Pochi conoscono la presenza sulle Alpi di particolari luoghi sacri (rari in Italia) dedicati in passato a al cosiddetto rito “del ritorno alla vita” per i bambini nati morti: sono i Santuari a répit. Crosa Lenz ne individua cinque nell’Ossola.
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Lepontica racconta le terre dell’Ossola
Da una ventina d’anni lo scrittore e giornalista Paolo Crosa Lenz racconta in un prezioso opuscolo mensile fatti e misfatti della sua terra, l’Ossola. Un’occasione importante per saperne di più di queste vallate al confine con la Svizzera affascinanti e in parte ancora inesplorate dal grande turismo, argomento familiare per Crosa Lenz, uomo di cultura walser, che invita gli amici a divulgare “per libera lettura” questa sua rubrica mensile. “Ovviamente è tutto gratuito, perché la cultura è bene comune”, precisa Crosa Lenz nella mail di accompagnamento che davvero gli fa onore.
“Ho pensato di chiamarla così questa miapubblicazione”, aggiunge l’autore, “perché richiama ai Leponti, gli antichi abitatori delle nostre terre e alle Alpi Lepontine.
I “Santuari à répit”, dove le comunità alpine davano ai propri figli nati morti la salvezza dell’anima
Tra gli argomenti illustrati all’inizio del 2024, abbiamo scelto d’intesa con l’autore di pubblicare un breve excursus sui Santuari a répit, ovvero sul rito “del ritorno alla vita” o “doppia morte” nei luoghi santi delle Alpi. Un argomento di cui in verità si è persa traccia, se non fosse per l’ormai introvabile volume “Santuari a répit” di Fiorella Mattioli Carcano (Priuli & Verlucca), al quale Crosa Lenz attinge, con una prefazione di Annibale Salsa.
Nel mondo fantastico ossolano i santuari a répit corrispondono al desiderio di dare ai propri figli defunti la salvezza dell’anima, tenuto conto che un tempo la morte di un bambino era frequente e veniva elaborata con diversi miti dalla mentalità di allora. Il decesso prima del battesimo condannava il piccolo defunto al limbo, spazio dell’Aldilà mai veramente accettato dai fedeli. I santuari del ritorno alla vita, da quanto si apprende dal libro della Mattioli Carcano, sono piuttosto rari in Italia ma le Alpi occidentali ne annoverano diversi frequentemente localizzati in luoghi appartati, su alture, in vallette, nei boschi. Posato il piccolo morto, si imploravano i celesti protettori perché ottenessero un miracolo di tenerezza, permettendo al bambini di tornare in vita soltanto il tempo di un respiro. Un breve istante tra morte e morte, sufficiente per entrare nella luce dei beati.
“Mi ha sempre affascinato nella teologia cristiana il limbo: un luogo dove non sei santo e neanche peccatore”, scrive Crosa Lenz in Lepontica di gennaio. “Nell’antropologia alpina il limbo era il luogo dove venivano condannati i bambini morti appena nati e quindi privi di battesimo. Peccatori che non avevano ancora avuto la possibilità di peccare. Per questo la compassione degli uomini di montagna pensò ai santuari a répit: chiese o oratori dove, dopo una processione e un rito definito, i bambini morti tornavano per un attimo a respirare e ricevere il battesimo per poi tornare morti
Qui la copertina di “Santuari a répit” di Fiorella Mattioli Carcano (Priuli & Verlucca).
In apertura: il santuario “della Guardia” di Ornavasso, uno dei luoghi deputati al “ritorno alla vita” (ph Marco Comoli).
I Santuari à répit nell’Ossola
Nella sua terra, la Val d’Ossola, ci sono secondo Crosa Lenz cinque di questi luoghi che oggi sono persi nella memoria: la Madonna della Neve a Borca di Macugnaga, il santuario della Guardia e del Boden a Ornavasso, il San Maurizio e il santuario di Re in Val Vigezzo. Scrive Fiorella Mattioli nel libro citato che a queste creature non era concessa neppure la sepoltura in terra consacrata; interrate in luoghi incolti, lungo i fiumi, fra le rocce dei monti, il loro spirito – secondo le leggende – vagava in cerca di pace e tornava a tormentare i viventi.
“Il desiderio di dare ai propri figli la salvezza dell’anima”, osserva ancora Crosa Lenz, “è all’origine del rito e dei santuari del “ritorno alla vita”. Ma tranquilli, le cose sono per fortuna cambiate. I bambini nascono vivi e, nel 2020, la Chiesa ha abolito il limbo (dopo duemila anni non c’è più): il decreto è giustificato in un documento di 41 pagine intitolato “La speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere battezzati”.
Roberto Serafin
Lepontica #37 è stato ideato e scritto da Paolo Crosa Lenz, impaginato e ritagliato da Giorgia Zaccari. Per info e suggerimenti: crosalenz@libero.it
A proposito di santuari segnialiamo la prossima interessante uscita organizzata da Artesulcammino a San Pietro al Monte a Civate
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