Continuiamo i nostri approfondimenti sulle razze dei “cani da montagna” o meglio dei cani da lavoro che operano in montagna. Ci addentriamo nel mondo dei cani per il soccorso in valanga. Anna Randazzese ha intervistato Omar Giacomella, Istruttore nazionale del soccorso alpino e referente della scuola di formazione per il settore valanga.

Qui puoi ascoltare l’introduzione di Anna all’intervista

Quali sono i cani per la ricerca in valanga che vengono usati?
Omar Giacomella CNSAS cani soccorso in valanga
Omar Giacomella, Istruttore nazionale del soccorso alpino e referente della scuola di formazione per il settore valanga

Il CNSAS nelle diverse attività cinofile si è orientato su alcune tipologie di razze che, per le loro doti caratteriali, garantiscono un’affidabilità nei comportamenti richiesti. In questo momento le razze principali presenti all’interno del soccorso sono il Border Collie, il Pastore Belga Malinois, il Pastore Tedesco da lavoro comunemente definito “Grigione”, il Labrador Retriever e il Golden Retriever. Oltre alla razza viene dedicata particolare cura nella scelta del cucciolo che deve avere una genealogia orientata al lavoro.

Al di là delle razze, che caratteristiche devono avere e come vengono selezionati?

Come abbiamo già accennato la scelta del cucciolo ha molta importanza. Il cucciolo viene scelto all’interno delle linee “da lavoro”, cercando di individuare i soggetti con le caratteristiche adatte al lavoro della ricerca. Particolarmente importante in questo senso è l’equilibrio tra la tempra e il temperamento del cane, la sua motivazione al gioco, la socialità con l’uomo… Queste caratteristiche hanno una base genetica, ma possono anche essere influenzate dalle esperienze che un buon allevatore fa fare al cane nei primi mesi di vita. Ecco perché cerchiamo di affidarci ad allevatori qualificati che conoscono il lavoro dei nostri cani. 

Dopo aver scelto il cucciolo, si inizia un addestramento specifico che permette di al cane di imparare i comportamenti funzionali alla ricerca e riorientare comportamenti di cui la natura lo ha dotato al servizio di questa attività.  

A che età inizia l’addestramento? E come funziona?

L’addestramento del cane inizia fin dai primi giorni di convivenza con il proprio conduttore. 

Nelle prime fasi dell’addestramento si pone particolare attenzione allo sviluppo psicofisico del cane esponendolo ad una molteplicità di esperienze che gli permettono acquisire familiarità con gli altri esseri viventi, umani e animali e con i differenti tipi di ambienti e di terreni. In questa prima fase è molto importante sviluppare una buona motivazione al gioco, elemento fondamentale per rinforzare i comportamenti specifici che il cane dovrà imparare. Uno sviluppo equilibrato del cane gli garantirà la possibilità di potersi esprimere in tutte le situazioni lavorative in cui si troverà un domani ad operare. 

Per quanto riguarda l’addestramento specifico, questo è orientato ad insegnare al cane la cosiddetta “catena dei comportamenti” che dovrà mettere in atto durante la ricerca che prevede la capacità di spaziare in autonomia all’interno dell’area identificata per la ricerca, l’identificazione della fonte di odore discriminandola dagli altri odori presenti, l’identificazione del punto preciso che presenta lo stimolo odoroso più forte e la segnalazione di tale punto attraverso un comportamento di scavo e abbaio. 

Insegnare questa progressione non è in realtà così semplice perché devono essere tenute in considerazione numerose variabili. Pensiamo, solo per citare qualche esempio, alla necessità di insegnare al cane a lavorare anche in presenza di altri cani, a ignorare stimoli per lui molto interessanti come la presenza di animali selvatici,  a ignorare oggetti presenti nella zona di ricerca… Sono tutti esempi che fanno capire come dietro a quelle semplici parole che ci descrivono cosa il cane deve saper fare si nascondono giorni e giorni di lavoro finalizzati a ricostruire situazioni addestrative sempre diverse e progressivamente sempre più complesse. I cani impegnati nel soccorso in valanga devono essere poi abituati ad essere trasportati con l’elicottero e ad essere calati e recuperati con il proprio conduttore con l’utilizzo del verricello. Anche questi comportamenti che non risultano naturali per l’animale devono essere addestrati con cura e precisione rispettando la natura del cane e il suo sviluppo perché errori nell’addestramento possono compromettere in modo significativo il risultato finale. 

Il percorso formativo dura circa due anni

138593244 1880641822098130 875652950079548423 n I cani per la ricerca in valanga: il nucleo cinofilo del CNSAS
Foto tratta dalla pagina FB del CNSAS
Quando scatta l’allarme, come funziona l’iter di soccorso?

