Il nostro viaggio attraverso le Dolomiti bellunesi riprende dalla Val Clusa, perchè Marco Triches ha ancora qualche luogo, qualche recesso, da mostrarci, ma anche qualche domanda scomoda da far emergere. Domande scomode come i sentieri su cui Marco ci accompagna…
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Notizie che arrivano
Sei morti, presumibilmente di fame e di sete, a bordo di un barcone nel Mediterraneo. È una notizia del 12 Settembre 2022.
Mentre scrivo, nel cortile di casa, tra gli alberi neri nella notte, vedo i lampi di un temporale verso Sud Ovest. Sono ininterrotti e il rumore lontano è come quello di una raffica lunghissima di colpi di cannone. La notizia arriva poco dopo: nell’Appennino c’è stato un forte allagamento di acqua, fango e detriti.
La montagna non esiste: non c’è quel luogo morale che noi tutti ci immaginiamo. I boschi, la morte, le montagne “un lungo migrare di ossami” (Hölderlin).
La Val Clusa
Controllo meticolosamente le mappe, gli appunti, l’altimetro, sospeso su uno qualunque dei precipizi della Val Clusa, dei quali Piero Rossi disse:
“Neppure arrampicando su grandiose e strapiombanti pareti, ho mai provato un senso di vuoto così acuto come sul ciglio di quei burroni di Val Clusa, dove, sotto il sentiero, in fondo ad abissi, ai cui fianchi si aggrappano alberi stranamente contorti, il torrente scorre cinquecento metri più in basso.” (Piero Rossi, Il Parco Nazionale delle Dolomiti, 1976)
Così, romanticamente concentrato su ciò che c’è di più importante in quel secondo: la traccia, lo scarpone attaccato a terra, il quaderno con le note e il baratro. Valli alpine, lunghe catene impilate come treni rotti, miriadi di capanne, baracche e baite; resti contadini, teleferiche, sentieri di servizio.
Ecco, dopo una serie di schianti, la Casèra Prima (o Caseréta) quota 932 m., poco oltre il termine della mulattiera militare e un ponte malsicuro da “Armata Brancaleone”.
La mulattiera militare: “Magistrale tracciato. Opera militare che tradisce la sapienza degli alpini, reclutati, allora, fra montanari esperti in ogni arte. Dopo settant’anni è impressionante vedere i muri a secco, che sorreggono piccole frane, ancora intatti e sicuri.” (Ibidem)
Siamo alle pendici del Monte Zélo (2083 m.), all’incudine tra il gruppo della Schiara e Tàmer – San Sebastiano, Dolomiti Bellunesi, versante Agordino. Località amene, inselvatichite e in progressiva trasformazione, con frane, valanghe e avanzata del bosco. “Basterebbero recessi come questi, di una montagna strana e singolare, fatta di bellezza e di sublimi orrori, a giustificare la creazione di un Parco Nazionale” (Ibidem)
Eppure ci sono dei fatti che remano contro questa cultura montanara che mi sento di riattizzare come un antico focolare.
Sentieri interdetti
Il primo
Se cerchiamo qualunque informazione a proposito della Val Clusa (parlando di Internet), c’è solo lo spazio per l’odierna passione acrobatico-subacquea del canyooning. “La forra più attrezzata d’Italia”, con tanto di marchio del C.A.I.
Nel frattempo, a seguito di un grosso incendio divampato nel 2011 e delle conseguenze della tempesta Vaia (2018), la mulattiera militare e il suo “magistrale tracciato”, giacciono quasi completamente sepolti dai carpini, troppo cresciuti per essere recisi da una lama, troppo bassi per non intrappolarci e finirci negli occhi, per chilometri. Un cartello piantato dal C.A.I., dalle parti di Forcella Póngol (Pöngol = pungolo, erba pungente) ci avvisa che i sentieri della Zona (Quale?) sono interdetti. Nessun numero di riferimento dei sentieri, ma quel che conta è che in generale nessuno risponde all’eventuale reclamo. Uomo avvisato…
Ma come potrebbe essere altrimenti? Sarebbe un lavoro bestiale ripristinare i percorsi: una di quelle imprese tipiche dell’epica di montagna!
In compenso possiamo discendere la forra con un inedito tracciato molto remunerativo (che comunque, ricadendo all’interno del territorio del Parco Nazionale, non si può fare: il canyooning è vietato).
Qualcosa che stona
Il secondo.
Cosa merita sul serio tutto il nostro impegno? Cosa vale la pena studiare? Me lo chiedo con le mie carte in mano, lo zaino e gli scarponi, appoggiato a un faggio qualsiasi.
Gli eventi catastrofici, le guerre mondiali, la fuga degli uomini, la lotta tra gli elementi, il destino delle generazioni ridisegnano le nostre geografie. C’è qualcosa che stona nel nostro culto per la Montagna, in quanto montagna. Sembra una distrazione fine a sé stessa, eppure non lo è, credo. E per non renderla tale penso ci sia bisogno di ridarle il giusto peso.
Un po’ come raggiungere la Casèra Seconda di Val Clusa (o De Mèz = di mezzo) quota 1182 m., e poi la distesa di sassi dove sorgeva la Casèra Terza (o di Fondo) quota 1463 m, come seguendo lo spirito poetico di un tempo. Uno spirito interrotto dalla consapevolezza che c’è un motivo se non esistono più. Lo stesso motivo per cui io mi trovo qui, con animo leggero, e in libertà di mezzi.
Ci vuole la mente pulita dell’esploratore per scalare i colatoi e i boschi di mughi per la regione del Piazedèl (Piazediài= spiazzetti) quota 1862 m., fino alla Portèla (o valico) quota 2097 m. Siamo al cospetto della Val Prampèr, il rifugio Sommariva al Pramperét, le Dolomiti di Zoldo, con i piedi piantati sul tracciato trasversale dell’Alta Via n.1 Bràies – Belluno.
Le mappe di oggi: quali sono le cose che contano?
È certo che ci vuole concentrazione per non cadere (R.I.P. Javier, 2 Luglio 2022), o per non perdere la traccia, o ancor meglio per portare il dovuto rispetto, ancora una volta, al nostro passato contadino di montagna. Ma non dimentichiamo che abbiamo un futuro e un presente alieno, per i quali c’è bisogno degli sforzi migliori.
Forse dovremmo tornare ad occuparci delle cose che contano, studiarne le mappe, e soltanto nei momenti liberi, spensierati, guardare alle montagne. Non viceversa.
Le mappe le disegnano gli uomini e, le mappe di oggi, soprattutto, vanno per mare. Quando toccano le montagne (ad esempio Francia, Trieste) non passano per dove passeremmo noi. Al massimo per una statale, una ferrovia, o una stazione della polizia confinaria.
RUBRICA A CURA DI:
Mi piace gironzolare, sono una guida ambientale escursionistica e scrivo. La mia terra natale è Belluno, una terra misteriosa, angusta e selvaggia. Per questo motivo, sogno di accompagnare le persone in quei posti.
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