Ruspe al lavoro a Cortina per la nuova pista di bob alle Olimpiadi 2026. Una scelta scellerata che comporta spreco di denaro pubblico e danno ambientale quando le alternative c’erano. Tra le tante voci che denunciano l’inopportunità dell’ennesimo cantiere in partenza in vista delle Olimpiadi, ci sono quelle di CIPRA, Club alpino italiano, Pro Natura, Federparchi e Mountain Wilderness Italia che affidano la loro posizione ad un duro comunicato.
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Olimpiadi Cortina 1956
Nel pieno della crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina non si placa a Cortina d’Ampezzo la battaglia per la pista di bob. Incruenta, per fortuna. Tra mille contrasti le ruspe sono al lavoro per rifare ex novo la pista dei precedenti Giochi del 1956. Viene il dubbio che non se ne potesse fare a meno come ha sempre pensato il governatore del Veneto. Il bob esercita infatti una grande attrazione fin dai Giochi di Chamonix che nel 1924 inaugurarono le Olimpiadi invernali. E a Cortina nel 1956, in quegli undici giorni di competizioni, la figura del rosso volante Eugenio Monti, pilota impeccabile, giganteggia nella memoria. La pista di bob in quel tardo Medioevo era stata scolpita a badilate nel ghiaccio. Nella boscaglia fra i larici i bolidi scendevano traballando tra mille acrobazie rischiando di schiantarsi ben prima della meravigliosa curva Cristallo o del rettifilo Antelao le cui denominazioni erano scritte su cartelli inchiodati agli alberi.
Partivano dal laghetto Ghedina quei bolidi per poi essere riportati alla partenza dai “leoncini” OM spargendo pestilenziali gas di scarico. Ma l’ambientalismo non era chiaro quali limiti imponesse. Ovvero i bolidi venivano schierati nel piazzale della stazione per rifarsi le lame dei pattini fra un trenino azzurro e l’altro in arrivo da Calalzo. Bei tempi. E bellissimi sono i ricordi lasciati da quei Giochi un po’ alla montanara.
I pattinatori gareggiavano invece sulla superficie provvidenzialmente ghiacciata del lago di Misurina mentre la Rai mandava in onda i primi servizi in diretta eurovisiva. La sera al Palazzo del Ghiaccio (dove si era svolta la cerimonia inaugurale sotto lo sguardo del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi) si consumava puntualmente il trionfo degli hockeisti sovietici. Sul tabellone finale, la compagine con la falce e martello totalizzò sette medaglie d’oro, tre d’argento e sei di bronzo. Finì al primo posto nella classifica ufficiale delle nazioni e sembrò che la guerra fredda si fosse finalmente esaurita a colpi di mazze grazie a quei ragazzi esultanti.
Olimpiadi Cortina 2026, perché non voler valutare alternative per la pista da bob?
La pista da bob dunque si farà. Anzi si rifarà. L’annuncio è stato dato al termine della riunione della cabina di regia sulle Olimpiadi 2026 dai Ministri Salvini e Abodi, dai presidenti di Regione Lombardia e Veneto Fontana e Zaia, nonché dal Presidente del CONI Malagò e dall’AD Sant’Andrea. Per il momento si parla di 85 milioni di euro, a carico dello Stato, e quindi di tutti gli italiani, ma è facile prevedere una ulteriore lievitazione.
Viene così a cadere l‘ultima opportunità di dare alle Olimpiadi invernali un tocco di sostenibilità. Leggo in un comunicato che è stato un grave errore non aver voluto prendere seriamente in considerazione da parte degli organizzatori – e della politica – l’alternativa molto meno dispendiosa di trasferirsi con i bob Innsbruck. Lo confermano la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA), il Club Alpino Italiano, Federazione Nazionale Pro Natura, Federparchi e Mountain Wilderness.
Quanti servizi alle comunità montane del Bellunese si sarebbero potuti offrire con i milioni risparmiati per costruire una pista che – come insegnano le esperienze passate, prima fra tutte quella di Torino 2006 con il tracciato di Cesana abbandonato dopo pochi anni – sarà utilizzata per pochi giorni da pochi atleti? L’intervento a Cortina punta in ogni modo a preservare le condizioni morfologiche e altimetriche del sedime della pista storica. Il cantiere (che durerà 60 giorni) è il primo lotto di interventi propedeutici all’avvio dei successivi lavori per la realizzazione del nuovo Sliding centre che, ricordano gli organizzatori, sarà adibito a ospitare le discipline del bob, parabob, slittino e skeleton dei Giochi Olimpici e Paralimpici invernali di Milano Cortina 2026.
