La Ciclovia del Garda è un’opera importante, ma così come è stata progettata è estremamente impattante a livello paesaggistico e la sua realizzazione risulterà molto costosa. Eppure soluzioni per adeguare il progetto a criteri di sostenibilità ambientale ed economica sembra ci siano, infatti Italia Nostra da anni propone alternative meno impattanti e anche molto meno costose. Ecco la situazione.
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Il Sistema Nazionale di Ciclovie Turistiche
Esiste per chi non lo sapesse (e io sono certamente tra quelli) un Sistema Nazionale di Ciclovie Turistiche (SNCT). Viene definito dal Decreto Interministeriale 29.11.2018 e s.m., firmato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. In questa bicilandia, se così si può definire, i percorsi individuati sono al momento 11 e coprono tutto il territorio nazionale. E vengo al dunque. Di questo sistema fa parte La Ciclovia del Garda definita una dorsale cicloturistica interregionale (comprende infatti Veneto, Lombardia e Provincia autonoma di Trento). Tale ciclovia è collegata al “Percorso del Sole”, a sua volta inserito nella rete europea ciclabile Eurovelo.
Quanto alla progettazione e realizzazione dei vari tratti di ciclovia risulta che sia demandata alle Regioni e alle Provincie di competenza, previa la stipula di un Protocollo di intesa. E non è finita. La realizzazione è oggetto di valutazione da parte di Tavoli tecnici appositamente istituiti presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e controllate da un Tavolo permanente di monitoraggio e valutazione. La tempistica di realizzazione sui diversi territori è così soggetta a variazioni. Anzi, per dirla in burocratese, non si presenta “temporalmente consequenziale”.
La Ciclovia del Garda
La Ciclovia di cui stiamo parlando sta nascendo in un clima decisamente burrascoso. Lo dimostra un documento definito “di forte allarme” elaborato da Italia Nostra (sezioni di Trento, Brescia e Verona). Un “forte allarme” che riguarda soprattutto il paesaggio e l’ambiente naturale la cui incontestabile bellezza soprattutto sulle coste trentine verrebbe distrutta o compromessa.
Se si ha la pazienza di seguirmi, si tenga presente che il 18 maggio le citate sezioni di Italia Nostra di Trento, Brescia e Verona hanno chiesto la sospensione immediata della ciclovia e la sua completa revisione “al fine di adeguare il progetto a criteri di sicurezza e di sostenibilità economica e ambientale”. Anche se alcuni l’hanno enfaticamente chiamate la “ciclabile più bella del mondo” o la “ciclabile dei sogni”, è ormai accertato che il progetto della Ciclovia del Garda può essere definito per certi aspetti devastante come afferma Luigi Casanova, ambientalista trentino che di queste cose se ne intende. Ma mancano tre anni alla conclusione dei lavori e qualche rimedio lo si troverà. Intanto però a voler leggere i giornali locali si sta scatenando una vera bagarre ancor prima che sia varato uno schema di protocollo d’intesa fra Regione Veneto, Provincia autonoma di Trento e Regione Lombardia.
Cercherò nel dettaglio di chiarire qual’è la situazione. Non c’è dubbio che il primo tratto della pista da Limone a Riva del Garda possa impressionare per bellezza, capacità progettuali e operative, come osserva Albano Marcarini, uno dei più alacri e raffinati creatori di guide turistiche in Italia. Ma fa davvero impressione per non dire di peggio quella passerella a sbalzo, agganciata alla parete rocciosa che strapiomba nel lago, accanto alla “storica” strada del Meandro, così battezzata da Gabriele d’Annunzio negli anni Trenta, poi ripresa come statale 45 bis “Gardesana Occidentale”.
Secondo Marcarini quel tratto di ciclabile rivela la superiorità dell’approccio ingegneristico a quello strettamente paesaggistico. Un’attenuante? Non direi. Mettere in così netta evidenza il nastro ciclabile sul bordo della rupe può forse essere visto come un segno di corretto inserimento nel paesaggio? Non mi sembra.
Marcarini non nasconde le sue perplessità, e meno male. Soprattutto confrontando l’ingegneristico nastro di acciaio con l’impatto visuale della “vecchia” Gardesana, quell’alternanza di gallerie e di tratti scoperti ben amalgamati dalla vegetazione d’arredo. Ancora una volta dunque, in nome dell’amata bicicletta, si assiste a un fenomeno di iper-urbanizzazione in un luogo che sta perdendo la sua autenticità, violentato dallo stesso desiderio di conquista di certe piste di sci banalizzate da strutture quali pali, cannoni sparaneve, stazioni, piloni.
Il progetto della Ciclovia del Garda così è troppo impattante e costoso
Il problema di cui si discute non è da poco. La Ciclovia del Garda è un intervento sicuramente di rilievo nazionale, sia perché coinvolge un vasto territorio appartenente a tre diverse realtà amministrative affacciate sul più grande lago italiano, sia per l’enorme potenzialità attrattiva di flussi turistici che questo anello ciclabile interregionale di lunga percorrenza sarà certamente in grado di esercitare.
E vengo alle cifre. Il previsto anello attorno al Lago di Garda avrà uno sviluppo di circa 165 km, 19 dei quali in territorio trentino, da Tempesta a Limone (guardandolo in senso antiorario). In questo momento la Provincia di Trento è interessata a chiudere il segmento da Riva del Garda al confine con la Lombardia lungo la Gardesana occidentale. Ha già realizzato il tratto corrispondente al lungolago di Riva ed è in procinto di eseguire i lavori fino alla spiaggia dello Sperone, dove non emergono particolari criticità e che le associazioni ambientaliste definiscono un percorso non invasivo.
