Nella rassegna questa settimana Serafin porta alla nostra attenzione l’immagine che promuove l’inizio della stagione sciistica in Alta Badia, il ricordo delle battaglie di Carlo Zanantoni contro l’ossessione della sicurezza e l’opera dell’artista Martalar sui luoghi della distruzione di Vaia

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Sci glamour nella pubblicità di Arabba

Lo sci diventa glamour nella pubblicità dell’Alta Badia. Non so se ci avevi fatto caso, caro Luca. È una figura femminile quella che emerge dalle nevi, i rossi capelli al vento. È inguainata in una veste bianca che “diventa” neve. D’accordo. Niente a che vedere con le donne anni trenta dai seni traboccanti che nelle affiches di Gino Boccasile esaltavano la qualità della vita e dell’ambiente alpino in invidiabili situazioni di relax e salute. 

A disegnare i contorni di questa imbalsamata bellezza, giù in basso che quasi non si vedono, sono due sciatori con le loro tracce. Ma piccoli piccoli e sembra quasi che stiano fuggendo terrorizzati da questa inquietante apparizione. 

“È pronta la nuova stagione dello sci” è lo slogan, ma a tutto fa pensare quest’immagine tranne che allo sci. Seduzione d’alta quota, certo: un espediente a cui ricorsero fin dagli anni venti cartellonisti e maghi della pubblicità alpina. Impossibile non confrontare l’immagine con quella di Chéri Herouand che nel 1924 sulla “Vie parisienne” si abbandonò alle sue erotiche visioni immaginando la montagna raffigurata da una candida e ignuda divinità femminile che attende i suoi adoratori. 

Pubblicita anni 20041 Rassegna: sci glamour o maschilismo, sicurezza o gestione del rischio e il drago di Vaia

Forse siamo davanti a una montagna ancora e sempre maschilista?, mi chiedo. A voi la risposta cari amici fatti di montagna. E io nel mio piccolo una spiegazione provo a darla. Da tempo non si delegava l’incanto della montagna alla grazia e al fascino femminile. Forse è arrivato il momento di farlo. Forse si sente il bisogno si bilanciare con nuovi ardenti messaggi l’aridità dello skipass e delle nuove regole anti covid.

L’ossessione della sicurezza in montagna

Carlo zanantoni
Carlo Zanantoni

Pensavo che la scomparsa a 91 anni di Carlo Zanantoni avrebbe richiamato alla memoria le diatribe che si accesero negli anni ottanta fra chi riteneva esorbitanti i rischi connessi con un’attività alpinistica spinta all’estremo e chi li giustificava in nome di non meglio precisati ideali. Zanantoni che ho avuto l’onore di conoscere era tra questi. È stato un precursore, e un grande esperto, dello studio delle tecniche di assicurazione in alpinismo e arrampicata. Ingegnere elettrotecnico, alpinista, accademico del Cai, fu presidente del Centro Studi Materiali e Tecniche, delegato italiano alla Safety Commission dell’UIAA, Medaglia d’Oro del Club Alpino Italiano nel 2012.

Non fu il solo Zanantoni a prendersi a cuore nei primi anni di questo secolo delle restrizioni che la “société sécuritaire” (cioè ossessionata dalla mania della sicurezza) pose all’accesso a certe zone e alla pratica di certi tipi di alpinismo. Ricofrdo che venne ufficialmente proposta al Cai, anche grazie alle sue battaglie, la creazione di un osservatorio delle libertà

Zanantoni lo definì “un reticolo di persone che da un lato dovrebbero sorvegliare i tentativi delle autorità, governative o locali, di porre vincoli alle libertà dell’alpinismo, dall’altro mantenere un’organizzazione adatta a rintuzzarli”. Era convinto che l’osservatorio sarebbe stato anche un mezzo per sensibilizzare gli alpinisti poco informati su questi temi, “chi perché troppo impegnato, chi perché forse non ha riflettuto abbastanza sul senso e i valori dell’alpinismo”. 

In vista di un osservatorio della libertà rimasto un’utopia, sul tappeto venne messo a suo tempo anche l’incontestabile valore formativo della gestione del rischio. Il grande Carlo Mauri addirittura intitolò un suo libro “Quando il rischio è vita”. Ti confesso caro Luca che io non ho mai saputo da che parte stare. 

Mi colpì però una considerazione di Zanantoni che sono disposto a condividere. “Si dovrebbero fornire informazioni ai nostri concittadini”, annotò Zanantoni, “affinché comprendessero che i costi derivanti dagli incidenti in montagna o in parete sono una frazione infinitesima di quelli provocati da tante altre forme di libertà, quali il fumare e il bere, la vita sedentaria, i viaggi in auto durante il fine settimana, e anche inferiori a quelli derivanti dal ciclismo e dallo sci da pista. Le pressioni esercitate sulle autorità locali perché intervengano vengono spesso da interessi economici o dal desiderio di mettersi al riparo da qualsiasi fastidio”. E voi cari amici fatti di montagna che cosa ne pensate?

Il drago superstar all’Alpe Cimbra di Lavarone

drago alpe cifra di lavarello Marco martalar vaia

Un grande drago di legno si è posato sull’Alpe Cimbra di Lavarone dove la tempesta Vaia nell’ottobre 2018 fece strage di boschi. È l’opera con cui lo scultore veneto Marco Martalar ha voluto ricordare il terribile evento che spazzò via milioni di alberi sulle montagne del Triveneto. Il corpo del drago è fatto interamente di scarti di alberi abbattuti dalla furia della tempesta. E i  giornali locali riferiscono di un boom di visitatori e turisti, oltre 1.300, nel primo week-end. C’è chi è arrivato appositamente da Milano per vederlo, e c’è gente che arriva da Asiago, e sono soprattutto le famiglie con bambini che si soffermano a guardare il drago che sembra un bonaccione simpatico. Imbiancato dalla nevicata, il drago è favoloso. Sette metri di lunghezza, sei metri di altezza, è posto sul colle della frazione Magrè raggiungibile da varie parti, che domina l’intero altopiano. Per ammirarlo partite da Frazione Slaghenaufi, seguite le indicazioni per raggiungere Chalet Tana Incantata, e poco prima dell’arrivo, seguire le indicazioni per Frazione Magrè. Il drago vi darà di sicuro il sui benvenuto.

Roberto Serafin


Dalla rassegna di questa settimana leggi anche: Una petizione contro la nuova pista da bob a Cortina
2 Dicembre 2021
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MountCity

MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.

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