Apriamo la nuova rubrica con la prima puntata di una piccola serie che abbiamo chiamato “Dalla metropoli alle Alpi”. Gianluca Migliavacca ci accompagnerà in un lungo itinerario in uscita da due mesi di costrizione in appartamento. Un itinerario che, tappa dopo tappa, diventa viaggio alla riscoperta del sapore del limitrofo. Partendo dalla città ci dirigeremo verso la montagna per scoprire che non c’è opposizione, ma connessione; non c’è separazione, ma continuità; che si dovrebbe andare oltre la dipendenza cercando l’alleanza. In questa prima tappa, ancora dentro Milano, ci scopriamo fatti di montagna.

Qui puoi ascoltare la puntata del podcast

Sì, siamo fatti di montagna. 

Trekking Italia, la nostra Associazione, ha una storia intima legata alla montagna. 

Ogni cittadino, possiamo dire, è legato ad essa con rispetto e debito: essere “scivolati”, scappati, dalla montagna obbliga tutti a riconsiderarla. A volerci tornare per rileggerla, per comprenderla, per trovare benessere. Alcuni per trovare svago e tempo libero, parole compagne di una propria esistenza forse sacrificata. Altri ancora per la conquista dell’Alpe. Per tutti è la terra dell’immaginario, dell’esplorazione delle sue  storie incredibili.

Questi giorni in cui scrivo attraversano un periodo che ci obbliga a spazi ristretti, chiusi. A limitare le relazioni. Tutto ciò è agli antipodi rispetto ai valori e agli obiettivi che un’Associazione di Promozione Sociale come la nostra vuole esprimere. 

“Camminare per conoscere”, “Camminare per conoscersi”: in queste settimane non c’è niente di più lontano da queste parole. Eppure, dopo due mesi di costrizione in appartamento, sento di aver goduto delle piccole pillole di energia, immagazzinate nei tanti anni di cammino nei luoghi più incredibili. Da solo o con i gruppi di Trekking Italia.

Chiudo gli occhi e, come in un caleidoscopio, le immagini, tra ambienti naturali e paesaggi metropolitani, si sovrappongono: dalle Torri del Paine al Gran Canyon, da Lisbona a San Pietroburgo. Ma, tra il loro vorticare, ho nitida un’immagine che improvvisamente si sdoppia come in un gioco con dei vecchi vetrini fotografici sovrapposti, in controluce: mi trovo nel nord Uganda di fronte alle Murchison Falls e, proprio su quello scoglio di fronte a me, tra il pulviscolo acqueo che viene generato dalla potente cascata del Nilo, vedo il suo corpo piccolo, sospeso in verticale e con la testa che punta all’acqua. È il 1966. È Walter Bonatti il soggetto di questo frame bloccato mentre sta per incontrare l’acqua ignota del Nilo. Salgo anch’io sullo stesso scoglio, il fragore è immenso, la corrente potente ma riconosco nell’acqua torbida la cresta di un coccodrillo del Nilo. E torno bambino: mi immagino Bonatti che lo affronta, ma senza coltello (lui non è Johnny Weissmuller che il coltello lo usava volentieri facendoci balzare sulle sedie di legno del cinema pomeridiano della parrocchia e menando fendenti al vicino malcapitato). No, Bonatti non ha il pugnale, il coccodrillo lo sa, e così si affrontano avvinghiati, ma come se fosse un gioco, una pausa felice del rapporto tra uomo e natura.

Scuoto la testa, e mi ritrovo con il braccio allungato e i due vetrini alla luce… È il periodo che ci obbliga, e al tempo stesso consente, di volare con le immagini e con l’immaginazione.

Qui il video realizzato la mattina del 4 maggio per Sentieri Metropolitani (parte 1)

È lunedì 4 maggio, mi sveglio. È il giorno in cui si apre una piccola breccia tra le forti restrizioni fisiche di questo periodo pandemico. È notte, mi preparo un termos e indosso abiti agili per camminare. Mi trovo in strada, a est si intravedono le prime luci: attorno a me nessuno. Solo metropoli e suoni di natura: passeriformi e il Lambro. Supero l’angolo di una grossa cabina elettrica appoggiata al marciapiede e mi inoltro in una terra che recentemente è divenuta parco. Mi soffermo sul ponte di servizio a schiena d’asino (una schiena d’asino moderna, ovviamente) e ascolto il Lambro. Sì, ascolto il Lambro conscio di non essere su un torrente della Garfagnana, o sull’Arno. Mi accorgo che l’ora temprana, e le settimane di astinenza, mi hanno acuito i sensi: sto ascoltando il fiume nel suo gorgoglio, nel suo dettaglio sonoro e nel frattempo, da sud-est, sento in lontananza il suono della tangenziale. Anche la vista è molto sensibile: i riflessi sull’increspatura dell’acqua riverberano luci e profili. Alzo lo sguardo e ruoto come un periscopio appena emerso: a nord le prealpi con la Grigna già più chiara, a est il profilo disomogeneo dell’ospedale San Raffaele sul quale si staglia quel povero angelo solitario, a sud il profilo dell’appennino incorniciato dalle luci segnaletiche di Linate e chiude, a sud ovest, la massa scura del Parco Lambro e una torre di uffici.

