Per dissuadere i troppi turisti che vogliono scattare la foto al monte Fuji (tutti dal medesimo punto avere la propria omologata immagine da spendere sui social) si pensa ora alla costruzione di un muro. Il turismo di massa è un problema ovunque, ma la questione andrebbe affrontata in anticipo senza arrivare alla costruzione di muri. Ce ne parla Roberto Serafin che ci racconta anche della “Servitù del Resegone” della città di Milano. La conoscete?
Troppi turisti per fotografare il monte Fuji
Un legame mistico con la natura venne attribuito ai cittadini de Sol Levante da Fosco Maraini che del Giappone conservava ricordi lieti e tristi e ne raccontò diffusamente nel libro “Ore giapponesi”. Adesso cascano le braccia nell’apprendere che in Giappone un muro sta per essere costruito nella cittadina di Fujikawaguchiko per fronteggiare l’enorme afflusso di turisti, interessati a uno scatto del monte Fuji che lassù sembra di toccarlo.
La barriera farà da dissuasore ostacolando la vista della montagna sacra e togliendo così ogni ragione per andarci? Questo sperano i misticheggianti giapponesi, sia pure con qualche contrasto. L’opera si annuncia colossale. Si apprende che il muro sarà alto 2,5 metri e lungo 20.
È in effetti un numero spropositato di turisti quello che si reca in Giappone dalla fine della pandemia e ora i visitatori mensili superano i 3 milioni.
Muri e non muri
Ma non dappertutto per fortuna sorgono muri. Nel Sinai si sale gratis ad ammirare il levarsi del sole mentre nella notte lungo le mulattiere risuona l’intercalare “hot tea” e il te caldo zampilla da capaci bottiglie termiche servite dai beduini.
A molti verrà in mente con quale sollievo si apprese nel 1989 dell’abbattimento del muro di Berlino che divideva in due la città tedesca. L’unico muro che merita di essere conservato è forse quello del pianto, a Gerusalemme, accanto al quale gli ebrei pregano e lamentano l’antica caduta della città e la distruzione del tempio. Ma anche ora questa non è purtroppo terra di pace.
Ma tutto il mondo è paese. Forme di dissuasione sono state ideate anche nelle Dolomiti assediate da folle di turisti. Sul sentiero che sale dal passo Tre Croci all’incanto del lago Sorapis la proposta fu di rimuovere le passerelle metalliche che agevolano il passaggio in un luogo piuttosto dirupato. Nessun ausilio per chi sale lassù. Non se ne fece niente. Nemmeno lo straccio di un ticket venne imposto a chi si preparava a tuffarsi nelle chiare e fresche acque del Sorapis in costume da bagno e con le infradito.
I problemi del turismo di massa
Venezia ovviamente è un caso a parte. Dopo la pandemia le calli brulicano di turisti e e oggi fa discutere il ticket richiesto dal Comune. Una barbarie secondo il filosofo Massimo Cacciari. Tornando al muro del Fuji, l’iniziativa farà scuola? L’amico “fatto di montagna” Luca Serenthà lo giudica un episodio che rimanda a ciò che succede da noi. Una verità, sostiene Luca, è incontrovertibile: il turismo di massa porta forse ricchezza inizialmente, ma poi ci si trova con problemi da risolvere e territori impoveriti perché appiattiti su quell’unica economia.
Già. Sempre più questo invadente turismo da “social” che causa ondate di persone che girano il mondo andrebbe disincentivato promuovendo altro. Non con i muri. E invece lo si incentiva con le capaci navi che solcano il mare di spiaggia in spiaggia, veri grand hotel galleggianti e invadenti. Per non parlare delle tante invasioni organizzate nelle terre alte che fanno sbarcare masse di turisti concentrati nei soliti luoghi.
La servitù del Resegone
Non fu certo così nella Milano nel XIX secolo, quando una disposizione edilizia denominata “Servitù del Resegone” impose agli edifici a nord dei bastioni di Porta Venezia di non superare l’altezza di 2-3 piani. Niente muri all’ombra della Madonnina. Era giudicata primaria l’importanza di ammirare il panorama offerto dalle Prealpi lombarde dai bastioni e in corso Buenos Aires, allora chiamato Stradone di Loreto.
Si andava la domenica a fare una passeggiata per respirare aria fresca e ammirare lo spettacolo delle Grigne e del Resegone. I vecchi milanesi avevano capito che quell’immersione nella natura per quanto tenue li avrebbe aiutati nella convulsa vita della città degli affari.
Roberto Serafin
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