Alberto Di Monte con il suo nuovo libro Sentieri migranti ci racconta della naturalezza del fatto migratorio, ci fa vedere i sentieri dal punto di vista di chi li calpesta per intraprendere un viaggio per scelta, obbligo o necessità diventando migrante.

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Sulle tracce dei migranti lungo l’arco alpino

I sentieri di cui narra il libro “Sentieri migranti” (Mursia, 194 pagine, 15 euro) di Alberto Di Monte sono quelli dei migranti lungo l’arco alpino. Un’idea originale, un percorso mai tentato prima in un libro che vuole essere anche una guida escursionistica oltre che un saggio molto documentato. L’autore, che agli amici si fa chiamare Abo, definisce questi percorsi come il risultato di un calpestio reiterato, incessante, prolungato. Insomma, si tratta di itinerari percorsi da chi, per scelta, per obbligo e per necessità, intraprende un viaggio, trasformandosi in migrante dopo essere stato esule, perseguitato o discriminato. 


Di Monte percorre e descrive cinque “rotte” disseminate lungo l’arco alpino con partenza da Ventimiglia, una deviazione in Val Roja, una tappa a Bardonecchia e a Claviere, prima di prendere la via del nord lungo la linea immaginaria che unisce i tre laghi tra Luino e Chiasso, per spostarsi infine nei pressi di Trieste passando per il Brennero

Sentieri migranti - Alberto Di Monte
Copertina
In apertura: Indicazioni lungo la rotta (Ventimiglia)

Sentieri migranti: i suggerimento di un’analogia


“Volevo suggerire (nulla di più, nulla di meno) un’analogia”, ha spiegato Abo a “Fatti di Montagna”, “tra le peripezie cui sono sottoposte oggi le persone irregolarizzate e lo sfruttamento cui le fasce popolari di ‘nativi’ sono state oggetto nel Novecento, sportivo e sociale”. Abo è convinto, e come dargli torto?, che non c’è pattuglia o radar, prigionia, accordo unilaterale o recinzione che possa arginare il flusso dei migranti. “Mi affido puramente e semplicemente”, spiega, “alla naturalezza del fatto migratorio. Le rotte che convergono verso l’Europa continentale raccontano l’eredità avvelenata di due secoli di colonialismo, in questo caso però un fatto tutt’altro che naturale che dovrebbe far riflettere sulle responsabilità delle azioni passate e presenti dei democratici governi occidentali”.


Di recente i territori alpini sono saliti alla ribalta anche come possibili aree in cui ospitare i richiedenti asilo. Forse occorre essere ottimisti, chissà. Ma Abo non nasconde le sue perplessità. “L’ambiente alpino e per estensione le aree interne del paese”, spiega ancora, “vivono di fragilità strutturali che non sono colmabili con un’iniezione di giovani migranti in cerca di protezione”.
“Occorre mettere sul conto”, conclude, “rigurgiti nazional-populisti, brevità e fragilità dei mandati politici, tossicità di un certo discorso pubblico sulla persona migrante, che impersonifica con chiarezza il nostro timore di finire più precari, poveri, fragili. Nulla però nel libro ha tratti pietistici, o se così è mi devo essere sbagliato perché non era quella l’intenzione”.

20200606 110016 Seguendo i sentieri dei migranti con Alberto Di Monte
Alberto “Abo” Di Monte

Geografo e appassionato escursionista, Abo si occupa di comunicazione digitale e cura l’immagine dell’Associazione Proletaria Escursionisti (Ape). Con Mursia ha già pubblicato “Sentieri proletari” (2015), “Sport e proletariato” (2016) e “La Via del Sale” (2018). Il libro appena uscito è dunque il quarto di una tetralogia dello stesso autore e dello stesso editore. Una lettura più che raccomandabile. (Serafin)

26 Marzo 2021
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