“Il Moro della cima”, fresco di assegnazione del premio Mario Rigoni Stern, è la storia di un personaggio realmente esistito: il Moro Frun, che è stato il primo custode del rifugio sulla cima Grappa e ha attraversato la Storia con la “S” maiuscola. Paolo Malaguti ce lo restituisce in un romanzo carico di molti temi attualissimi e che ci ricorda la forza e la bellezza del raccontare storie.

Ascolta l’intervista a Paolo Malaguti

il moro della cima Paolo Malaguti Einaudi
Il Moro della cima

di Paolo Malaguti

Einaudi Editore, 2022

APRI LA SCHEDA DI MONTI IN CITTÀ

(in apertura una foto del Moro Frun e del suo cane verso la Grapa dal profilo FB di Paolo Malaguti)

Il Moro della cima

“Il Moro della cima” è sì un romanzo tessuto intorno ad un personaggio storico (il Moro Frun, al secolo Agostino Faccin che fu gestore del primo rifugio alla cima Grappa), ma è forse ancor più un romanzo sulla potenza del racconto. Sulla forza che può essere nascosta dentro una storia “se ben raccontata” con tutto il bene o il male che ne consegue.

Le chiavi di lettura di “Il Moro della cima” possono essere davvero molte, e ciascuno può trovare la sua. Si parla di guerra, di propaganda, di comunicazione e informazione, di ambiente, di turismo, di rapporto città-montagna, di trovare il proprio posto nel mondo, di vita… Ma forse ciò che unisce tutti questi temi e altri ancora è il racconto. Il racconto che ha la capacità di fare innamorare il giovane Agostino della montagna, lui che, nato in una famiglia di contadini con terre di proprietà, avrebbe dovuto avere la vita segnata dai campi in pianura. Il racconto in cui egli stesso, divenuto “il Moro”, si scopre abile: sa raccontare, a chi giunge per conoscerla, la montagna che ama e sa essere infine anche racconto di se stesso.

Il racconto però può anche ferire mistificando la realtà e creando lacerazioni più profonde di quelle fisiche: la retorica di guerra e successivamente del regime fascista che andava instaurandosi, arriveranno a violentare il mondo del Moro. I bollettini di guerra raccontano un’altra storia rispetto a quella cui lui assisteva e la narrazione post-bellica farà sfacciatamente uso dei morti per i propri fini. Anche la sua “Grapa” diventerà il Grappa, seguendo il destino di molti altri termini forzati da una retorica maschilista.

Leggendo ci si trova immersi nelle vicende del Moro anche grazie alla scrittura di Malaguti che non si accontenta dell’Italiano standard, ma è arricchita e intrisa di veneto. Una scrittura che ha la capacità di immergerci in una storia come se fossimo di passaggio a Borso, il paese del Moro, e orecchiassimo dei racconti venendone via via fatalmente attratti. Storie di altre vite, certo, ma che man mano che le ascoltiamo ci rendiamo conto quanto ci appartengano. Una grande capacità narrativa evidenziata anche dalla giuria del Premio Mario Rigoni Stern, meritatamente assegnato a Malaguti per questo libro, il 2 settembre:

“Con Il Moro della Cima Paolo Malaguti raccoglie storie e voci del passato per restituirle con scrittura attenta e viva attraverso la figura del Moro Frun, personaggio tridimensionale innamorato della montagna, che ci ricorda il Tönle Bintarn di Mario Rigoni Stern, con le sue andate e ritorni, il suo amore per la terra madre e il dolore per ogni confine e inutile conflitto. Quello che si anima sulla pagina è un racconto ricco di rimandi e ricordi che parlano forte e chiaro. Parlano dei cambiamenti della montagna veneta, lavorata, trasformata e a volte sfigurata dalla mano umana; parlano di una guerra di cui leggiamo ancora le tracce nel paesaggio e che ci ricorda l’ingiustizia di tutte le guerre, quelle di ieri e quelle dei nostri giorni. Parlano di una civiltà contadina scomparsa, che affiora tra le righe con parole, oggetti, miserie, modi di dire e di pensare.”

210055338 4255585924488253 1910263894372238131 n Il Moro della cima di Paolo Malaguti: la forza del racconto

Paolo Malaguti

Nato a Monselice nel 1979 insegna nel liceo Brocchi di Bassano del Grappa e vivo ad Asolo. Sul Monte Grappa, su cui ama camminare e pedalare, è di casa.

Nel 2009 pubblica il suo primo romanzo, “Sul Grappa dopo la vittoria” con Santi Quaranta di Treviso.

Nel 2015, con Neri Pozza, pubblica “La reliquia di Costantinopoli”, “Nuovo Sillabario veneto” e “Prima dell’alba”. Con quell’editrice ha avuto l’onore e il piacere di partecipare al Premio Strega del 2016.

Nel 2018 si confronta con il saggio narrato pubblicando con l’editrice Marsilio “Lungo la Pedemontana”.

L’anno successivo con Solferino pubblica “L’ultimo Carnevale”, che si è aggiudicato il Premio Città di Como 2019 come migliore romanzo fantasy. 

Nel 2020 approda all’editrice Einaudi, con la quale ho pubblicato “Se l’acqua ride”, romanzo selezionato nella cinquina finalista del Premio Campiello 2021, aggiudicandosi il secondo posto nella finale.

2022 è l’anno de “Il Moro della cima e del Premio Mario Rigoni Stern.

Dal 2018 collabora continuativamente con i quotidiani veneti del gruppo GEDI: Tribuna di Treviso, Mattino di Padova, Nuova di Venezia e Mestre, Corriere delle Alpi.

Dal 2022 dirige assieme ad Alberto Trentin la scuola di scrittura ri-creativa Alba Pratalia.

Qui il sito di Paolo Malaguti

20 Settembre 2022
Condividi
RUBRICA A CURA DI:
Monti in città

Siamo Chiara e Monica, le libraie della Libreria Monti in città di Milano.
Siamo due ragazze di città con la passione per la montagna: ci piacciono le escursioni estive, i colori del bosco in autunno, le mattine fredde e bianche per poter sciare e ciaspolare in inverno e il risveglio della primavera per fare qualche bel giro in mountainbike.

Scheda partner