Sinfonia di colori nell’incanto della Val di Fex. Dirige all’alto dei cieli il maestro Claudio Abbado al quale la “sua” Milano sta per dedicare nel decennale della scomparsa una via o una piazza. Mentre gli svizzeri hanno già provveduto da tempo a onorarne la memoria nel piccolo cimitero di Crasta, in Engadina, dove la sua lapide richiama nella stagione della fioritura e non solo un variopinto pellegrinaggio.
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Claudio Abbado, una via a Milano?
Ho letto il 16 gennaio sul quotidiano La Repubblica che, a dieci anni dalla scomparsa, Milano intende dedicare una via o una piazza a Claudio Abbado. Se ne parla da tempo e sorprende che l’attesa si prospetti ancora piuttosto lunga come lascia intendere ili sindaco Beppe Sala. Il grande direttore d’orchestra, milanese di razza, si merita questo onore, ma deve vedersela con altre figure illustri arrivate al decennale che sono per così dire in lista d’attesa. Per ciò che può valere si vorrebbe che una specie di garbato sollecito giungesse anche da questo sito, oltre che, come si legge nelle pagine del quotidiano La Repubblica, da Attilia Giuliani, fondatrice degli Abbadiani itineranti. Spiegazione. Abbado è stato uno dei nostri, un milanese innamorato, anzi, ”fatto” di montagna oltre ad averci incantato dal podio della Scala fin dai tempi in cui, giovane speranza della musica classica, tornò dagli Stati Uniti con il prestigioso Premio Mitropulos.
La Val di Fex amata dal maestro Abbado
Abbado trascorse gli ultimi anni della sua vita nell’incanto della Val di Fex che si raggiunge a piedi da Sils Maria nei pressi del Maloja. Lassù i prati nella tarda primavera sono trapunti di giallo, ma di due tonalità diverse secondo la fioritura. Il cielo in cui si rincorrono nuvolette come un certi quadri naïf è di un blu intenso impossibile da descrivere. Sullo sfondo scintillano i ghiacciai che scendono dal Bernina e dal Roseg fino a sfiorare i prati dove serpeggia un vivace torrentello color cobalto, dove accanto alle baite pascolano yak e strane pecorelle color cacao.
Non ho dubbi. A dirigere questa sinfonia dall’alto dei cieli è certamente il maestro Abbado che qui era di casa e le cui ceneri o parte delle ceneri sono racchiuse in un muretto del cimiterino di Crasta che circonda la quattrocentesca chiesina bianca . E scusate se abbondo nei diminutivi/vezzeggiativi, ma l’atmosfera fatata giustifica una certa enfasi.
In una lapide sono scritti gli anni di nascita e di morte del maestro (1933-2014) che fin da giovane bazzicava questo lembo di paradiso, a 1.950 metri di quota, cimentandosi in impegnative escursioni e da vecchio si accontentava di pranzare alla “Pensiun Crasta” spingendosi dopo il dessert ad ascoltare gli strilli delle marmotte mescolati al drin drin delle slitte o delle carrozze cariche di turisti che l’affollata colonia portoghese dell’Engadina conduce quassù.
In realtà, le ceneri di Abbado sono state in gran parte sparse nel mare sardo. Il resto è custodito in questo muretto della tranquilla Val Fex, “raggiungibile a piedi o in slitta (ma non in auto) da Sils Maria”, come spiega Daniela Pulvirenti nella sua guida “Engadina, Val Bregaglia e Val Poschiavo” (Polaris, 2012), “risalendo nel bosco fino all’ampia spianata dove sorgono alcune abitazioni. Poco oltre – a 1951 m – si trova la frazione di Crasta con l’hotel Sonne e la chiesetta tardo romanica. Da qui la strada si restringe e anche il sentiero giunge a Curtins (1960 m)”
Le ceneri del maestro sono dunque un buon pretesto per salire quassù a un paio d’ore di macchina da Milano e le iniziative per rendergli omaggio, anche di gruppi del Cai non mancano come si evince dal libro dei visitatori nella chiesetta. Colpisce che in stampatello una mano abbia scritto con la biro “se Dio abita da qualche parte delle montagne è qui”. Parole comunque da sottoscrivere. Un altro anonimo pellegrino si è sentito in dovere di ringraziare il Signore “per questi cinquant’anni che gli ha donato”.
Nella buona stagione un mazzolino di fiori di prato viene deposto quotidianamente accanto alla lapide del maestro. A deporli con qualsiasi tempo, dicono che sia una signora di età indefinibile, dai capelli avvolti in un foulard, gli occhiali scuri, talvolta con un cagnolino al guinzaglio. Un preludio floreale in attesa che anche Milano si decida a rendere omaggio all’indimenticabile musicista.
Roberto Serafin
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