Periodicamente la querelle tra Italia e Francia torna, smossa da qualche interesse propagandistico, come se anni di studi, in particolare quelli di Laura e Giorgio Aliprandi, non avrebbero dovuto già ampiamente dirimere la questione…
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Niente di nuovo sotto il sole. E’ solo per propaganda elettorale in vista delle elezioni regionali fissate a metà settembre che la Valle d’Aosta ripropone una vecchia querelle: a chi appartiene il Monte Bianco? Secondo l’Italia, la cima è divisa a metà tra i due Paesi per via del Trattato fra Regno di Sardegna e Impero francese del 1860: di qua il Monte Bianco di Courmayeur su cui sventola il tricolore, di là il Monte Bianco di Chamonix. Ma per la Francia il Monte Bianco è completamente di sua proprietà in base all’armistizio di Cherasco firmato ben prima da Napoleone nel 1796.
I cugini d’Oltralpe non perdono occasione pur di ribadirlo grazie a qualche ordinanza comunale di Chamonix o Saint Gervais in cui si pretende di amministrare anche il versante italiano. E i cugini italiani a loro volta approfittano di ogni tornata elettorale per spianare il fucile come se fossimo ancora ai tempi del Risorgimento. Alcuni osservatori italiani interessati sostengono comunque che in questo inizio estate qualcosa si stia muovendo. Lo avrebbe promesso il Ministero degli Esteri rispondendo a un’interrogazione parlamentare del senatore dell’Union Valdotaine e vicepresidente del Gruppo per le Autonomie Albert Lanièce. “Il Ministero degli Esteri”, spiega Lanièce, “ha assicurato il suo impegno per trovare una rapida soluzione”.
Anche il sottosegretario Ivan Scalfarotto, a sua volta candidato alle regionali in Puglia, interviene in nome del Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale di cui è sottosegretario assicurando che l’Italia ha rinnovato alla Francia la sua disponibilità al dialogo.
Tacciono esausti o forse nauseati da tanti vaniloqui dopo avere dato fondo alla questione attraverso lunghi studi, decine di saggi e conferenze, i milanesi Laura Giorgio e Aliprandi, tra i più illustri studiosi al mondo della cartografia storica delle Alpi. La questione del confine è oggetto di uno dei capitoli dei loro volumi “Le grandi Alpi nella cartografia: 1482 – 1885” pubblicati da Priuli & Verlucca. Forse che quasi mezzo secolo di ricerche storiche, decine di testi consultati e cinquecento carte studiate e catalogate sono serviti a propiziare una conclusione?
“Nell’anno 2000”, ricordano Laura e Giorgio, “siamo stati invitati dalla Mairie di Chamonix come ‘conseillers scientifiques’ ad allestire una mostra dal titolo ‘Les cartographes découvrent le Mont-Blanc 1515-1925’, sulla storia della cartografia del Monte Bianco basata sulla nostra collezione di carte geografiche antiche. A memoria di questa esposizione è stato pubblicato un libro di 160 pagine, di cui siamo autori, dal titolo ‘La découverte du Mont-Blanc par les cartographes 1515-1925’ (edito da Priuli e Verlucca, Ivrea 2000).
Particolare da non sottovalutare. Ha notevolmente contribuito ad alimentare l’equivoco nel 1865 Jean-Joseph Mieulet, capitano dell’esercito francese con l’hobby della geografia e della montagna. Infatti quell’anno apparve la sua “Carta del Monte Bianco” pubblicata su ordine dello stato Maggiore di Francia. Nel documento Mieulet, tracciando il confine tra Francia ed Italia, pose il Monte Bianco di Courmayeur, a quota 4807 m, completamente in territorio francese. Il che è un clamoroso falso e comunque non ha alcun valore giuridico, come ribadiscono gli Aliprandi.
Gli Aliprandi coltivano, per concludere, un’altra ipotesi. L’Italia dovrebbe farsi un esame di coscienza visto che già alla fine dell’Ottocento il nostro Ministero degli Esteri sarebbe potuto intervenire ma non lo ha fatto: c’erano altri problemi più seri a cui pensare, legati alla nascita del nuovo regno. “Si voleva evitare di sollevare un vespaio”, spiegano gli Aliprandi, “che avrebbe incrinato le buone relazioni con i transalpini nel momento in cui stava per iniziare la terza guerra d’indipendenza contro l’Austria. E oggi c’è ancora chi nei palazzi della politica evita di proposito di rivangare, perché non si sa mai, antiche ruggini”. (Serafin)
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