Mauro Penasa è il nuovo presidente del Club Alpino Accademico Italiano ed ha ben chiare le sfide che l’alpinismo sta affrontando oggi
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Mauro Penasa nuovo presidente del Club Alpino Accademico Italiano
Mauro Penasa, socio del Cai Biella, è il nuovo presidente del Club Alpino Accademico Italiano. Subentra ad Alberto Rampini. Alpinista esperto su tutti i terreni, scrittore pieno di risorse, Penasa (1958) diventò accademico a trent’anni. Nel 2001 venne nominato redattore della prestigiosa rivista del Club, ruolo che ancora gli è affidato. “Il problema del ricambio nelle nostre fila”, spiega, “è la vera sfida che stiamo affrontando ormai da anni: dobbiamo cercare di coinvolgere nuovi elementi anche di tendenza più sportiva, senza perdere di vista l’amore per l’avventura in montagna che dovrebbe sempre animare un vero accademico, e che dobbiamo continuare a tramandare con ogni sforzo”.
Per sua gentile concessione, MountCity ha integralmente pubblicato per l’occasione una relazione del neopresidente in cui viene messa a fuoco la sua visione dell’alpinismo e del glorioso sodalizio che ora presiede. Nel documento, che venne presentato nel 2008 a Torino in occasione delle celebrazioni per i cent’anni del Notiziario dell’Accademico e che è ancora di indiscutibile attualità, Penasa affronta il delicato argomento del cambio di paradigma che negli ultimi tempi ha alimentato un continuo confrontarsi in questo cenacolo di alpinisti “senza guida”.
Visione dell’alpinismo di Penasa
“Per quanto si tratti di un’affermazione piuttosto generica e superficiale, si potrebbe dire”, osserva Penasa, “che l’alpinismo, durante tutto il periodo che va dall’inizio del Novecento fino alla rivoluzione innescata negli anni ‘70 dallo sviluppo esplosivo dell’arrampicata libera, sia rimasto un fenomeno socioculturale sostanzialmente uniforme, pur nelle sue molte sfaccettature e nei tanti sviluppi tecnici che lo hanno caratterizzato. Un fenomeno calzato intorno ad una montagna vista come entità titanica e spirituale, buona o cattiva non importa, con cui occorreva confrontarsi, e vissuto da una figura umana che metteva in primo piano le proprie capacità morali e psicologiche nel superare le difficoltà tecniche ed ambientali, all’epoca quasi disumane, che la montagna gli poneva di fronte”.
“Come tale”, precisa più avanti Penasa, “l’alpinismo è stato sempre accettato nell’immaginario di massa, e non si può negare che il lato eroico di questa lotta sia stato per lungo tempo considerato come un elemento distintivo.
Quanto è avvenuto negli ultimi anni porta invece con sé una serie di ridefinizioni che ha mutato l’andare per monti, in maniera fondamentale ed appariscente dal punto di vista tecnico, in modo più sottile ma ancor più basilare per quanto riguarda la figura della montagna dentro la quale ci si avventurava un tempo, sopra cui ci si muove oggi”.
L’impegno del CAAI
Sui nuovi orizzonti dell’arrampicata libera Penasa di sofferma definendola “figlia dei nuovi materiali, di una sensibilità sconosciuta per la preparazione fisica, di una visione alternativa che ha dato alla montagna la nuova veste di terreno di gioco piuttosto che di conquista, che ha portato una nuova freschezza e spensieratezza alla scalata, che ha ridefinito regole del gioco non del tutto chiare, che ha aperto un universo di nuove possibilità, ma, in definitiva, ha sottratto all’alpinismo generazioni di potenziali scalatori, eliminando dal senso comune quell’immagine della montagna che la rende un luogo sacro di crescita interiore, e in sostanza privandoli delle robuste radici che l’alpinismo poteva offrire”.
L’impegno dell’Accademico, conclude il neo presidente, resta quello di formare una classe di alpinisti capaci di affrontare la montagna dando sfogo alla propria creatività e immaginazione: tutto ciò, insomma, che Penasa definisce un irrinunciabile “fuoco sacro”. Un impegno non da poco, in bocca al lupo presidente! (Serafin)
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