L’emergenza sanitaria tra le altre cose ha bloccato anche le uscite a stampa dell’editoria, blocco ancor più nefasto se guardiamo a un settore come quello dell’editoria di montagna composto da molti piccoli editori. Tra le pubblicazioni che aspettano di vedere la luce, c’è l’ultimo libro di Paci sull’Oberland, una storia che in qualche modo riguarda tutti noi: Serafin ce ne parla in anteprima.
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Tra gli effetti nefasti del virus non è che non veda anche il disastroso stop all’editoria tanto più grave se si tratta di un’editoria di nicchia come quella di montagna, anche se c’è da chiedersi se c’è qualcosa che non sia di nicchia ogni volta che si parla di montagna. Ora l’uscita dalla catastrofica fase 2 dovrebbe coincidere con lo sblocco di libri, collane, pubblicazioni periodiche, tutto ciò che in versione cartacea rappresenta la montagna mentre sotto forma di e-book qualcosa in queste settimane si è mosso: a cominciare dall’e-book “Racconti di crinale” (storie scritte dal 1976 ad oggi) di Giuseppe Popi Miotti estroso protagonista dell’alpinismo valtellinese, pioniere del sassismo in Val di Mello. Probabilmente si tratta del primo libro digitale di montagna. Sono 27 le storie che Popi racconta concedendosi piacevoli divagazioni tra un récit alpinistico e l’altro.
A restare impigliato in marzo nella vischiosa ragnatela del virus è stato invece un libro che merita una segnalazione ed è annunciato dall’editore Corbaccio per il mese di giugno. Ne è autore Paolo Paci, giornalista e scrittore milanese, appassionato di viaggi, giardinaggio e buona cucina ed è comprensibile il suo sollievo nel vedere una delle sue creature cartacee finalmente libera dai lacci della quarantena.
Il nuovo viaggio di Paolo Paci, di cui vanno ricordate almeno due notevoli saggi sul Monte Bianco e il Cervino zeppi di aneddoti e particolari fin qui sconosciuti, si compie questa volta in Svizzera tra cime, valli, villaggi e personaggi della Belle Époque alpina. Nel libro intitolato “L’Orco, il Monaco e la Vergine” scorrono cent’anni di sviluppo economico e sociale nella Confederazione, dalla metà del XIX alla metà del XX secolo. Paci si destreggia con la sua penna brillante nella ricostruzione di quello “stile alpino artificiale” che dalla Svizzera con i suoi jodle, i suoi tobleroni e le altre carinerie è diventato uno standard in tutto il mondo. L’alpinismo, ci ricorda Paci, è stato il vero carburante di questo sviluppo, dalle conquiste della Golden Age alla corsa alle pareti nord degli anni Trenta.
Va precisato per chi non lo avesse capito che l’Orco del titolo è sua maestà l’Eiger la cui parete nord fu vinta nel 1938, nel cuore della bufera, dalle due cordate dei tedeschi Anderl Heckmair e Wiggerl Vörg e degli austriaci Fritz Kasparek e Heinrich Harrer.
Ai tempi della “corsa” alle pareti nord, le pareti erano campi di gara, del tutto avulsi dal loro contesto: Cervino, Grandes Jorasses, Eiger, Cime di Lavaredo, Badile, Drus erano ridotti a “palestre d’ardimento”, tanto da far dire al presidente del CAI fascistizzato Angelo Manaresi “il coraggio è il pane della nostra generazione e chi non ne ha di natura o non ne sa mettere insieme per istrada meglio è che si rassegni alla vita da pecora”.
Dal punto di vista di Paci, le montagne, nella loro pura essenza, uscivano diminuite nel confronto con il “gesto eroico” dell’alpinista. Il territorio scompariva. Le valli, i loro abitanti, i pionieri delle scoperte geografiche e delle prime conquiste, erano appena un fondale sbiadito. Di qui nasce l’idea di Paci di un libro (di viaggio) sull’Oberland. Il luogo dove tutto, l’alpinismo, il turismo, è cominciato. Nel suo itinerario l’autore incontra i personaggi che sono stati protagonisti di questa storia, da Leslie Stephen a J. R. R. Tolkien, da Mark Twain a Winston Churchill, e tanti altri che con i loro talenti, le loro aspirazioni, le loro visioni, hanno rimodellato il territorio delle Alpi bernesi. È una storia che ci riguarda, anche se ci sentiamo lontani dall’Eiger. È una storia che riguarda tutti coloro che pensano la Vecchia Europa come la propria casa e vogliono capire come, e perché, è tanto cambiata. Inutile aggiungere che si tratta di un libro appassionante e imperdibile che la quarantena ha reso ancora più appetibile o almeno è ciò che auguriamo all’amico Paci.
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MountCity è un progetto fondato nel 2013 a Milano che si poggia sulla passione e competenza di uno staff di cittadini appassionati di montagna, all’occorrenza con il sostegno di associazioni di volontariato. La piattaforma, grazie alla competenza e professionalità di Roberto Serafin che l’ha curata per 10 anni, è stata punto di riferimento sull’attualità della montagna e dell’outdoor con migliaia di articoli pubblicati. Ora lo spirito di MountCity vive ancora dentro questa rubrica.
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