Torno con lo sguardo a est e, proprio sotto di me, superato il ponte, raggiungo una macchia verde scuro: mi chino e prendo un pugno di terra umida, ricca, che trattiene plantule di mais bagnate dall’umidità notturna. Siamo fatti di montagna.

Accucciato, come un vecchio amico pastore mi insegnò sulle Alpi Cozie, ritorno a giocare con i due vetrini sovrapposti dalla mano protesa verso l’albeggiare: uno ha impressa l’immagine indistinta di questo quadro metropolitano, un po’ brutto per alcuni, composto da terra (coltivata o non coltivata, non importa) stretta da strade comunali, tangenziali, linea metropolitana, abitazioni e uffici. L’altro vetrino, mentre i piedi sentono l’impronta nella terra (sapientemente coltivata), mostra con precisione e dettaglio il significato dell’immagine e ne definisce con immediatezza, come un semplice strumento di posizione, il punto cartografico. Qui, ora, in questo punto, sotto la mia impronta, sento il valore del territorio limitrofo, non conosciuto o dimenticato. Come è macroscopica (limitata) l’interpretazione che in questi anni abbiamo dato a questa ricchezza! “Metroquadro = guadagno” e “spazio vuoto = volumetria” contengono una linearità che ha portato, e porterà sempre più, a condizionare il nostro spazio vitale ed esperienziale. Qui, ora, in questo punto, sotto la mia impronta, sento una storia in verticale: l’energia sprigionata dalla terra, l’orogenesi alpina e la sua erosione, la piana alluvionale, la pratica del debbio, la centuriazione e la migliore esposizione al sole, le tecniche di coltura, il fiume e le rogge e i sistemi irrigui, il carro e la rete stradale e quella di distribuzione e vendita, le radiali storiche della città, le fortificazioni e i grandi viali, i quartieri storici e quelli di espansione, la piccola filiera artigianale e la corolla industriale, le new town…

Qui, in questo punto, sento che siamo fatti di montagna. 

Qui il video realizzato la mattina del 4 maggio per Sentieri Metropolitani (parte 2)

Mi sollevo e metto nello zaino anche questi vetrini. Sorrido come un cacciatore fortunato che, con il carniere zeppo e il sole non ancora spuntato, potrebbe rientrare a casa e proseguire nel suo sonno. Ma l’occasione è unica e forte: Milano Quattro Maggio mi permette di risvegliare il corpo e di registrare cosa è mutato attorno a me in queste settimane di isolamento. Qui, in questo punto, posso ripartire. Verso dove? 

Sfumano le immagini dei sentieri del Grand Canyon e, sarà l’effetto del distanziamento fisco, mi accontento del piccolo spazio vuoto vicino a me, del tanto spazio pieno del territorio limitrofo. Sì, devo riprendere con i piccoli passi questo legame, con ciò che considero immediatamente nostro. Solo il camminare, e i pensieri che questo antico e inconscio gesto genera, mi permette di affrontare l’idea che il limitrofo è ora, qui, questo. Ma, dopo ogni passo, diviene altro. E che la prima impronta, e la successiva, insinuano un moto di gioia della scoperta o lo stupore della riscoperta. 

Questo processo lo chiamo Itineranza. 

No, non c’entrano latitudini o longitudini esotiche. Qui, nella dolce ansa del Lambro, è atto meccanico e concettuale al tempo stesso, e che infonde nell’attraversamento dei luoghi propri il coraggio del cambiamento. Ripercorrendo quelle strade che una volta erano sentieri, quei sentieri che sono ancora sentieri e che hanno connesso le infinite storie del nostro sviluppo.

Va bene, sono d’accordo con me stesso, ma sono qui, sul Lambro. Tra Cascina Gobba e la Grangia di S. Gregorio. Verso dove vado? Seguendo, verso nord, le sinuosità del Lambro per toccare Cologno, San Maurizio al Lambro, Monza, Costa Lambro, Molino Filo e Molino Nuovo, Maglio e il lago di Pusiano, Fucina, Asso e finalmente la sorgente “Mena-Resta”? Ma poi, Bellagio, Colico e la Valchiavenna, il Passo Spluga?

Qui il video realizzato la mattina del 4 maggio per Sentieri Metropolitani (parte 3)

Milano Quattro Maggio ancora non lo permette, e forse meglio così: vado verso sud-sud-ovest, verso quei sentieri che sono diventati un reticolo metropolitano e urbano. Verso quel vecchio bosco pietrificato che è la città con le sue forme, le sue sorprese, attratto dal baricentro simbolico e geografico della nostra metropoli: il Duomo biancorosato, anch’esso fatto di montagna. (G. Migliavacca)

Il cammino continuerà con Milano Diciotto Maggio

8 Giugno 2020
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RUBRICA A CURA DI:
Trekking Italia

Trekking Italia è un’Associazione senza scopo di lucro che dal 1985 si impegna per avvicinare, conoscere, rispettare e difendere la natura, rivalutando quelle capacità di percezione e di relazione dell’uomo che le abitudini di vita moderne hanno assopito.

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