Le criticità emergono però nel tratto trentino della ciclovia dove sono previsti lunghi tratti di passerelle a sbalzo, ancora più impattanti rispetto a quella di Limone. Quest’ultima infatti ha uno sbalzo di 2,5 m dalla roccia, mentre la proposta trentina ne aumenta la larghezza a 3,5 m prevedendo un suo distacco dalla parete rocciosa di più di 1 m, per un totale di quasi 5 metri di aggetto. Il tutto, si badi bene, da realizzare con pesanti strutture metalliche agganciate alle pareti rocciose mediante trivellazioni, scassi e getti di cemento armato.
Nel corso di due incontri, come si desume dal documento di Italia Nostra firmato da Manuela Baldracchi, Presidente della Sezione di Trento, Rossana Bettinelli, Presidente della Sezione di Brescia e Marisa Velardita della Sezione di Verona, sono state definite e condivise alcune priorità: la salvaguardia dell’aspetto paesaggistico, evitando la proposta di pensiline metalliche aggettanti a sbalzo sull’acqua, da aggrappare alla roccia; la tutela dell’ambiente di vita della flora lungo le coste ghiaiose, specialmente in località Val Gola dove la riserva naturale è luogo di riproduzione della rarissima specie di arbusto erbaceo Dafne di Reichstein e dove interventi di asportazione della vegetazione e di pulizia delle pareti rocciose potrebbero innescare un notevole danno di carattere botanico e naturalistico.
Ciclovia del Garda: c’è anche una questione sicurezza
È stata inoltre sollevata la forte pericolosità di eventuali dissesti e di cadute sassi su tutto il versante roccioso, difficilmente gestibili anche mediante la previsione di barriere di contenimento del materiale.
Quisquilie rispetto a quello che succede in Romagna. Ma qui entra in gioco la sicurezza e sulla sicurezza non si discute. Dal momento che alcune pareti di roccia sono alte 200 metri né la relazione geologica né quella tecnico illustrativa indicano quale effetto devastante potrebbe avere una caduta di massi che sfuggisse alle reti, sulla pensilina, anche se protetta da una tettoia.
In definitiva è certo che il povero lago di Garda si vedrà irrimediabilmente deturpare le ripide coste rocciose, ambiente unico sotto l’aspetto naturalistico, ambientale e paesaggistico. Temo che abbia ragione chi osserva che la ciclopedonale sarà un vero e proprio sfregio ambientale ai danni del lago che già di recente ha subito l’oltraggio della siccità. La costruzione della pista prevede, del resto, la rimozione del verde (numerosissime aiuole e piante definite “non di pregio”) contribuendo a un’ulteriore cementificazione e uso di suolo.
Albergatori e commercianti trentini sono intanto scesi in campo sottolineando la presenza di tratti ibridi, di estrema pericolosità, in cui la ciclabile in progetto transiterà direttamente sulla Strada Statale 45 bis. Questo costringe le auto al sorpasso delle bici, o – nel rispetto del nuovo codice della strada – a dare precedenza alle bici, contribuendo così al peggioramento della attuale viabilità già al collasso. Il quadro si presenta fosco.
E c’è chi osserva che non distante dalla nuova ciclabile esiste un’altra vecchia strada, realizzata ancor prima della Gardesana. Si chiama “del Ponale” e risale il costone della rupe precipite sul Garda. La strada esiste ancora, pittoresca come nelle vecchie cartoline. Ma non la si vede, o la si vede poco. La nuova ciclabile invece si vede tutta e – c’è poco da stare allegri – questo aspetto costituisce addirittura un vanto per chi l’ha progettata.
Sulla nuova ciclabile così bene in vista i tecnici lodano le curve “armoniche” e la pavimentazione scorrevole come un biliardo. Purtroppo non vi sono sporti ovvero sporgenze a sbalzo dove sostare ad ammirare il panorama, a differenza della parallela Gardesana con i suoi “punti luce” nelle gallerie e le sporgenze della carreggiata per favorire la sosta. Ha ragione a mio modesto avviso Marcarini nel sostenere che si verificheranno problemi di convivenza fra ciclisti e pedoni: i primi che chiedono strada, i secondi che non sapranno dove rifugiarsi per cedere il passo.
Perché non rivedere il progetto e adeguarlo a criteri di sicurezza e sostenibilità economica e ambientale?
A parte questi non lievi inconvenienti, è l’offesa al paesaggio a inquietare. Perché si sa che il paesaggio è patrimonio collettivo, è un bene comune, e che va tutelato e conservato per il bene di tutti. Va ribadito che per l’associazione Italia Nostra la soluzione proposta dalla Provincia autonoma di Trento costituisce uno sfregio inaccettabile alle maestose coste rocciose. Inoltre rileva la scarsa funzionalità del percorso misto ciclisti-pedoni con gli inconvenienti ai quali ho accennato. Senza contare l’enorme spesa richiesta che si quantifica intorno ai 13 milioni di euro/ chilometro, con un costo totale da Riva a Limone di 65milioni di euro.
Il ministro delle Infrastrutture e dei Traporti non dovrebbe ignorare che si tratta di investimento ad alto rischio. Facendo gli scongiuri, è prevedibile che al primo incidente la ciclabile dovrà essere dichiarata inagibile. Di qui le richieste di sospensione immediata del progetto e la sua completa revisione per adeguarlo a criteri di sicurezza e sostenibilità economica e ambientale. E chissà mai che non si riesca a renderlo meno devastante.
Roberto Serafin
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