Mentre si celebrano a Venezia i 700 anni dalla morte di Marco Polo, ripercorre in un voluminoso dossier la sua vita avventurosa un altro Marco Polo, istruttore di alpinismo, gloria della Sezione di Milano del Club Alpino Italiano, partecipò alla spedizione dei primi italiani saliti sull’Everest
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Da Marco Polo al Marco Polo meneghino
La serie di iniziative che a Venezia commemorano in questo 2024 Marco Polo a 700 anni dalla morte avvenuta nel 1324 richiamano alla mente in noi “fatti di montagna” un altro avventuroso Marco Polo. Nomen omen, si dice. Ma non è solo una questione di omonimia questa dell’altro Marco Polo che in margine al clima celebrativo si merita a mio avviso ben più di un semplice cenno.
A suo tempo vigile urbano capo drappello ora in pensione, il Marco Polo cresciuto all’ombra della Madonnina nutre come il suo omonimo una sfrenata passione per i viaggi d’avventura. Passione che oggi si riflette in un tomo rilegato in pelle in cui ha raccolto pagine gloriose delle spedizioni compiute con la Sezione di Milano del CAI e in particolare con la Scuola di Alpinismo Parravicini di cui è stato direttore per tre anni.
Il libro di memorie si potrebbe giudicare (con qualche forzatura) una specie di Milione in sedicesimo che fa bella mostra nella biblioteca della sede del CAI Milano dove da tempo Marco Polo è un bibliotecario scrupoloso, colto e appassionato, un ruolo che gli è stato trasmesso dal vecchio bibliotecario Renato Lorenzo.
Nel volume del Marco Polo meneghino, una voluminosa brochure intitolata significativamente “Alla ricerca del tempo passato”, si susseguono preziose informazioni sulle grandi manovre alpinistiche dei milanesi d’alta quota. Vi si rievoca, nel remoto 1936, la nascita della Scuola nazionale di alta montagna. “Ai nostri tempi l’entusiasmo era incontenibile, contagioso, capace di far sopportare disagi pazzeschi”, raccontò in quelle pagine il benemerito ingegner Lorenzo Revojera snocciolando ricordi su ricordi. “Come quando si partiva da Milano il sabato pomeriggio con il treno, si arrivava a Lecco, si prendeva il tram fino a Malavedo, poi si saliva a piedi fino ai Piani Resinelli per la Val Calolden: il tutto con un sacco smisurato con dentro i viveri per un giorno e mezzo”.
Erano in effetti trasferte pazzesche che richiedevano la tempra di autentici Marco Polo e la Scuola era una fucina di accademici. Determinante fu il contributo dell’amico Marco nell’organizzazione della mostra che nel 2013 celebrò a Porta Venezia i 150 anni del CAI.
La spedizione all’Everest
Istruttore nazionale del CAI, fece anche parte dello squadrone di italiani che per la prima volta nel 1973 calcarono la vetta dell’Everest. Proverbiale fu in ogni situazione la sua pazienza, il suo zelo, la sua disciplina ammantata di benevolenza. Non a caso Marco scelse, nella vita lavorativa, di far parte del Corpo Vigili di Milano, responsabile della sezione Nucleo Mobile. Oggi, raggiunta l’età della pensione la principale vigilanza che continua a esercitare con scrupolo è quella sui nipotini che gli vengono affidati.
“La spedizione militare all’Everest”, rammenta Marco, “fu ideata e promossa da Guido Monzino, e coincise con l’anniversario dei 100 anni della Sezione di Milano. Un misto di spirito di avventura e di irredentismo spingevano quell’uomo, instancabile organizzatore ed esploratore, a cercare l’appoggio delle massime istituzioni dello Stato. Avendo acquistato direttamente dal governo nepalese le royalties per l’ascensione all’Everest, chiese e ottenne la partecipazione dell’esercito e si riservò il privilegio di poter scegliere personalmente i partecipanti alla spedizione”.
Marco Polo si ”arruolò” così in una delle spedizioni alpinistiche più militarizzate del momento. Promosso sul campo magazziniere, lavorò al campo base dalla mattina alla sera fino allo sfinimento. Quale ricompensa, venne spedito a rischiare la vita sull’Ice Fall. Diede tangibili prove della sua capacità di socializzare, compresa la preparazione del pranzo di Pasqua molto apprezzata da Monzino. Il minimo che potesse fare un Marco Polo del suo stampo.
Roberto Serafin
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Scheda partner
Sono felice che si parli di Marco Polo, conoscitore della montagna, della sua storia e della relativa letteratura, come pochi.
È uno scrigno di sapere, innamorato ed affamato di conoscenza e costantemente alla ricerca di argomenti da sviscerare.
Ci sarebbe molto da scrivere per come è stato capace di gestire la scuola, anche negli anni in cui non ricopriva la carica istituzionale di direttore.
Per noi allievi era sempre disponibile e prodigo di consigli e pronto ad accompagnarci nelle uscite in montagna anche finito il corso.
Da quando l’ho conosciuto è sempre stato un prezioso amico fraterno.