Una ricerca condotta dal Parco Nazionale del Gran Paradiso e dall’Università di Torino, di cui Daniele Cat Berro ci ha parlato nella puntata del podcast, evidenzia come le piante pioniere sono sempre più rapide nel colonizzare i terreno morenici. E questo è in parte una buona cosa, ma anche una cattiva notizia per la biodiversità.
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Le piante pioniere delle morene
I ghiacciai ritirandosi abbandonano le morene, quei depositi di detriti di varie dimensioni che via via vengono colonizzati dalle prime piantine pioniere. Si tratta di piante specializzate e adatte ai severi ambienti d’alta quota: sono relitti glaciali rimasti nelle nostre regioni alpine dopo le glaciazioni e che ora tendono a rifugiarsi sempre più in alto per trovare i climi freddi adatti a loro.
Talora già un paio danni dopo la scomparsa del ghiaccio arriva la saxifraga oppositifolia riconoscibile dai suoi minuscoli fiori rosa, seguita poi da altre come l’artemisia genipi (che molti di voi conosceranno “sotto forma” di liquore), il ranunculus glacialis, la silene acaulis poi via via la linaria alpina e i salici nani nei suoli già un po più stabilizzati.
Le piante pioniere colonizzano le morene più rapidamente
L’evolversi nel tempo di queste successioni vegetali viene studiato con dei rilievi floristici che determinano il numero di specie e la loro abbondanza in determinati siti fissi di osservazione. Basandosi su questi studi è stata pubblicata ad agosto 2024 un’interessante ricerca sul Botanical Journal of the Linnean Society da ricercatori del Parco Nazionale del Gran Paradiso e dell’Università di Torino. I ricercatori hanno visto che la colonizzazione vegetale delle morene negli anni recenti è stata da 21 a 45 volte più rapida di quanto non fosse previsto in passato dai modelli di simulazione.
Per gli stessi ricercatori è stato un risultato sorprendente ed è una notizia in parte positiva e in parte no. Da un lato è buona cosa che le piante colonizzino rapidamente questi terreni fragili esposti a erosione che, in caso di piogge intense, possono aumentare il carico solido delle piene a valle
Dall’altro lato però questa estrema rapidità di insediamento delle piante è anche indice di una grande sensibilità degli ecosistemi di alta montagna a danno della biodiversità. Infatti questi relitti glaciali altamente specializzati adatti ai climi freddi, all’aumentare della temperatura subiscono la competizione, talora anche estinguendosi, da parte di piante più generaliste in arrivo da quote più basse.
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