Inevitabile che le immagini del devastante terremoto che ha colpito il Marocco (senza dimenticare l’alluvione in Libia) facciano commuovere chi è stato in quei luoghi. Serafin condivide con noi i ricordi di un viaggio di cinquant’anni fa portando alla nostra attenzione la raccolta fondi organizzata da Cri, Caritas e Unicef.
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Cinquant’anni fa nel Marocco oggi colpito dal terremoto
Arrivati con il fuoristada tra i monti innevati dell’Atlante gli scatoloni di cartone portati dalla guida alpina Alberto Re svelarono finalmente il loro contenuto. Accuratamente ripiegati ne uscirono variopinti maglioncini di lana, calzini accuratamente sferruzzati, vestitucci da bambina con il colletto ricamato. E poi scatole di cioccolatini e profumati biscotti. Tutti doni che Alberto aveva portato da Bardonecchia. È trascorsa una cinquantina d’anni da quella trasferta con sci, piccozze, ramponi, pelli di foca necessarie per agevolare le salite ai quattromila dell’Alto Atlante ed è impossibile per noi scialpinisti non ricordare quei giorni felici mentre ancora in molte località del Marocco si scava tra le macerie del terribile terremoto.
Per fortuna Marrakech torna poco a poco alla normalità con i suoi incantatori di serpenti nella sterminata piazza Diema el Fnaa, le arance spremute all’ombra della Koutubia. Ma le devastazioni sono ancora davanti agli occhi dei turisti. L’ultimo bilancio del terremoto è di 2.901 vittime accertate e circa altrettanti feriti. E come in ogni emergenza, i bambini sono sempre i più vulnerabili e i più colpiti. Se ne sono contati oltre 100.000 coinvolti nel terremoto che ha scosso il paese. Sono bambini che hanno perso tutto, scuole, case, amici, famiglie. Lo stesso sta accadendo a tanti bambini in Libia, vittime dell’uragano Daniel mentre una campagna fondi a cui gli amici “fatti di montagna” sono invitati a partecipare viene organizzata da Cri, Caritas e Unicef con il numero solidale 45525.
La commozione e il ricordo dell’Alto Atlante e della popolazione del Marocco.
L’impegno è di sostenere il recupero nel medio-lungo periodo alla popolazione, e in particolare alle famiglie e ai bambini. Personalmente ho un ricordo incancellabile dei montanari dell’Alto Atlante e della loro squisita ospitalità. E non posso nascondere che questo ricordo emerge in questi giorni dalle scartoffie del mio archivio insieme con le diapositive ormai sbiadite di quel lontano viaggio.
Vero, verissimo, un pochino mi tocca questa ondata di emozione e di vicinanza che è cresciuta anche in Italia. Per me cresce in particolare il ricordo del ragazzino berbero che per ore mi seguì sul sentiero in salita come un’ombra. “Fatigué? Fatigué?”, continuava a chiedermi.
Lassù a quota 4165 metri, si vuole che il mitico Atlante sia stato condannato da Zeus a reggere il cielo per l’eternità, mentre lungo questo maledetto sentiero io mi ostinavo – ignorando le offerte non disinteressate del mio giovane aspirante portatore – a reggere sulla schiena i dieci chili dello zaino completo di piccozza e ramponi per il ghiaccio che allora non si faceva desiderare come avviene oggi anche laggiù, a Zeus piacendo. Come potevo spiegare al piccolo che il peso dello zaino mi appagava e non me ne volevo privare?
Eravamo nove italiani compresa la guida Alberto Re. Più i portatori, i muli carichi di sci, di arance e di fresche insalatine comprate a Marrakesch. Ma poi finii per cedere alle insistenze e il ragazzo ingranò la quarta precedendomi al bivacco Neltner a quota 3200 metri. Il rifugio era una costruzione di pietra grigia oggi completamente restaurata, adagiata in una conca nevosa. Vi si stava stretti come in una scatola di sardine. Il mattino si usufruiva delle toilette all’esterno solo a patto di aprirsi un varco nel ghiaccio a piccozzate.
Il contributo richiesto da Muhammad, questo il nome del ragazzo, fu di venti dirham, circa cinquemila lire dell’epoca, oltre alla mia promessa di acquistargli le noci quando saremmo scesi a valle passando davanti alla sua casa di pietra e di fango. Neanche caro. Con quello che si spendeva per un “giornaliero” sugli impianti di Cervinia, quassù si potevano ingaggiare quattro ragazzi berberi, oppure due muli che facessero da skilift.
Non oso pensare a che cosa sarà oggi dopo il terremoto quest’angolo di Marocco bianco di neve o rosso di rocce basaltiche. Dove certe squisitezze nei rapporti con la sorridente popolazione avevano anche il pregio di aiutare a prendere le distanze dai riti pagani dello sci nelle Alpi.
Pochi pericoli, sia pur remoti, potevano insidiare il trekking. In tempi di disgelo, mentre la primavera faceva dono di profumati fori di mandorla, un sasso grosso come un’anguria scese come un proiettile lungo un pendio. Alberto lo schivò da par suo. Meno abile si mostrò nel domare un mulo che lo disarcionò come un Sancio Panza qualsiasi. Forse era tormentato dalle punte delle piccozze che doveva portare. Lassù le pendici del Toubkal si stagliavano come un miraggio tra le rocce ocra.
È trascorso mezzo secolo da allora, e invece ci sono voluti pochi secondi perché il terremoto si scatenasse. Leggo che un pastore che vive sulle montagne dell’Atlante, è stato costretto a scegliere se salvare dalle macerie suo figlio Adam di 11 anni oppure i suoi genitori. Quando la terra ha iniziato a tremare, era a casa con padre, madre, moglie e figli. “Mio padre stava dormendo e a mia madre ho gridato di seguirmi, ma non l’ha fatto, voleva aspettarlo”, ha raccontato alla Bbc. “Quando sono rientrato in casa, era tutto distrutto e vedevo sia la mano di mio figlio Adam tra le macerie che i miei genitori. Dovevo fare in fretta e mi sono diretto prima verso il bambino”. Cerchiamo di aiutare questa gente, almeno noi che abbiamo avuto la fortuna di godere delle loro montagne e della loro ospitalità, e ancora chissà per quanto tempo contiamo ancora di farlo.
Roberto Serafin
La raccolta fondi per Marocco e Libia
Per aiutare migliaia di persone vulnerabili in Libia e Marocco è possibile partecipare alla campagna di raccolta fondi lanciata da Croce Rossa Italiana, Caritas Italiana e UNICEF donando tramite il numero solidale 45525 con un semplice SMS dal proprio telefono cellulare o con una chiamata da rete fissa:
- 2 euro al 45525 con SMS inviato da cellulare WINDTRE, TIM, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali;
- 5 e 10 euro al 45525 con chiamata da rete fissa TIM, Vodafone, WINDTRE, Fastweb e Tiscali;
- 5 euro al 45525 con chiamata da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile.
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