In molti si sono interrogati sul senso delle Olimpiadi Invernali a Pechino dove tutto sembra assolutamente finto… ma forse ci si dovrebbe ancor più interrogare sul senso di un evento affetto da gigantismo come le Olimpiadi in territori fragili come le Alpi.

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Neve finta e montagne finte. Eppur si scia

Vorrei aprire il nostro appuntamento settimanale con gli amici “fatti di montagna”, caro Luca, con una battuta del compianto Cesare Maestri. A proposito di settimane bianche, il famoso ragno delle Dolomiti si disse convinto che anche Riccione avrebbe potuto vantaggiosamente ospitarle se solo in riva all’Adriatico ci fossero state delle piste di sci. Aveva il gusto del paradosso il Cesare, ma credo che ci avesse azzeccato. In questi giorni ci si chiede sui social a proposito dei Giochi invernali di Pechino se quei ridicoli montarozzi ricoperti di neve artificiale dove si gareggia con sci e tavole non siano a loro volta artificiali. 

Be’ io credo che non ci sarebbe niente di male se anche fossero finti. Mi permetto di ricordare che Sochi, sede dei Giochi nel 2014, sta a livello del mare e poi vi hanno fatto impianti a due ore di distanza. Pyeongchang (Corea del Sud), sede dei Giochi nel 2018, è invece a 700 metri sul livello del mare, ma che cosa cambia? In quel caso il problema fu di salvare una foresta di 500 anni in cui vivono specie in via d’estinzione, o in alternativa di raderla al suolo per farci una pista per le Olimpiadi. Ho il fondato sospetto che si sia sacrificata la foresta, tu che cosa ne dici?

Concorderai, caro Luca, che ormai la neve non è tutto per chi scia. Noi che siamo cresciuti con il pallino dello sci non vedevamo l’ora di saggiare la sabbia del deserto e vedere che effetto fa scendere dalle dune in cortoraggio. Personalmente mi tolsi lo sfizio in Marocco con la brava guida alpina Alberto Re. Appena fummo scesi dalle nevi (quelle si autentiche) dell’Alto Atlante, Alberto ci condusse sulle dune a sciare e va riconosciuto che non fu un’esperienza esaltante.

Ricordo che durissimo fu qualche tempo fa il presidente del Coni Malagò con chi sosteneva e ancora sostiene che le Olimpiadi invernali non si possono fare in città che non siano in montagna. “Non sa di che cosa parla” ringhiò Malagò. Milano, dove notoriamente le montagne si possono solo guardare con il binocolo, non sembra avere complessi per il suo filo diretto con Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026. Si è anche appreso che in riva al Canal Grande c’è chi si mangia le mani per non aver candidato Venezia e la sua laguna per i prossimi giochi invernali. 

Credo che tu abbia ragione, caro Luca, è proprio il gigantismo di questo evento che ormai lo renderebbe incompatibile con i territori alpini. Ma nel 2026 le Olimpiadi le avremo in casa con i disastri annunciati a Cortina di cui già abbiamo parlato. (ndr: si segnala un interessante approfondimento della Cipra a tal proposito)

Per concludere, chi non ha capito che cosa c’entri Pechino con le Olimpiadi invernali  dovrebbe tenere presente un fatto incontestabile: il numero degli sciatori cinesi ha raggiunto i 13.2 milioni nel 2018 (9.6 milioni in più rispetto al 2015, dati China Ski Industry White Paper). Alla fine del 2019 sono stati superati i 15 milioni. Sono cifre straordinarie per un popolo che fino a pochi anni fa non sapeva praticamente nulla di sci. E che ora intende recuperare il tempo perduto. 

Roberto Serafin

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17 Febbraio 2022
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