L’allertamento passa sempre da una chiamata effettuata alla centrale unica di soccorso attraverso il numero unico per l’emergenza, il 112. La centrale, dopo avere valutato la situazione, allerta il soccorso alpino. In caso di valanga, considerata la necessità di intervenire in tempi molto rapidi, viene generalmente attivato il servizio di elisoccorso. Un’equipe composta da tecnico elisoccorso, unità cinofila e equipe sanitaria viene elitrasportata immediatamente sul posto per fornire i primi soccorsi. Al contempo, se ve ne è la necessità, si provvede ad ulteriori supporti umani e materiali sul posto. Le operazioni di intervento in valanga sono estremamente complesse perché richiedono alle persone che intervengono competenze tecniche di alto livello, competenze gestionali e relazionali non indifferenti. 

Può essere interessante far notare che in passato il conduttore dell’unità cinofila si occupava esclusivamente della ricerca con il proprio cane. Ad oggi è un tecnico preparato a gestire tutte le fasi della ricerca in valanga in stretta sinergia con il proprio collega tecnico di elisoccorso. 

Che possibilità ci sono di successo? 

La probabilità di trovare la persona viva dipende da moltissimi fattori. Senza la pretesa di essere esaustivi si può affermare che un elemento determinante è il tempo. Se si riesce ad intervenire entro i primi 15 minuti le statistiche hanno dimostrato che si hanno buone possibilità di ritrovare la persona in vita. 

Si “usano” sempre i cani o ci sono situazioni in cui si va in ricerca anche senza? 

I protocolli di intervento in valanga prevedono la presenza dell’unità cinofila, che rappresenta una risorsa fondamentale in caso di travolti che non sono in possesso di dispositivi di autoprotezione. La centrale potrebbe però decidere di non far intervenire l’unità cinofila qualora, dall’analisi della situazione, emergesse che non vi sono persone sepolte. In questo caso potrebbe predisporre solamente il recupero dell’infortunato lasciando l’unità cinofila a disposizione per eventuali altri interventi. 

Quanto può durare la ricerca? 

Non è semplice dare una risposta. Le ricerche possono durare da un’ora a diversi giorni. Nel caso in cui le ricerche si protraggano per molto tempo è necessario prevedere un’alternanza di unità cinofile perché il cane dopo 40 minuti di lavoro ha la necessità di fermarsi per recuperare. Il lavoro di ricerca per il cane è molto impegnativo si dal punto di vista fisico che cognitivo.

Quando è passato troppo tempo, quanto è comunque importante trovare i corpi? 

Questa tematica è molto delicata e complessa e la trattazione richiederebbe l’approfondimento di aspetti culturali, sociali, antropologici e religiosi. Può essere sufficiente ricordare ai lettori che la gestione degli eventi di soccorso in Italia è orientata alla prosecuzione delle ricerche fino al ritrovamento della persona anche quando le condizioni oggettive fano presupporre che le speranza di ritrovamento in vita siano molto basse. 

valanga nova scotia2 e1455868289457 I cani per la ricerca in valanga: il nucleo cinofilo del CNSAS
Foto tratta dal sito del CNSAS
Nel caso limite di una seconda valanga mentre state cercando, che succede? 

La gestione della sicurezza durante le operazioni di intervento riveste un’importanza fondamentale. Prima di intervenire viene attentamente valutata la situazione per capire se ci sono i presupposti per svolgere le operazioni di soccorso. Al tempo stesso, durante l’intervento vengono attuati tutti i protocolli che garantiscono agli operatori di lavorare in sicurezza. 

Tra Alpi e Appennini ci sono differenze di cani, o procedure?

L’addestramento delle unità cinofile è coordinato da una Scuola nazionale che ha il compito di garantire una formazione e una valutazione omogenea in tutte le regioni.

Tutte le stazioni del soccorso alpino hanno il nucleo cinofilo? 

Le unità cinofile, seppur appartenenti ad una stazione, fanno parte di un gruppo tecnico specialistico del CNSAS che opera a livello regionale o sovra regionale. La loro operatività è pertanto a servizio di un territorio più ampio rispetto a quello di competenza della stazione di appartenenza.

Va inoltre detto che l’iter formativo è oneroso in termini di tempo e competenze richieste e questo comporta un numero di unità cinofile sul territorio sufficiente per coprire le esigenze di soccorso, ma piuttosto ridotto. 

Fino a che età i cani di solito lavorano?

IL CNSAS mette al centro del proprio operato il rispetto della vita del cane. Pertanto, più o meno attorno agli 8 – 9 anni il cane cessa la propria attività. Tuttavia, in base ai soggetti, questo criterio può cambiare.

30 Marzo 2021
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RUBRICA A CURA DI:
Aseizampe

Aseizampe, fondata da Anna Randazzese nel 2012, si occupa di educazione cinofila a 360°.

Anna è da sempre un’appassionata di montagna, che frequenta fin da quando era piccola in tutte le stagioni, in particolare nelle sue amate Dolomiti. Da quando si occupa a livello professionale di cinofilia, ha approfondito l’unione dei due mondi, cani e montagna, facendo esperienze anche variegate che ha piacere di condividere per aiutare tanti binomi a godere di queste gioie.

 

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