Aspetti diversi di uno stesso problema che potrebbe avere, almeno in teoria, sull’altra faccia della medaglia scritta la parola “opportunità”. Ma quali sono le condizioni perché questa opportunità esista per chi vuole salire in alto, per chi in alto già ci abita e per i territori che ospitano (o ospiterebbero) gli uni e gli altri? Serafin ci propone da leggere per una riflessione: “Via dalla città” di Maurizio Dematteis, Salire in montagna di Luca Mercalli e un articolo di Franco Arminio.
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“Via dalla città” per “Salire in montagna”
Fuggire dalle città? Molti se lo chiedono, vero Luca?, e sull’argomento il nostro amico Maurizio Dematteis ha scritto un libro appassionante e documentatissimo. La montagna secondo il climatologo Luca Mercalli è una delle vie da percorrere per sottrarsi al riscaldamento globale. Mercalli lo racconta in un libro diventato un best seller (“Salire in montagna”, Einaudi). Per ottenere lo scopo, precisa però il suddetto Mercalli, occorrono tecnologie sostenibili ed efficienza energetica. Solo così si ottiene una vita piú contemplativa e meno competitiva.
Si tratta ad avviso di Mercalli della riscossa del territorio “minore”. Non sembra però che l’immagine del territorio “minore” esca in modo soddisfacente dalle pagine del settimanale L’Espresso del 28 novembre 2021. Al contrario. Mi ha colpito il titolo del servizio, “Nelle terre desolate”. La penna è quella collaudata di Franco Arminio. Poeta, scrittore e regista, lui si definisce “paesologo”.
Franco Arminio, il ripopolamento della montagna che non funziona
Sono più di vent’anni che Arminio si occupa di questi temi. È da un buon pulpito che proviene quindi la sua denuncia sull’Espresso. Denuncia che riguarda, sono parole sue, “la falsa narrazione del buon vivere, la diserzione della politica e quella degli intellettuali”. Si è tentati di dedurre che non dica il vero chi oggi celebra con enfasi la vita in campagna. Come la mettiamo allora con l’americano John Muir, il fondatore del Sierra Club, che più di un secolo fa negli Stati Uniti invitava i compatrioti “a spezzare le catene e andarsene in montagna”?
L’inizio dell’articolo sull’Espresso è in ogni modo folgorante. “In Italia negli ultimi decenni”, scrive il paesologo, “l’unico progetto di ripopolamento che ha funzionato è stato quello dei cinghiali”. Arminio invita chi non si fida delle statistiche a valutare la situazione facendosi un giro. “Quanto arrivi in un paese”, scrive, “non vedi la miseria, vedi qualcosa che si potrebbe riassumere in questo modo: c’era una volta la desolazione della miseria, adesso c’è la miseria della desolazione”.
Va ricordato che contro lo spopolamento nelle Alpi e negli Appennini l’extrema ratio per i piccoli Comuni è stata finora quella di mettere in vendita case ormai fatiscenti a prezzi stracciati. Un euro è quanto chiede o chiedeva Oyace (Aosta), paese di 200 abitanti. Case in vendita a un euro sono state offerte anche a Borgomezzavalle, comune della valle Antrona, una laterale dell’Ossola. A Carrega Ligure in Alta Val Borbera in provincia di Alessandria una decina d’anni fa il progetto “Case a 1 euro” avrebbe dovuto arrestare il degrado. Non fu così, purtroppo.
Fondamentale resta anche per Arminio il patrimonio abitativo. “I paesi” scrive sull’Espresso, “sono musei delle porte chiuse. Mediamente su dieci case, otto sono vuote. Il problema è che non tutte sono prontamente abitabili. Allora lo Stato dovrebbe acquisire al Patrimonio pubblico le case di cui i cittadini si vogliono disfare, pagandole a prezzo di mercato. L’idea è di ristrutturarle in maniera molto accurata per farne dimore in cui si possa vivere bene, case antiche ma ben riscaldate, case dotate di tutte le tecnologie più avanzate, case da fittare a prezzi simbolici a chi vuole andare a riposarsi o a lavorare nei paesi”.
Dopo essersi fatto un giro nelle terre desolate, il paesologo conclude il suo scritto con un’osservazione che riguarda come cittadino anche chi scrive queste note e vi sta sicuramente tediando. “Non bisogna illudersi, i paesi non sono abitati da santi e le città non sono abitate da stronzi” è la diagnosi di Arminio e ci si perdoni il turpiloquio. La paesologia, si sa, non va per il sottile. Che cosa ne dite cari amici fatti di montagna?
Roberto Serafin
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