natura. È il “Wildlife photographer of the Year”, il riconoscimento fotografico promosso dal Natural History Museum di Londra che torna al Forte di Bard in Valle d’Aosta con la sua 57ª edizione. Fino al 5 giugno si possono ammirare i migliori scatti selezionati tra oltre 50 mila fotografie di autori provenienti da 95 Paesi. L’immagine vincitrice assoluta è “Creation”, realizzata dal biologo francese e fotografo subacqueo Laurent Ballesta.
Lo scatto ritrae un branco di cernie che nuotano in una nuvola lattiginosa nel momento della deposizione delle uova a Fakarava, Polinesia francese: un momento unico, che si verifica solo una volta all’anno, durante la luna piena di luglio, e sempre più raro dato che la specie è in via di estinzione, minacciata dalla pesca intensiva. La laguna polinesiana è uno dei pochi posti in cui questi pesci riescono a vivere ancora liberi, perché è una riserva e per fotografarli l’eccellente Ballesta si è appostato ogni anno per 5 anni assieme a tutto il suo team.
L’altro ambìto premio del concorso, il Young Wildlife Photographer, è andato invece a Vidyun R Hebbar, un bambino di 10 anni di Bengaluru, in India, che ha scattato una spettacolare foto di un ragno all’interno di una fessura in un muro. Cinque i fotografi italiani premiati: il valdostano Stefano Unterthiner ha vinto la sezione “Comportamento dei mammiferi”; menzioni speciali sono state conquistate invece da Mattia Terreo (Under 10 anni), Giacomo Redaelli (15-17 anni), Georg Kantioler (Urban Wildlife) e da Bruno D’Amicis (Fotogiornalismo). Usando il linguaggio usato dalla Guida Michelin per consigliare i migliori ristoranti, vi preciso che questa mostra si merita un viaggio. È anche un’ occasione per visitare il magnifico Forte di Bard.
Qui tutte le informazioni per visitare la mostra a Bard fino al 5 giugno 2022
Roberto Serafin
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