La selezione settimanale di Serafin parte dal ritorno dal Makalu di Silvio Mondinelli. Ci parla poi del lupo in Italia di cui è stato pubblicato il primo censimento nazionale e infine ci presenta il film tratto da “Le otto montagne” di Paolo Cognetti in concorso a Cannes.
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Torna a casa Gnaro
Non era forse mai capitato a Silvio Mondinelli, per gli amici Gnaro, di rinunciare alla vetta quando era già sopra gli 8000 metri di quota. È stata per lui quasi una beffa la recente rinuncia al Makalu tentato con l’amico Roberto Manni. Colpa soltanto delle previsioni meteo fornite dall’agenzia che si sono rivelate imprecise? “Siamo rimasti fermi a 7.400 metri per due giorni e questo ha influito in modo negativo sull’impresa. Il vento gelido e le temperature che arrivavano anche a -30 gradi hanno fatto il resto”, ha raccontato Gnaro al suo ritorno in Italia. “Io sono arrivato a circa 8.100 metri, ma non sentivo più i piedi: erano congelati, non potevo più proseguire. Siamo comunque soddisfatti: abbiamo dato tutto quello che avevamo”, ha concluso.
Con la salita del 2007 al Broad Peak, Mondinelli diventò il secondo italiano e il sesto al mondo ad aver salito tutti e 14 gli ottomila della Terra senza usare ossigeno. Sembrava però che agli ottomila avesse rinunciato per raggiunti limiti di età. “Vado per vedere fin dove arrivo”, disse alla partenza per il Makalu quasi con l’aria di scusarsi. Dimenticandosi forse che nel suo manuale “Alpinismo d’alta quota” (Hoepli, 305 pagine) notò che la capacità di resistere alla fatica è fondamentale per un alpinista. Senza la quale ogni sforzo è vano. Non poteva certo ignorare, sono sue parole, che sugli ottomila “serve una resistenza fuori dalla norma”. Ottimi principi, ma quanto valgono quando ci si avvicina alla settantina? E non esiste qualche altro sistema che non sia una scalata a quota ottomila per vedere fin dove si è in grado di arrivare?
Monitoraggio nazionale: in Italia circolano 3.307 lupi
Sono on line i risultati della stima del numero di lupi presenti sul territorio italiano. Merito del monitoraggio su scala nazionale 2020/2021. E’ a quanto pare il primo condotto in Italia. Nelle regioni alpine italiane si stimano 946 lupi distribuiti su una superficie pari al 37% del territorio. In tutto, sono stimati 3.307 (tra 2.945 e 3.608) lupi sull’intero territorio italiano. Analisi ed elaborazione dei dati sono coordinati dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU (coordinato dalle Aree Protette Alpi Marittime), in stretta sinergia con ISPRA.
Particolare da non trascurare. Sono 102 i branchi e 22 le coppie presenti nelle regioni alpine, zone collinari incluse di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Province Autonome di Trento e Bolzano, Veneto e Friuli Venezia Giulia, per un totale di 124 unità riproduttive. La maggior parte è concentrata nella porzione occidentale dell’arco alpino.
Soffocati la bellezza delle montagne?
“Un film epico raccontato da piccoli gesti, un’ode alla fragilità e alla forza di ogni essere vivente”, viene definito sul quotidiano La Repubblica “Le otto montagne” tratto dal romanzo Premio Strega di Paolo Cognetti e presentato ufficialmente al Festival di Cannes. Registi sono i belgi Felix van Groeningen e la moglie Charlotte Vandermeersch. Chi ha letto il romanzo pubblicato da Einaudi ricorda che Pietro viene dalla città e va in montagna d’estate. Bruno, montanaro selvatico e puro vive invece in montagna e non esiste un’altra vita possibile per lui. Interpreti sono Alessandro Borghi e Luca Marinelli.
La critica definisce bravissimi entrambi gli attori. Qualche garbata riserva si legge invece per la regia. “Questa storia di amicizia avrebbe meritato una regia e un ritmo appena più incalzanti” scrive Alberto Crespi sempre su La Repubblica.
Più drastico il giudizio di Paolo Mereghetti, grande firma del Corriere. “Il film”, annota, “sa comunicare la fascinazione, a volte troppo distillata e pura per non dare anche un senso di soffocamento che trasmettono quei luoghi”.
In realtà i luoghi del film (e del romanzo) si trovano a Estoul, frazione di Brusson in Valle d’Aosta. Non so a te, Luca, ma a me questi luoghi non hanno mai dato un senso di soffocamento le poche volte che ci sono stato. Questione di gusti e, forse, di polmoni.
Mereghetti fa poi garbatamente le pulci anche alla fotografia di Ruben Impens. “Si fa tentare da una bellezza troppo elegante”, scrive, “e sembra che il film fatichi a procedere”. Se lo dice Mereghetti qualcosa di vero ci deve essere. Ma con tutto il rispetto per questo maestro di giornalismo, io non vedo l’ora di fiondarmi al cinema e tuffarmi tra queste “soffocanti” montagne.
Roberto Serafin
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