Il crescente numero di e-bikers sui percorsi promiscui crea qualche problema di sicurezza: come gestirli?
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Un quarto degli europei (24%) già possiede una e-bike o, probabilmente, ne acquisterà o ne userà una in corso d’anno. C’è da stare allegri? Nell’allegra Engadina non tanto. L’impressione è che la convivenza tra gli e-ciclisti e i sempre più sparuti camminatori si fa problematica, fonte di scontri e disagi. Lo dimostrano i vistosi cartelli sulle sponde del pittoresco lago di Silvaplana, paradiso dei surfer e dei cavalieri del vento che con i loro aquiloni si contendono, allo spirare delle termiche, ogni metro quadrato di lago.
La scritta “Take care” tracciata in imperiosi caratteri maiuscoli cubitali non lascia dubbi: è emergenza. Quel “prendetevi cura” suona come un ordine. Nella confederazione si parlano tre lingue, era evidentemente giocoforza adottare l’inglese perché tutti capissero.
L’avviso è rivolto a pedalatori e pedoni perché si dividano disciplinatamente le strette piste in terra battuta che corrono sulle sponde lacustri. Dalla parte del lago i pedoni, dalla parte della montagna i ciclisti. Inutili gli inviti alla prudenza e alla tolleranza come avveniva in passato in corrispondenza con i segnavia. Già, perché ormai sulle stradelle ciclopedonali e sui sentieri che s’inoltrano nelle foreste dell’Engadina dominano i veicoli in gran parte elettrici, leggi e-bike. Basta un’occhiata per capire che questi pedalatori assistiti hanno ormai preso saldamente possesso delle foreste engadinesi e delle sponde dei magnifici laghi.
La nuova regola non scritta è questa: se proprio hai voglia di camminare vattene lemme lemme lungo le rive lacustri e lascia che i ciclisti pedalino in pace, salita o discesa fa lo stesso, lasciandosi dietro una scia di polvere. Il mondo va così. Gli e-biker sono la grande risorsa del turismo. Sembra invece strano, ma fino a un certo punto, che nessun limite di velocità sia imposto ai ciclisti. Eppure è noto che il pericolo e la gravità degli incidenti stradali non dipendono dalla velocità del traffico ma dalle differenze di velocità. Per questo sulle strade sono imposti limiti che tendono a rallentare i veicoli più veloci per ridurre appunto queste differenze. Possibile, ci si chiede, che nemmeno i solerti svizzeri si siano resi conto che fra 40 km/h di una mountain bike o e-bike e i 4 km/h di un pedone si cela un rischio enorme? Perché allora non imporre un limite a 10 km/h per i mezzi meccanici sui percorsi condivisi? E perché non prevedere una adeguata e obbligatoria assicurazione di responsabilità civile come per le auto? Ma poi secondo voi chi se la sentirà mai nell’allegro luna park engadinese di porre limiti all’e-bike, questa gallina dalle uova d’oro? (Serafin)
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