Sto guardando fuori dai vetri in questa notte così profonda e fredda, con i miei occhi stanchi, a 89 anni. Stessa età di mio padre nel 2021: mi ricordo quell’anno, fatto di camminate qui a Sambuco, in valle Stura di Demonte, il luogo nel quale abbiamo trascorso insieme i luminosi mesi di ogni estate, per più di trenta anni, insieme.

E mentre ripercorro la mia vita, tra città e montagna, mi sento felice. Sta nevicando. Una piccola, asciutta neve cade implacabile da qualche ora. Sento il suo odore così tipico, lo stesso che riconoscevo quando dall’Appennino scendeva giù verso Genova, la città nella quale sono nata. Genova città di mare e di monti, per me più città di monti immersi nell’acqua. Quante salite sul crinale, a vedere la pianura immersa nella nebbia e a sud il mare limpido, che rifletteva il caldo, pure in inverno.

sambuconeve Sambuco, Capodanno 2052: lettera di Flavia Cellerino

Neve, ancora. La prima salita al Giarolo, e poi l’Antola, con i miei genitori e una bambolina nello zaino. La giacca a vento sempre troppo grande, i calzoni di velluto sempre troppo lunghi, ma andava bene così. Poi le Alpi. Le aspre salite delle valli non conosciute dal turismo, le valli del cuneese setacciate una per una, sentiero dopo sentiero. Vette poco note, ignote, belle perché sempre solitarie, senza file sui sentieri, senza voci a percuotere il silenzio.

Neve, ancora. Neve anche se abbiamo rischiato di non vederla più, di non avere più stagioni, di non avere più acqua. Venti anni fa, finalmente, sono venuta ad abitare qui, a Sambuco. Era il mio sogno, era il mio progetto, inseguito per tutta la vita. Ho comprato quattro muri sbilenchi, ho lavorato con un amico del posto, mi sono costruita un piccolo rifugio. Di legno e pietra, che sapesse di resina e miele.

sambuconeve3 Sambuco, Capodanno 2052: lettera di Flavia Cellerino

Neve, ancora. Mentre il vento sospira, mi accompagna in questa notte spartiacque. Non ne vedrò ancora tanta, ma averla rivista è già stato un regalo. Qui a Sambuco le case sono sempre le stesse, più belle e restaurate, ma il grande prato sul conoide ai piedi del Bersaio è sempre integro e si riempie di fiori a primavera. Le capre di Marta scendono sempre dalla Chiardola, e il grande bosco sulla Vaccia è guarito dopo aver sofferto le estati torride degli anni Trenta. Finalmente i Tir non transitano più lungo la valle, il traffico è stato dirottato tutto sulle linee ferroviarie su ogni valico alpino. Un buon sistema di trasporti locali permette anche a me, vecchia e senza auto, di spostarmi per le mie poche necessità e avventure.

Neve, ancora.Tra poco esco: vado ad attendere la mezzanotte dai vicini. Loro spaleranno per me la neve, io preparo il pranzo per tutti. Qui funziona così. Siamo riusciti a ridiventare una comunità, anche se abbiamo rischiato di perderci.

Neve ancora. Nel mio zaino ci sono i ricordi; in cima anche un po’ di spazio per un corto futuro. A Sambuco, in Valle Stura di Demonte. Dal mare alle Alpi, una volta, accadeva più spesso il contrario. In tanti siamo saliti in questi anni e non siamo più scesi.

Avevamo bisogno di veder cadere la neve, ancora.

Sambuco, capodanno 2052

Flavia Cellerino

17 Dicembre 2021
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RUBRICA A CURA DI:
Luca Serenthà

Sono colui che tiene le fila di quest’intreccio di idee, contenuti e competenze che è Fatti di Montagna. In un certo senso, essendone l’ideatore potrei anche definirmi come primo (cronologicamente parlando) partner. Ci tengo che si capisca che Fatti di Montagna non è il mio blog, ma uno strumento che serve per raccontare la montagna.

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