Andare a piedi è una pratica dai molti risvolti importanti per le persone e per la società. Sembra un concetto universalmente accettato, anche constatando la sempre più alta frequentazione dei “cammini” . In realtà lo stile di vita tipico della nostra società non considera i piedi come primo e più importante mezzo di trasporto. Serafin ci accompagna in un percorso attraverso “profeti” del camminare che possono esserci d’ispirazione.

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Attraversare l’Italia a passo lento

Camminare per conoscere, conoscere per tutelare. Teresio Valsesia ripeteva questa massima come un ritornello e intanto tesseva nell’altro millennio la sterminata rete del Sentiero Italia. Grazie anche al Cai di cui Valsesia era vice presidente, si può dire che l’Italia si sia messa in cammino. È trascorso mezzo secolo e il camminare è un’attività imprenditoriale che coinvolge guide ambientali escursionistiche e tour operator. Si organizzano (basta cercare nel web) cammini, escursioni e trekking con lo scopo di valorizzare territori poco conosciuti. E si adotta la cultura del passo lento, lento pede come diceva Teresio con il suo latinorum. Negli shop on line è possibile acquistare i prodotti ufficiali dei camminatori: tazze da trekking, magliette, felpe e guide cartacee ai cammini e trekking in Italia.

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Tratto del Sentiero Italia (da pagina FB @sentieroitaliacai)
In apertura: classica segnaletica da sentiero (foto L.Serenthà)

Confesso di essere stato un discreto e forse fantasioso camminatore. Un giorno m’incamminai a Pizzighettone e, risalendo l’Adda, arrivai alle sorgenti del fiume. Spezzettai il percorso in varie tappe e ammetto che usai il treno per congiungere una tappa con l’altra. Oggi se fossi ancora “de gamba bona” mi farei tentare dal nuovissimo Cammino dei Borghi Silenti, un percorso ad anello lungo 91 km che si snoda sulle pendici settentrionali dei Monti Amerini, in Umbria. Questo cammino si suddivide in cinque tappe attraversando borghi medievali ancora intatti: la caratteristica che lo contraddistingue è il silenzio, dal quale deriva il nome del cammino.

L’amico Franco Michieli è con Teresio Valsesia uno dei padri dell’andare a piedi. Lo conobbi nel lontano 1981. Aveva 19 anni e abitava in città quando si dedicò a una fantastica traversata delle Alpi a piedi “sotto il sole e le stelle dall’adolescenza verso l’ignoto” , cammino che ora rievoca nel libro L’abbraccio selvatico delle Alpi (Edizioni Ponte alle Grazie in collaborazione con il Club Alpino Italiano, 319 pagine,18 euro). 

Non è cambiato in tutto questo tempo il rigore con cui Michieli ora residente in Val Camonica “dialoga” con la natura selvaggia. Scrittore, geografo, esploratore e garante internazionale di Mountain Wilderness, ha trasformato in una ragione di vita il suo rigore, la sua intransigenza con se stesso e l’umanità intera. 

Michieli.AV2 . Odle.P. autore su Piz Duleda.1 IMG 6117.JPG copia Elogio dell'andare a piedi (con consigli di lettura)
Franco Michieli

Storia e filosofia del camminare

Oggi il bisogno di entrare in contatto con la natura camminando è sempre più diffuso.  

“La storia completa e documentata di come la montagna è diventata finalmente un posto per tutti, l’avventura sentimentale del desiderio innato che abbiamo di metterci in cammino”. Così viene presentato dalla Utet il libro di Lorenzo BersezioA piedi sotto il cielo” (208 pagine, 22 euro), storia dell’escursionismo dalle origini ai giorni nostri.

Maria Corno spiega invece il cammino come esercizio di trasformazione nel libro di Ediciclo “Quando cammino canto”. All’autrice piace camminare da sola. Può scegliere il passo che desidera, veloce o lento; può ridere, piangere, cantare, stare zitta. Anch’ia me da giovane piaceva andarmene da solo, non so tu, caro Luca. 

