Serafin è andato a vedere per noi il film candidato all’Oscar “Lunana – Il villaggio alla fine del mondo”, di Pawo Choyning Dorji: una pellicola di rara poesia e bellezza che dovrebbe insegnare qualcosa a noi occidentali.
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Un Bhutan sfiorato dagli Oscar
Nella catena himalayana, confinante a nord con la Cina e a sud con l’India, il piccolo regno del Buthan ha molto da insegnare a noi bellicosi occidentali. A oltre quattromila metri d’altezza, il villaggio di Lunana vive solo di ciò che la natura offre, compresi i vegetali e lo sterco degli animali usato come carburante per riscaldare le modeste capanne. È qui che “Lunana – Il villaggio alla fine del mondo”, film di Pawo Choyning Dorji al debutto alla regia e candidato al premio Oscar (poi vinto da “Drive My Car”), ambienta una toccante storia di formazione. Un film da non perdere, vorrei ribadire per ciò che può contare. Vorrà dire qualcosa che da un mese si trova ai primi posti nelle classifiche del box office, che i milanesi gli riservano un battimani alla fine di ogni proiezione?
Lunana è un villaggio con appena 56 abitanti. Ugyen, maestro al servizio dello Stato, lo raggiunge dopo otto giorni di faticoso trekking nella boscaglia allo scopo di insegnare nella piccola scuola. Da tempo però il giovane ha in progetto di lasciare l’insegnamento e trasferirsi in Australia.
Gli abitanti vivono in un rapporto quasi simbiotico con la natura allevando gli yak. I loro canti parlano di spiriti e amore, la loro voce risuona nel vento, le montagne fanno parte della loro vita. Inizialmente benchè accolto con tutti gli onori Ugyen vorrebbe andarsene, sopraffatto dal freddo e dalle scomodità di quella ingrata vita primordiale. I sorrisi, la compostezza, la deferenza dei piccoli alunni e dei loro genitori però lo inteneriscono facendogli rimandare la decisione.
Avrà la meglio la Felicità Interna Lorda?
In un mondo in cui le persone sembrano aver perso la loro spiritualità in cerca del benessere materiale, il Bhutan appare qui un modello da cui trarre ispirazione. Figurarsi che il PIL è sostituito dal FIL, l’indice di Felicità Interna Lorda. Ma che cosa significa essere felici? E davvero il maestro si giocherà la sua vita, come è sua intenzione cantando accompagnandosi con la chitarra in uno squallido bistrot di Sidney?
È indubbiamente un film di rara poesia e bellezza questa pellicola in cui il sorriso della piccola Pem Zam riempie il cuore dello spettatore oltre a quello di Ugyen. Eppure non mancano i drammi nella piccola comunità di montagna, a cominciare dall’alcolismo così diffuso anche nelle nostre montagne e così in contrasto con la compostezza di cui piccoli e grandi montanari offrono ripetuti esempi facendo venire una gran voglia di abbracciarli.
Roberto Serafin
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