Non è una novità che il continuo rialzo delle temperature mettono in pericolo la stabilità del permafrost, quel cemento naturale che tiene insieme le rocce delle Alpi, con ovvie conseguenze anche per le strutture che vi abbiamo costruito sopra.

Ascolta la notizia nella puntata del podcast

Capanna Margherita in pericolo?

Poteva essere la prima pietra d’inciampo della nuova presidenza del Cai il minacciato crollo della Capanna Margherita, il più alto rifugio delle Alpi, immagine simbolo del Club Alpino Italiano. La notizia che la celebre capanna ha i giorni contati perché il permafrost su cui è costruita sta cedendo era apparsa sul quotidiano La Stampa martedì 31 gennaio. Sulla pagina di Novara de La Stampa erano riportate le parole allarmate e allarmanti del presidente generale del CAI, pronunciate nel corso di una tavola rotonda che ha concluso il convegno “Ospitalità in montagna: passato, presente, futuro”. Possibile che alla Margherita dopo tanti anni stesse per mancare l’appoggio sulle rocce della punta Gnifetti che la sorreggono? Dopo il crollo della Marmolada con il corollario di alpinisti scomparsi nell’estate del 2022, tutto però può capitare e un brivido è subito corso nella schiena dei tanti visitatori del Monte Rosa. Alcuni dei quali memori anche del crollo del bivacco della Fourche sul Monte Bianco che si è come sbriciolato sotto i loro occhi. 

Da qualche anno in effetti si registra un abbassamento del Ghiacciaio del Lys e il problema non può che riguardare anche il grande rifugio inaugurato il 30 agosto 1980 con settanta posti letto dove prima sorgeva la storica capanna raggiunta dalla Regina Margherita con la sua corte nel 1893. La situazione della Margherita è comune del resto a quella di diversi rifugi delle Alpi come osserva l’architetto Luca Gibello, presidente dell’Associazione cantieri di alta quota, sulle cui parole si può mettere la mano sul fuoco.

“La maggiore criticità dovuta alla crisi climatica per i rifugi d’alta quota, oltre all’approvvigionamento idrico e al fabbisogno energetico”, spiega dunque Gibello, “ è quella relativa al cedimento del terreno sul quale è edificata la struttura, dovuta all’assottigliamento del permafrost. Questi cedimenti sono sempre più diffusi, anche per i sentieri, le pareti”.

Era dunque giustificato l’allarme diffuso dal presidente del Cai? “Tendenzialmente e prudentemente si potrebbe indicare che i possibili crolli delle pareti rocciose dovuti alla diminuzione del permafrost, potrebbero essere più frequenti verso la fine dell’estate, quando i valori di temperatura della roccia saranno maggiori a causa del caldo estivo”, ha spiegato ancora Luca Gibello. “La differenza tra le diverse annate in termini di temperature rilevate a diverse altezze è ben visibile in prossimità della superficie, per poi unificarsi ai 15 metri di profondità”. 

A tentare di fare chiarezza sulla situazione della Margherita è intervenuto anche il giornalista Stefano Ardito in Montagna Tv intervistando il presidente generale del Cai. Che ha gettato acqua sul fuoco precisando che nell’immediato alla Margherita non c’è alcun pericolo di crollo. Niente allarmismi. “In caso contrario”, ha detto, “avremmo chiuso il rifugio da tempo. Stiamo parlando di un problema che potrebbe manifestarsi tra qualche anno. Per ora cerchiamo di capire e prevenire”.

Capire e prevenire è più che mai necessario. “La capanna”, si ribadisce nel sito web Cantieridaltaquota, “dà segni di cedimento, e presto il Cai centrale si troverà davanti all’annosa questione sul da farsi: ristrutturare, ricostruire ex novo o… demolire e basta?

bivacco alberico borgna 1 700x470 1 Permafrost: dovremo sempre più pre-occuparcene
Bivacco Alberico-Borgna al col de la Fourche spazzato via da una frana il 26 agosto 2022

Su tutte le Alpi il permafrost preoccupa, e non da oggi

“Gibello fa riferimento soprattutto alle Alpi occidentali e alle quote più alte di quelle dei rifugi nelle Dolomiti”, puntualizza a sua volta Renato Frigo del Cai Veneto. “ Ma i dati Arpav sul permafrost comunque ci preoccupano. Il Centro Valanghe di Arabba di Arpav ha una stazione meteorologica permanente sul gruppo montuoso del Sella al Piz Boè (2900 m) per lo studio di questo fenomeno. Attraverso un foro di circa 30 metri praticato sul terreno si analizza l’andamento della temperatura del suolo a diverse profondità”.

Sempre più diffusa è del resto la consapevolezza che bivacchi e altre infrastrutture che da tempo costituivano il patrimonio di manufatti alpini stanno oggi mostrando i segni di una sempre più evidente obsolescenza, sia in termini ambientali che funzionali, ponendo interrogativi circa la loro rimozione, ricollocazione, riqualificazione. E le drammatiche conseguenze del cambiamento climatico in alta montagna sono sotto gli occhi di tutti. Risulta persino superfluo ribadirlo.

“Pensiamo a un caso emblematico”, precisa ancora l’architetto Gibello. “Nel 2022 il rifugio Gonella (3071 m) ha dichiarato forfait per mancanza d’acqua. Ma, già da qualche anno, chiudeva a metà agosto, non solo per il prosciugamento della falda, ma anche perché la via italiana al Monte Bianco non era più percorribile a causa dei crepacci aperti come voragini. Parliamo di un rifugio ricostruito completamente appena undici anni orsono, costato un occhio della testa. Un’opera architettonica e ingegneristica di tutto rilievo, che è rimasta in funzione un mese”.

Venendo alle Alpi centrali, il rifugio Casati al Cevedale (3269 m) sta letteralmente scivolando a valle per via dell’assottigliamento del permafrost, il “cemento naturale” delle montagne (e delle fondazioni dei rifugi d’alta quota). Con urgenza, si sta approntando il progetto di ristrutturazione/sostituzione dell’opera. 

Allarme rientrato dunque soltanto per la Margherita, da considerarsi una struttura d’alta quota privilegiata?  Fino a un certo punto considerato che nell’estate del 2023 sono previste lassù trivellazioni in profondità e la laboriosa sistemazione di sonde. Dati i tempi e le avversità climatiche, il pericolo in definitiva sembra tutt’altro che scampato. E la minaccia del permafrost che si squaglia non è di oggu. Già nel 2020 Fancesco Pastorelli denunciò in “Dislvelli” il degrado del permafrost e le sue terribili conseguenze e cominciare dalla frana della Val Pola nel 1987 che provocò la morte di 27 persone. Perché non dire le cose come stanno?

Roberto Serafin

Leggi anche:

Fatti in breve: ECOlution – ricerche di archeoacustica – 20 ore sotto la valanga
9 Febbraio 2023
Condividi
RUBRICA A CURA DI:
MountCity

MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.

Scheda partner