Sempre a proposito di libri da non perdere è “La vita a piedi”, distribuito in edicola dal quotidiano La Repubblica (218 pagine, 11,90 euro più il prezzo del quotidiano). In queste pagine l’antropologo francese David Le Breton svela il piacere e il significato del camminare, esaltandone le virtù terapeutiche per contrastare la fatica di vivere in un mondo sempre più tecnologico. 

Che la pratica del camminare abbia raggiunto un successo planetario è sotto gli occhi di tutti, e Le Breton ce lo ricorda soddisfatto. Per un camminatore, questa passione incarna significati multipli: la voglia di spezzare uno stile di vita routinario, di riempire le ore di scoperte, di sospendere le seccature quotidiane. Intraprendere un cammino risponde secondo Le Breton a un desiderio di rinnovamento, di avventura, di incontro e sollecita sempre tre dimensioni del tempo: prima lo si sogna, poi lo si fa, infine lo si ricorda e lo si racconta. 

Anche dopo averlo percorso, un cammino si prolunga nella memoria e nelle narrazioni che di esso si offrono, vive in noi e viene condiviso con gli altri. Nel libro “La vita a piedi” l’autore parla di camminare come un’attività fisica priva di competizione, “che si svolge interamente nella gioia dell’istante”. Questo contravveleno allo stress quotidiano dipanato in tredici capitoli che vi consiglio di leggere.

Colpisce un dato citato da Le Breton: in Francia negli anni Cinquanta si percorrevano a piedi, in media, sette chilometri al giorno, oggi appena trecento metri. L’autore arricchisce la sua analisi con le storie di camminatori famosi. 

Simone de Beauvoir faceva delle lunghe passeggiate in solitaria in Provenza, con uno zaino e delle scarpe comode. Nelson Mandela consumava a piedi la sua cella per sopravvivere. Primo Levi, alcune settimane dopo la liberazione dal campo di concentramento di Auschwitz andò a camminare per ore nei dintorni di Katowice per sentirsi di nuovo vivo. 

La vita a piedi Elogio dell'andare a piedi (con consigli di lettura)

Camminare per star meglio nel corpo, nella mente e con gli altri

Camminare contribuisce certamente a star meglio. E alla mia non più tenera età ne ho bisogno più che mai. Molti disturbi legati alla mancanza di esercizio fisico o alle tensioni della vita quotidiana scompaiono camminando. 

Camminatori-tipo in realtà sembra che siano uomini e donne sulla trentina, molti pensionati che hanno tempo a disposizione e vogliono riprenderselo. Ma anche sui classici percorsi a piedi, verso Compostela ad esempio, si incontrano persone di tutte le età e nazionalità, e di più fedi. È una globalizzazione moralmente felice, a differenza di quella economica che isola, ci oppone, sfrutta. Sui sentieri, regnano amicizia, condivisione, solidarietà, curiosità, scoperta reciproca.  

A contrastare camminando nell’altro millennio gli stili di vita che emergevano fu anche l’americano John Muir, studioso appassionato di botanica, che a 29 anni decise di mettersi in cammino diretto a Sud, con l’unico scopo di studiare e documentare le bellezze e le meraviglie della natura: un viaggio che lo condusse fino a Cuba e terminò in California. 

Leggendo il suo diario di viaggio troviamo annotazioni che rivelano la sua inclinazione a una vita solitaria e all’aria aperta, immerso nella natura selvaggia e immacolata, a cui l’uomo non ha ancora imposto la sua presenza. 

“In ognuno c’è un amore per la natura selvatica, un antico amore-madre che può essere riconosciuto oppure no ma che comunque viene nascosto da ansie e doveri., scrisse Muir nei suoi diari. E più avanti: “Andare da solo, in silenzio, senza bagaglio, è questo l’unico modo per arrivare nel cuore della wilderness. Ogni altro viaggio è solo rumore, alberghi, bagaglio, chiacchere”. Sembra di averla ascoltata ai giorni nostri questa frase e sono trascorsi due secoli.

Roberto Serafin

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15 Settembre 2022
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