Analizziamo l’inverno
È iniziata la primavera meteorologica e possiamo quindi analizzare come è stato l’inverno appena terminato. Un inverno che, in realtà, sembra quasi non essere mai incominciato: infatti a livello europeo è stato il più caldo da quando esistono le serie di dati con ben 3 gradi in più rispetto alla media. Si pensi che nell’Europa nord orientale si sono raggiunti anche i 5-6 gradi più del normale superando abbondantemente tutti i record precedenti. Non si è certo scherzato sulle Alpi dove il record dell’inverno 2006/2007 se in alcune località non è stato superato per pochi decimi di grado, in altre, come ad esempio Aosta e Torino, è stato battuto. Complessivamente a livello italiano è stato il secondo inverno più caldo dopo, appunto, quello del 2006/2007.
Al di la della classifica che spesso è giocata su differenze di qualche decimo di grado, quello che conta è la conferma della tendenza al riscaldamento: gli inverni italiani sono di circa 2 gradi più caldi rispetto a quelli di un secolo fa. Più a nord il riscaldamento è addirittura più sensibile: a Mosca, per fare un esempio, gli inverni attuali sono pi caldi di ben 4 gradi.
Da noi hanno dominato soprattutto le alte pressioni alimentate da aria calda sub-tropicale che contrastavano con grandi depressioni molto più intense del solito sul nord Europa: in mezzo si inseriva come un fiume d’aria molto impetuosoche scorreva dall’atlantico verso il cuore del continente euroasiatico trasportando l’aria mite oceanica.
Oltre ad essere stato caldo quest’inverno è stato anche tra i meno nevosi al Nord Italia, ma anche sugli Appennini dove ora sono imbiancate solo le cime più alte come quella del Gran Sasso. Dobbiamo ringraziare le abbondanti nevicate del tardo autunno se sopra i 1500 metri è rimasta una coltre nevosa fino a fine inverno destinata però ormai a sciogliersi rapidamente in assenza di nevicate significative che la rimpinguino.
Neve diversa
Come abbiamo detto il problema è che non si tratta di un dato isolato, il quale poco direbbe, ma di una tendenza di cui dobbiamo prendere atto. Tra le ripercussioni di questa situazione c’è quella fotografata dal rapporto di Legambiente “Nevediversa 2020” uscito pochi giorni fa. Vengono presi in esame tutti gli impianti sciistici che al momento in Italia risultano dismessi temporaneamente o definitivamente. Questi i numeri: 348 di cui 132 dismessi in maniera definitiva, 113 temporaneamente chiusi in questa stagione e 103 sottoposti a quello che chiamano accanimento terapeutico. Questi ultimi sono comprensori in difficoltà per diversi motivi (climatici, finanziari, obsolescenza…) che vengono tenuti in vita da imponenti iniezioni di denaro, spesso pubblico, talora utilizzato anche per installare impianti di innevamento in zone che non sono più climaticamente adeguate.
Tutto questo ci deve far riflettere sulla necessità di ripensare un settore come quello del turismo della neve che sarà sempre meno garantita sopratutto sotto i 1500. Lo avevamo già detto in un precedente approfondimento: cade meno neve e durerà sempre di meno. La necessità di diversificare il turismo montano oltre ad essere evidente è anche assolutamente impellente.
Parlare di questo in un momento in cui, purtroppo, a causa delle ripercussioni del Corona virus il settore del turismo in Italia sta soffrendo tantissimo può sembrare inopportuno e irriverente. Stiamo parlando di un settore che è complessivamente il 10% del PIL e quindi importantissimo. Non dobbiamo però dimenticarci che gli altri problemi rimangono e quello del cambiamento climatico è tra questi. Diventa perciò ancor più importante riuscire a mettere in atto una riconversione, ragionata e programmata, verso una diversificazione del turismo sulle nostre montagne: solo così si avrà la possibilità di adeguarsi con dinamicità alle sfide che man mano si presentano. Non dimentichiamo che nel cambiamenti possono esserci anche delle opportunità. Ad esempio sempre più persone, avendone la possibilità, cercheranno in futuro di scappare dal caldo delle città per periodi di vacanza o per lavorare a distanza al fresco. Non si tratta di uccidere un’economia o delle località, ma di convertirle in maniera intelligente per traghettarle verso un futuro che altrimenti rischia di non esserci.
Un altro tassello
Un altro tassello che possiamo aggiungere al quadro degli effetti del riscaldamento climatico nei territori montani sono i dati diramati dal World Glacier Monitoring Service: nei ghiacciai a livello mondiale si sono persi in media 1,1 metri di spessore di ghiaccio in acqua equivalente. È stato uno degli anni peggiori dal 1950, anno dal quale avviene la raccolta di questi dati. Anche in questo caso è la tendenza a preoccupare: negli ultimi dieci anni si è perso in media quasi il doppio di spessore di ghiaccio (900 mm) rispetto al decennio precedente.
Per approfondire
Inverno meteorologico: si intende per inverno meteorologico il periodo che va dl 1° dicembre al 28 (quest’anno 29) febbraio. con il 1° marzo inizia la primavera meteorologica e così via le altre stagioni. Le stagioni meteorologiche, a differenza di quelle astronomiche che cambiano intorno al 21 del mese, sono più allineate con le condizioni climatiche del periodo e semplificano i calcoli statistici.
Nevediversa 2020: Sport invernali e cambiamenti climatici: centinaia di impianti in sofferenza ad alta e bassa quota. La denuncia di Legambiente nel report “Nevediversa – il mondo dello sci alpino nell’epoca della transizione energetica”.
World Glacier Monitoring Service: il WGMS raccoglie annualmente i dati sui ghiacciai attraverso la sua rete di collaborazione scientifica attiva in oltre 30 paesi. Qui il sito dove trovare dati e rapporti.
Ovviamente l‘analisi più approfondita e tutti i dati dell’inverno 2019-20 li trovate sul sito della SMI
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