Settimana scorsa avevamo annunciato che “Le Otto Montagne” tratto dal romanzo di Paolo Cognetti era in concorso a Cannes. Ecco la notizia di questa settimana: ha vinto il premio della giuria! Nelle altre notizie della selezione si parla kite surf vietato in favore della pesca e di studi per introdurre nei boschi alpini specie che si adattino meglio ad un clima caldo e secco.
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Anche Cannes premia “Le Otto montagne”
È sicuramente un fatto senza precedenti che un romanzo vinca lo Strega e che il film che ne è tratto riceva il premio della giuria al Festival di Cannes. Se si aggiunge che “Le otto montagne” ha resistito a lungo nelle hit parades dei libri e dunque anche il pubblico lo ha strapremiato, si può capire lo stato d’animo dell’autore Paolo Cognetti che in un’intervista al quotidiano La Repubblica si confessa emozionato.
“Sì, non sono uno di quegli scrittori che cercano di nascondere il proprio stato d’animo”, dice Cognetti. “Quando mi hanno detto che ‘Le otto montagne’ era in lizza per un premio importante a Cannes ho esultato come un bambino. Sono felice, sono felice per tutti quelli che in questo film ci hanno creduto. Per il paese dove è ambientato, un borgo di 900 abitanti, che per un paio d’anni è stato coinvolto. Per Luca e Alessandro, i due protagonisti in cui ho rivisto totalmente Pietro e Bruno del mio romanzo”.
Non erano in molti ad aspettarselo questo premio. Severo sul Corriere era stato il il giudizio di Paolo Mereghetti, grande firma. “Il film”, annotò Mereghetti anche se non è detto che un critico debba essere in sintonia con le giurie, “sa comunicare la fascinazione, a volte troppo distillata e pura per non dare anche un senso di soffocamento che trasmettono quei luoghi”.
Non si era lasciato sedurre Mereghetti nemmeno dalla fotografia di Ruben Impens. “Si fa tentare da una bellezza troppo elegante”, ha scritto, “e sembra che il film fatichi a procedere”. I critici definirono invece bravissimi entrambi gli interpreti Alessandro Borghi e Luca Marinelli.
È calato così, insieme con il tricolore che sventola sulla Croisette il sipario su Cannes 2022. La Palma d’oro del 75° festival è stata vinta da “Triangle of sadness” di Ruben Ostlund. “Lo so”, conclude Cognetti, “è banale dirlo, ma non potevo certo aspettarmi tutto ciò che è arrivato: lo Strega, il successo e adesso questo premio a un film che ho seguito con amore fin dal primo momento. Sono contento per Felix e Charlotte, i registi, ma anche per gli attori, l’intera troupe. Con loro qui ho vissuto momenti indimenticabili”.
Aquiloni vietati sul lago. Disturbano gli agoni
Un divieto sul Lario apre una curiosa vertenza gastronomico sportiva che cercherò di sintetizzare. Dal 16 maggio il Comune di Dervio in provincia di Lecco con ordinanza n. 21/2022 ha fatto scattare il divieto di praticare kite surfing (o kitesurf o kiteboarding o più comunemente “kite”), uno sport velico nato nel 1999 come variante al surf, che consiste nel farsi trainare da un aquilone (“kite” in inglese).
Il divieto durerà fino al 31 luglio. Motivo? Il lago di Como è considerato un punto caldo della scena internazionale del kitesurf: non appena a mezzogiorno soffia la breva le vele colorate iniziano le loro danze. Il problema è che questo veleggiare un po’ pazzerellone trainati da un aquilone creerebbe un serio disturbo alla pesca amatoriale dei pesci denominati agoni.
Ora bisogna sapere che sempre più il pesce di lago trionfa sulle tavole estive. E una delizia assai diffusa in Lombardia sono d’estate gli agoni grigliati all’aceto di vino bianco conosciuti nella regione come “misultitt”. Appartenenti alla famiglia dei Clupeidi dell’ordine dei Clupeiformes, questi pesci sono stanziali nei grandi laghi. Non sono in pericolo di estinzione, tuttavia risentono di diversi fattori come la pesca intensiva, il degrado e le alterazioni ambientali. Meglio dunque non disturbarli. Purtroppo il Kiter, l’atleta che pratica questo sport, con i guizzanti agoni non sembra andare d’accordo. È disposto a riconciliarsi con loro soltanto quando a tavola gli servono un bel piatto di misultitt alla griglia con l’immancabile fetta di polenta. Non so tu Luca, ma io sto dalla parte degli agoni, pardon, dei misultitt. Anzi, già sento venirmi l’acquolina in bocca…
Si studiano le foreste del futuro. A prova di canicola e siccità
La Svizzera sperimenta le foreste del futuro. Lo annuncia trionfalmente com’è giusto l’agenzia Swissinfo. Tra 50 o 100 anni sembra che non ci sia altra scelta: gli alberi dovranno mostrarsi resistenti a canicole e siccità. Le risposte potranno venire dalle piantagioni di alcune specie esotiche provenienti da regioni dal clima più secco. Una buona idea, praticata in passato anche da pionieri dei grandi viaggi in terre remote come i fratelli Piacenza, appassionati di silvicultura. Oggi è Peter Brang, esperto di dinamica forestale, a riferire di importanti esperimenti a Mutrux, un piccolo comune del Canton Vaud, nella Svizzera occidentale. Qui già nel 2012 sono state piantate sei specie arboree esotiche provenienti da Turchia, Bulgaria e Stati Uniti su una superficie di circa tre ettari.
I grossi larici che in passato popolavano la zona sono stati tagliati. Rimangono solo alcuni ceppi sparsi. Al loro posto sono stati piantati dei cedri del Libano (Cedrus libani), una specie di conifera sempreverde originaria del Medio Oriente. Alcuni alberi raggiungono i tre metri, altri arrivano al ginocchio.
“Abbiamo accelerato un movimento delle specie che altrimenti avrebbe richiesto migliaia di anni”, spiega Brang, ricercatore dell’Istituto federale di ricerca per foresta, la neve e il paesaggio. D’altronde”, aggiunge Brang, è da secoli che l’essere umano interviene per dare al bosco la forma che più gli serve”.
Robert Jenni, un collaboratore scientifico dell’Ufficio federale dell’ambiente, spiega a sua volta che la strategia della Svizzera non è di sostituire le specie autoctone, ma di arricchire puntualmente la foresta con essenze esotiche. “La foresta è un ecosistema molto resiliente. Vogliamo dare il massimo di possibilità alle specie che già crescono naturalmente e che hanno una certa capacità di adattamento”, afferma Jenni.
Meglio di tutti si stanno comportando gli abeti turchi (Abies bornmuelleriana), una specie di conifera che cresce sulle montagne del nord della Turchia. È in grado di tollerare lunghi periodi di siccità e resiste fino a temperature di -18°C. L’abete turco può quindi essere considerato un buon sostituto dell’abete rosso o dell’abete bianco, tra gli alberi più diffusi nelle Alpi. “Un giorno, lo troveremo forse nelle nostre case come albero di Natale”, è la speranza di Brang. E un po’, ammettiamolo, anche la nostra.
Roberto Serafin
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