Presentato a Milano “Ombre sulla neve” il “libro bianco” di Luigi Casanova sui giochi invernali Milano-Cortina 2026. Non è più possibile credere alla favola delle Olimpiadi sostenibili e in futuro servirà un soprassalto di etica per una nuova dignità della montagna in cui piccole opere diano una ricaduta sociale positiva sul territorio.
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Niente sconti a chi sfrutta la montagna per i propri affari
Ci si aspettava giovedì 15 dicembre una nevicata a Milano a due passi dalla Madonnina, Sarebbe arrivata a proposito per il battesimo del libro “Ombre sulla neve” un libro che chiama in causa la città dell’Expo e il recente ponte gettato a Cortina d’Ampezzo in vista dei Giochi invernali del 2026. Considerato il libro bianco delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina, pubblicato da Altræconomia, a firmarlo è Luigi Casanova voce storica dell’ambientalismo, accolto a Milano da amici ed estimatori e dall’antropologa Michela Zucca in veste di presentatrice.
A quanto si apprende dall’autore, si tratta di un libro che non fa sconti a chi sfrutta i “grandi eventi” per i propri affari e interessi, senza curarsi dei bisogni reali del territorio e di chi lo abita. Noi gente comune “fatta di montagna” non possiamo che felicitarci con l’autore. Capita a proposito, mentre dilagano gli euroscandali, l’invito a informarsi e ribellarsi nel nome della montagna. Che non sempre è scuola di vita.
Di un aspetto l’autore è più che mai convinto: si può amare lo sport ma niente ci impedisce di raccontare come questo “grande evento” – al pari di altri in passato – abbia oggi un impatto devastante sul territorio alpino e i suoi abitanti. Giusto, giustissimo. Si può amare lo sci, ovvero i due inseparabili gemelli secondo una definizione di Dino Buzzati, ma siamo ormai tutti adulti e vaccinati per credere alla favola dell’Olimpiade “a costo zero e sostenibile”.
Fra le tante denunce del Libro spicca l’assenza di una valutazione ambientale complessiva a livello nazionale e di un confronto aperto con cittadini e associazioni ambientaliste, nonché l’invadenza di infrastrutture insostenibili come le opere stradali inquinanti, i palazzetti-cattedrali nel deserto e gli ampliamenti dei domini sciistici che coinvolgono tre Regioni, Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia, oltre alla città di Milano.
Casanova sottolinea come sia impressionante l’immagine della conca ampezzana dal drone. L’enorme sbancamento a cielo aperto del Col Druscié, sotto l’immensa bellezza della Tofana, è davvero uno sfregio insostenibile. Effetti del masterplan delle opere per Cortina 2026 approvato dalla Regione Veneto, dove sono previsti 50 progetti tra bacini artificiali, parcheggi e gallerie: tra questi 5 (tangenziale, villaggio atleti eccetera) in aree a rischio idrogeologico.

Cortina 1956 è un ricordo…
Più si spande la colata di cemento sullo sfondo delle Tofane, del Cristallo e delle Cinque Torri e più si fa concreta la certezza che è ormai impossibile ricreare la magia delle giornate di gloria vissute dalla stupenda Cortina nel 1956. Non occorre certo un libro bianco per rammentarci che da allora le Dolomiti sono state devastate e ridotte a una ragnatela di cavi, piloni e strade d’alta quota. Eppure io mi auguro che qualcosa di quella magia possa sopravvivere.
Ebbi il privilegio da giovane di potermi fiondare a Cortina in quel febbraio del ‘56 avaro di neve. Salii in Centrale sulla Freccia delle Dolomiti che arrancando, ansimando e sobbalzando, altro che freccia!, terminava la corsa a Calalzo. A Calalzo si saliva sul trenino azzurro. La regina delle Dolomiti era lì ad attenderci, anzi era come se mi spalancasse le braccia. Mi accorsi o almeno così mi parve che le Olimpiadi erano soltanto un contorno, un tocco di magia in più. Appena uscito dalla stazioncina lo spettacolo fu per me indimenticabile. Decine di bob a pancia all’aria, sparpagliati sul vasto piazzale, si lasciavano docilmente accudire dagli equipaggi impegnati nell’affilatura dei pattini.
E poi un inebriante profumo di cera delle scioline saliva dalle ski room degli alberghi dove i maghi delle cere trafficavano con gli sci dei campioni, prima del grande tuffo nella vertigine bianca delle piste.
“Vertigine bianca” era anche il titolo del film destinato a consegnare alla storia le immagini irripetibili dell’uomo jet Toni Sailer poi diventato interprete sugli schermi di sentimentali filmetti. L’eurovisione trasmetteva in diretta le agili falcate di Sixtern Jernberg, asso svedese del fondo, la mia passione, che mi precipitai ad applaudire al suo trionfale arrivo a Zuel.
Il film consentì anche di vedere all’opera i velocisti del pattinaggio sulla lastra di ghiaccio che Madre Natura lasciava in deposito per tutto l’inverno nella località di Fiames. Per non dire delle spettacolari risse che la sera animavano la pista del nuovissimo Palazzo del Ghiaccio dove si fronteggiarono gli hockeisti americani e quelli sovietici mandati a mostrare i muscoli all’Occidente. Con il brillante risultato che gli atleti sovietici totalizzarono a Cortina 16 medaglie pur gareggiando soltanto in tre sport: sci, hockey su ghiaccio e pattinaggio di velocità.

Un soprassalto di etica per una nuova dignità della montagna
Al nuovo libro di Casanova riconosco amaramente, per concludere, una prerogativa: quella di ricordarci che niente può restituirci la magia di quegli anni. Unica speranza è per l’autore che un soprassalto di etica dia una nuova dignità alla montagna, con piccole opere che abbiano una ricaduta sociale positiva sul territorio, rispettando i valori identitari delle alte quote. Ma si può parlare di etica in una stazione invernale vocata più ai cinepanettoni che a perpetuare con sobrietà l’incanto delle sue crode?
Una risposta al quesito viene nel libro anche dalla prefazione di Vanda Bonardo, naturalista, insegnante, attivista, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia. Peccato che siano troppe ormai le ombre a gravare su quella neve che oggi non è più la buona neve di cui favoleggiava l’amico Rolly Marchi, immancabile cronista – cow boy di tante olimpiadi bianche.
Roberto Serafin
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