Frattanto è da confermare la sede delle gare di pattinaggio velocità dopo la rinuncia del Trentino a un nuovo impianto a Baselga di Piné. Resta Milano la candidatura più vicina alla incoronazione, e si parla addirittura di adibire allo scopo l’Arena Civica che già in passato ospitò battaglie navali dopo essere stata allagata con l’acqua di una vicina roggia. Dal Veneto il presidente Zaia ha anche ipotizzato un adeguamento del velodromo in costruzione a Spresiano (Treviso) per un temporaneo uso come ovale del ghiaccio.
Oltre a quelli di cui sopra, ci sono altri impianti e infrastrutture viabilistiche in fase di progettazione. Il modo di procedere degli organizzatori lascia tuttavia perplessi: se l’assenza di una strategia e di un vero e proprio cronoprogramma potranno comportare ritardi e dispendio di risorse, l’assenza di una Valutazione Ambientale Strategica complessiva per i progetti e le opere connesse – procedura che al momento non risulta essere stata nemmeno avviata – rischia di creare danni irreversibili a un territorio notoriamente fragile.
Ombre sulla neve di Luigi Casanova
Niente che non si potesse prevedere leggendo il “Libro bianco delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina”, pubblicato da Altræconomia e firmato da Luigi Casanova, voce storica dell’ambientalismo. “Per quindici giorni di gare”, è il parere di Casanova, “non si possono sconvolgere vallate intere imponendo ai territori strutture insostenibili nel tempo”. Non è un caso che tutte le città candidate nell’arco alpino a seguito di referendum locali abbiano rinunciato: Milano – Cortina è risultata vincitrice solo grazie alla fragilità della candidatura svedese.
Oggi Casanova fa i conti. La pista di bob di Cortina (sette atleti attivi in Italia, dato del 2020) costerà 102 milioni di euro. Ebbene, la Regione Veneto con questa cifra potrebbe assumere per 20 anni oltre 200 operai stagionali, dotati di macchinari efficienti e con la dovuta formazione, per curare i boschi devastati dalla tempesta Vaia e dai successivi attacchi di parassiti. Oppure risolvere per 60 anni i problemi della casa di cura di riabilitazione a Misurina, luogo tanto caro a Mauro Corona. Sono solo tracce di esempi su come intervenire in montagna.
Il villaggio olimpico a Piana di Campo
Un altro progetto annunciato dalla cabina di regia riguarda il villaggio olimpico di Cortina che nelle dichiarazioni degli organizzatori verrà realizzato mediante container rimossi a conclusione dell’evento, non più in località Fiames ma nella splendida località Campo, sempre a Cortina, ai piedi del Cristallo. Se da un lato è da cogliere positivamente l’idea di una infrastruttura provvisoria rimovibile, dall’altro si ritiene però poco opportuna questa collocazione in quanto, nonostante la temporaneità, ogni trasformazione risulterebbe comunque incompatibile con le caratteristiche dell’area.
Piana di Campo è un’area a valenze ambientali e naturalistiche di pregio. Per le sue dinamiche idrogeologiche ogni intervento di natura infrastrutturale altererebbe irreversibilmente i delicati equilibri. Per ospitare gli atleti per le poche settimane dell’evento olimpico, con tutte le strutture necessarie non rimovibili (fondamenta, strutture fognarie, impiantistica elettrica e gas) si arrecherebbero danni irreversibili.
La parola d’ordine è o dovrebbe essere ridurre gli sprechi. Come la mettiamo allora con la Fondazione Milano-Cortina che secondo un’inchiesta del quotidiano Domani avrebbe già assunto centinaia di persone, molte delle quali note. Assunzioni che non sono piaciute a tutti. Anche di questi mal di pancia si occuperà presto Casanova il cui “libro bianco” è in via di esaurimento e l’editore Altraeconomia vorrebbe farne una nuova edizione.
Roberto Serafin
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